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Effetto Sinner anche sull’industria dello sport: Italia prima in Europa per fatturato ed export


Il momento d’oro dello sport italiano, rappresentato dal numero uno al mondo del tennis, spinge il made in Italy del comparto Sport&Outdoor: secondo un report di Mediobanca abbiamo raggiunto numeri da record

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Sarà l’effetto Sinner, saranno le solite buona reputazione e qualità dei prodotti made in Italy, ma fatto sta che l’industria italiana degli articoli sportivi è prima in Europa per export. Anzi, secondo il primo report di Mediobanca sul mercato Sport&Outdoor siamo l’unico Paese con una bilancia commerciale positiva: 644 milioni di euro nel 2023, cioè il saldo tra 3,344 miliardi di esportazioni e 2,7 miliardi di importazioni. Non solo: mentre la media delle nostre imprese è caratterizzata da un giro d’affari più contenuto rispetto a quelle degli altri paesi europei, il fatturato medio delle aziende manifatturiere italiane di articoli sportivi si attesta invece sui 3,4 milioni di euro, oltre il doppio della media comunitaria di 1,5 milioni e – per fare un esempio – oltre tre volte quello dei nostri vicini francesi (1,1). Evidentemente il made in Italy è vincente, eccome, anche nello sport, dai risultati (leggi Jannik Sinner, in questa fase storica) alla manifattura e al design.

E non parliamo di un business da poco, visto che sempre secondo l’Area Studi di Mediobanca, a livello mondiale il giro d’affari dello Sport&Outdoor toccherà i 363 miliardi di euro quest’anno. In questo scenario, il nostro Paese è il primo paese esportatore di articoli sportivi extra-UE per valore, davanti a Francia e Germania, controllando un quinto di tali esportazioni. In particolare, siamo leader in cinque specialità: articoli per la ginnastica e l’atletica, calzature sportive, fucili da tiro, abbigliamento per l’acqua e sci e pattini. Che cosa c’entra Sinner? C’entra, perché l’Italia è anche il secondo esportatore di articoli connessi al tennis, oltre che il il secondo esportatore di prodotti sportivi invernali (il comparto winter sports è il più concentrato con Austria, Italia e Francia che cubano il 76,1% delle esportazioni) e il terzo nel settore del cycling. I numeri della Commissione Europea indicano inoltre il nostro Paese come leader per ricavi: il 22% del giro d’affari UE generato dalle aziende manifatturiere di articoli sportivi fa capo all’Italia, che si posiziona sul gradino più alto del podio davanti ad Austria (14,8%), Germania (14,7%) e Francia (12,3%).

I maggiori operatori italiani: preconsuntivi 2024 e aspettative 2025

I preconsuntivi 2024 indicano un incremento del giro d’affari dello 0,4% per i maggiori operatori
italiani Sport&Outdoor (+3% quello atteso dalle Maggiori Aziende Moda Italia). Dopo il biennio di normalizzazione del 2023-2024, per il settore sportivo italiano le aspettative per il 2025 appaiono cautamente ottimistiche: la crescita stimata del giro d’affari dovrebbe attestarsi intorno al 3%, superando i 12 miliardi di euro. Le previsioni sono però condizionate dalle sfide di uno scenario internazionale in continua evoluzione: il contesto geopolitico instabile è il primo motivo di apprensione, coinvolgendo il
72,7% delle aziende Sport&Outdoor.

Un’ulteriore criticità è rappresentata dall’inasprimento della concorrenza di prezzo, dichiarato dal 63,6% delle imprese: il ribasso dei listini degli operatori del settore è visto come un rischio concreto di tenuta sul mercato. Al contrario, la competizione sulla qualità dei prodotti è meno avvertita e preoccupa solo il 9,1% degli operatori, quota inferiore a quella dichiarata dalle imprese del IV capitalismo italiano (14,3%). Ciò è riconducibile anche alla specializzazione delle aziende sportive in produzioni sempre più innovative e a maggior valore aggiunto che le preservano maggiormente da tale rischio. Le ripercussioni derivanti dall’agenda protezionistica della nuova amministrazione americana preoccupano quasi la metà degli operatori, soprattutto quelli più esposti verso gli Stati Uniti, secondo mercato dopo quello europeo per gli articoli sportivi italiani.

Per fronteggiare queste criticità, la gran parte delle aziende Sport&Outdoor si concentra sugli investimenti in tecnologia e sullo sviluppo di nuovi prodotti. L’importanza dell’innovazione per questi operatori è confermata dal desiderio, chiaramente espresso da un terzo di essi, di un più proficuo networking con università, Istituzioni pubbliche e altri player. A livello di rafforzamento patrimoniale, per l’83,3% delle imprese l’autofinanziamento rimane la principale fonte di reperimento di risorse. In ogni caso, per quasi il 60% di esse l’accesso al credito non rappresenta un problema.

