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Budget Ue, preoccupazione per le politiche migratorie e di coesione sociale


Ieri la Commissione europea ha presentato la tanto attesa proposta per il prossimo bilancio a lungo termine dell’Unione, il Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034. La proposta di budget segna una svolta profonda nelle priorità dell’Unione, con – da un lato – apprezzabili sforzi di semplificazione e flessibilità, ma dall’altro una netta ridefinizione delle politiche chiave che hanno sinora sostenuto l’integrazione e la coesione europea.

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La nuova proposta infatti cambia drasticamente la struttura del bilancio europeo, creando quattro mega-fondi che raggruppano diversi strumenti. Il nuovo Global Europe Fund, per esempio, riunisce tutti i precedenti strumenti di finanziamento dedicati alla politica estera della Ue – quelli per lo sviluppo, l’aiuto umanitario, la preadesione e l’assistenza macro-finanziaria – proponendo un budget di 200 miliardi. «In un momento storico di crescenti instabilità e rivalità geopolitiche, dove i fondi per la cooperazione allo sviluppo hanno subito tagli drastici soprattutto con l’amministrazione Trump, la proposta della Commissione europea di aumentare il suo budget per la cooperazione è un messaggio importante», commenta in una nota Action Aid. Tuttavia «la nuova struttura proposta rischia di creare competizione tra priorità diverse, dando priorità a obiettivi a breve termine piuttosto che ad un impegno a lungo termine nella cooperazione allo sviluppo e nella lotta alla povertà. Inoltre, la proposta riconferma l’approccio securitario dell’Unione dinanzi alla migrazione, soprattutto nei paesi terzi».

Migrazioni: vince la logica della deterrenza

La proposta presentata dalla Commissione, secondo Eva Baluganti, responsabile ActionAid a Bruxelles, «conferma una tendenza ormai purtroppo conosciuta, dove la spesa migratoria è sempre più legata a una logica di deterrenza ed è combinata alla promozione degli interessi strategici europei anche nella cooperazione allo sviluppo. Il rischio è quello di avere un nuovo budget che, per altri 7 anni, legittima e finanzia le violazioni di diritti umani fondamentali in paesi come Libia, Tunisia o Egitto». Il nuovo Global Europe Fund su questo versante ripropone molte delle criticità strutturali già sperimentate negli anni scorsi, con politiche migratorie volte prevalentemente al contenimento dei flussi, a scapito dei diritti fondamentali dei migranti e in violazione e una politica estera europea – inclusa la cooperazione allo sviluppo – sempre più orientata a promuovere i propri interessi.

Si riconferma la mancanza di volontà politica verso un drastico cambio di rotta nelle politiche migratorie. Il bilancio sarà sempre più orientato, attraverso partenariati strategici sul modello di Egitto o Tunisia, a rimpatri e controllo securitario dei confini

Eva Baluganti, responsabile ActionAid a Bruxelles

«In primo luogo, la proposta di budget non indica un target per il livello di spesa in materia di migrazione: questo potrebbe portare a un aumento esponenziale del bilancio dedicato alla gestione migratoria, come richiesto da molti Stati membri – inclusa l’Italia – specialmente per quanto riguarda le politiche verso i confini esterni. In secondo luogo, il bilancio sarà sempre più orientato a obiettivi di deterrenza, attraverso partenariati strategici sul modello di Egitto o Tunisia, rimpatri e riammissioni, e controllo securitario dei confini. Già l’attuale ciclo di bilancio utilizza l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) dell’Ue per finanziare programmi come il rafforzamento delle capacità delle autorità libiche o tunisine nel controllo delle frontiere». In questo modo però, prosegue Baluganti, «la programmazione dell’azione migratoria si allontana dagli obiettivi di sviluppo della cooperazione», mentre «si conferma lo stretto legame tra migrazione e sicurezza». In sostanza, «nonostante le numerose prove della complicità dei fondi europei nelle violazioni dei diritti umani in paesi come Libia e Tunisia, e i crescenti dubbi su quanto questi fondi rispondano realmente ai bisogni di sviluppo dei paesi terzi, si riconferma la mancanza di volontà politica verso un drastico cambio di rotta nelle politiche migratorie», conclude Baluganti.   

Sociale: che fine fa, con 131 miliardi all’industria della difesa?

Simone Gamberini, presidente di Legacoop, commentando la proposta afferma che «non possiamo condividere il drastico ridimensionamento della Politica Agricola Comune, che vede un taglio del 30% degli aiuti diretti agli agricoltori (in foto le loro proteste ieri), né la confluenza della Coesione e del secondo Pilastro PAC in un unico Fondo gestito dai governi nazionali. Questa “rinazionalizzazione” rischia di indebolire il ruolo delle Regioni e delle Città, minando il principio di convergenza e sviluppo equilibrato».

Grave, secondo il presidente di Legacoop, anche la marginalizzazione della dimensione sociale: «Apprezziamo la novità del Fondo di Competitività Europea con circa 410 miliardi di euro, in quanto condividiamo la necessità di costruire una “gamba finanziaria” per sostenere la politica industriale europea e in particolare gli investimenti nelle tecnologie strategiche. Ma la destinazione di ben 131 miliardi all’industria della difesa e dello spazio contrasta con la necessità che la competitività europea non prescinda dalla dimensione sociale, ovvero dal lavoro dignitoso, dalla formazione e dall’inclusione». 

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Forte preoccupazione per la scomparsa dell’autonomia del programma “Life” per l’ambiente, mentre è da valutare con favore l’incremento dei fondi per Horizon e Erasmus+. Luci che, tuttavia, non bastano a bilanciare le ombre.

«Ci auguriamo che il Parlamento europeo, in quanto espressione diretta dei cittadini, assuma un ruolo decisivo nel prosieguo del dibattito, ascoltando società civile ed economie sociali. Come movimento cooperativo, assumeremo iniziative specifiche e di merito a tutela di una idea di Europea dove la dimensione sociale delle imprese va di pari passo con l’innovazione e la competitività», conclude Gamberini.

AP Photo/Sylvain Plazy

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