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L’impegno per la sostenibilità

Molte aziende Sport&Outdoor hanno avviato iniziative ESG, spinte da un’illuminata visione imprenditoriale e dalle richieste del mercato, ma un quarto di esse non dà visibilità alle iniziative sostenibili attivate. Sul fronte operativo, il 72,7% delle imprese è impegnato nello sviluppo di prodotti con specifici requisiti di sostenibilità, anche sfruttando la già citata centralità dell’innovazione tecnologica, oltre che nella gestione virtuosa dei propri rifiuti promuovendone il riciclo, mentre il 63,6% è attento alla riduzione di fonti fossili e al ricorso a energie rinnovabili.

Anche le imprese Sport&Outdoor sono chiamate a raggiungere la neutralità carbonica per contrastare il cambiamento climatico entro il 2050. Attualmente, il 66,7% delle imprese è già coinvolto nella definizione dei propri obiettivi di riduzione delle emissioni: il 55,6% è in itinere e l’11,1% vi ha già provveduto anche se solo internamente. Tuttavia, un terzo delle aziende non è ancora in grado di quantificare tali obiettivi o non ritiene al momento necessario impegnarsi in questa attività. A ciò si aggiunge che solo il 44,4% degli operatori ritiene realistico l’obiettivo “Emissioni Zero” entro il 2050.

Le performance dell’industria sportiva italiana nel dettaglio

Le 82 aziende italiane del comparto Sport&Outdoor selezionate, ognuna con fatturato maggiore di 19 milioni e con una forza lavoro superiore alle 50 unità, registrano un valore aggiunto pari allo 0,15% del PIL nazionale nel 2023 e hanno sviluppato un giro d’affari aggregato pari a 11.728 milioni di euro (+0,6% sul 2022 e +19,2% sul 2021), con l’impiego di quasi 50.800 dipendenti (+4,6% sul 2022 e +14,9% sul 2021). La categoria più rappresentativa è quella degli operatori Mountain attitude (29,0% dei ricavi aggregati), davanti alle imprese distributive generaliste (26,2%); seguono le aziende produttive classificate nei comparti Multisport (14,5%), Cycling (11,2%), Motorsport (10,1%), Activewear&Lifestyle (5,3%) e Water sports (3,7%).

Le società manifatturiere si distinguono anche in base alla specializzazione merceologica prevalente: spiccano i produttori di attrezzature sportive (53,1% dei ricavi aggregati), davanti a quelli di abbigliamento (27,0%) e calzature (19,9%). Un ulteriore suddivisione riguarda l’organizzazione produttiva che può essere interna o esternalizzata: con l’88,1% del fatturato aggregato, prevalgono i player con produzione in-house, mentre gli operatori no-factory (11,9% del totale) delegano i processi produttivi a fornitori esterni selezionati.

Un mercato a trazione nordica e con pochi operatori esteri

L’industria sportiva italiana è concentrata nel Nord della penisola: oltre la metà dei ricavi aggregati fa capo ad aziende del Nord Est (52,4% del totale), seguite dal Nord Ovest (38,0%). Marginali le quote del Centro (9,0%) e soprattutto del Sud e Isole (0,6%). Si tratta di una particolarità di questa industria che si distingue da quella della moda italiana i cui ricavi risultano più uniformemente distribuiti sul territorio nazionale: 38,9% Nord Ovest, 33,6% Nord Est, 24,9% Centro e 2,6% Sud e Isole. Limitatamente alle aziende produttive, il Veneto realizza da solo il 36% del fatturato aggregato (con quasi il 90% generato dalle province di Treviso e Vicenza), contro il 20% del Trentino-Alto Adige e il 17% della Lombardia. Queste cifre sono garantite in massima parte dal ruolo primario giocato dal distretto dello Sportsystem di Asolo e Montebelluna che detiene la leadership mondiale nel campo delle calzature sportive tecniche e invernali.

Nello Sport&Outdoor prevalgono le imprese a controllo italiano che rappresentano il 75% delle vendite complessive, mentre il contributo degli operatori a controllo estero si ferma a un quarto del totale (il 13,7% è francese e il 4,9% statunitense), quota inferiore a quella registrata dalla moda italiana dove la presenza di gruppi stranieri, che prediligono l’alto di gamma, tocca il 41,9% dei ricavi totali (il 20,5% è francese e il 4,4% svizzero).



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