Gli investimenti ESG si trovano ad affrontare un periodo di sfide senza precedenti. L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca ha infatti stravolto lo scenario politico-economico globale, imponendo un nuovo approccio alla sostenibilità, con cui gli investitori di tutto il mondo non possono non confrontarsi.
I temi più critici per gli investimenti sostenibili riguardano l’energia, la diversity e la difesa. Più in generale, l’insofferenza verso le regole da parte della Casa Bianca – si pensi, ad esempio, all’uscita dall’OMS o all’allentamento delle normative anticorruzione – solleva questioni di governance e di stabilità del quadro normativo.
Uno dei primi atti di Trump è stato il ritiro dall’Accordo di Parigi, accompagnato dall’eliminazione degli incentivi alle energie rinnovabili, in particolare all’eolico, introdotti dal suo predecessore Joe Biden. La scelta di puntare sugli idrocarburi come principale fonte energetica – considerando che gli Stati Uniti sono già il primo produttore e il maggior emettitore a livello globale – è motivata dalla volontà di abbassare ulteriormente il costo dell’energia, già inferiore rispetto a quello delle controparti europee, Italia inclusa. Resta da vedere come le altre economie e le aziende reagiranno a queste sfide e quale sarà la risposta degli asset manager.
Sul fronte della diversity, altro ambito su cui i Repubblicani hanno lanciato un’offensiva anche in sede giudiziaria, si è registrato un significativo adeguamento da parte di molte aziende e asset manager.
Ad esempio, a febbraio Vanguard ha ridimensionato i propri impegni verso la DEI (Diversity, Equity & Inclusion) nella politica di voto, mentre ISS, società di consulenza per i diritti di voto, ha deciso di escludere i fattori legati alla diversità – come genere e razza – dalle proprie raccomandazioni sulle votazioni nei consigli di amministrazione delle aziende statunitensi.
Si sono adeguati anche Citi, BlackRock e molti altri. Eccezione è apparsa Apple, il cui management e assemblea hanno riaffermato l’impegno sul fronte diversity.
E per quanto riguarda la difesa? In un contesto geopolitico sempre più instabile e con la pressione degli Stati Uniti affinché i Paesi UE aumentino la spesa militare al 2% del PIL, i gestori si dividono: da un lato, realtà come Etica SGR continuano a escludere del tutto gli investimenti nel settore bellico, mentre altri operatori adottano criteri selettivi, limitando l’esclusione solo ad alcune tipologie di armamenti.
Quel che è certo è che ci troviamo di fronte a un momento di svolta. Cerchiamo di capire quali saranno le tendenze per il 2025.
Nonostante i venti contrari gli asset manager non abbandonano l’esg, ecco perché
Mitigazione rischi
Tenere in considerazione gli effetti del cambiamento climatico e favorire la decarbonizzazione dell’economia non è una scelta ideologica, ma una strategia concreta di mitigazione dei rischi. Il rischio climatico è, a tutti gli effetti, un rischio finanziario. In Europa, il costo medio degli eventi climatici estremi ha raggiunto i 44,5 miliardi di euro nei tre anni fino al 2023, più del doppio rispetto ai 17,8 miliardi di euro registrati nel decennio precedente (dati EIOPA).
Secondo l’analisi di Munich Re, nel 2024 le catastrofi naturali hanno determinato perdite per 320 miliardi di euro, di cui meno della metà coperte da una polizza. Il costo del climate change è già una realtà e ignorarlo non è un’opzione. Non a caso, gli eventi climatici estremi rappresentano il rischio più temuto per il prossimo decennio, secondo il rapporto sui rischi globali del World Economic Forum.
Gli investitori non arretrano
Secondo il report di Morgan Stanley Sustainable Signals 2024 oltre tre quarti (77%) degli investitori globali si dichiarano interessati agli investimenti sostenibili. Il 57% afferma che il proprio interesse è aumentato negli ultimi due anni, mentre il 54% prevede di incrementare i propri investimenti sostenibili nel prossimo anno. I fattori che spingono questo crescente interesse includono le nuove scoperte scientifiche sul clima e le performance degli investimenti sostenibili.
Anche sul fronte istituzionale la richiesta di includere i fattori ambientali sociali e di governance non diminuisce. Per quanto riguarda le fondazioni italiane, per esempio, l’indagine 2024 di Itinerari Previdenziali, ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e FeBAF – Federazione Banche Assicurazioni e Finanza rivela che il 53% degli enti del panel applica già i principi di investimento responsabile ai propri asset.
Tra coloro che ancora non lo fanno, il 75% ha già discusso il tema all’interno del board e intende adottare tali criteri in futuro. Di conseguenza, la quota di enti che considereranno i parametri ESG nelle decisioni di investimento salirà al 90%.
Trasparenza contro il greenwashing
Uno dei fattori che in passato ha frenato la diffusione degli investimenti sostenibili, alimentando scetticismo, è stato il timore di dichiarazioni poco accurate sui temi ESG e la carenza di dati per verificare le strategie e gli impegni delle aziende. Tuttavia, questa fase sta per essere superata grazie a una normativa sempre più rigorosa, incentrata sulla trasparenza. Un esempio chiave è la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), i cui primi report saranno pubblicati con la stagione assembleare del 2025. Chiaramente la decisione da parte della Commissione europea a limitare l’ambito di applicazione alle aziende con più di 1000 dipendenti riduce il numero di quelle che saranno obbligate a redigere un Report di sostenibilità, ma farà leva sulla consapevolezza acquisita delle imprese sull’importanza della trasparenza.
Anche sul fronte dei prodotti finanziari, la revisione della Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) e l’introduzione di nuove norme sul naming dei fondi contribuiranno a fare chiarezza sulle strategie di investimento, proteggendo gli investitori dal rischio di greenwashing. In particolare, verranno introdotti standard minimi per i fondi che utilizzano termini legati ai criteri ESG nei loro nomi. Secondo Morningstar, in seguito a questa normativa, tra il 30% e il 50% dei fondi ESG nell’Unione Europea cambierà nome entro la metà del 2025. Altri prodotti, invece, adegueranno i propri obiettivi di investimento e/o i portafogli per continuare a utilizzare riferimenti ESG nelle loro denominazioni.
Investimenti nell’economia reale
Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C entro il 2050 rispetto all’era preindustriale, è necessario ridurre le emissioni di almeno il 42% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. Questo è quanto emerge dall’Emissions Gap Report 2024 del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
Tuttavia, le economie mondiali sono completamente fuori rotta: l’attuale traiettoria porta a un aumento della temperatura compreso tra 2,6°C e 3,1°C entro la fine del secolo. Per invertire questa tendenza, sono indispensabili investimenti massicci in infrastrutture, innovazione ed energie rinnovabili. Secondo la Energy Transitions Commission, la transizione energetica richiederà un investimento globale di 3,5 trilioni di dollari all’anno per raggiungere un’economia a zero emissioni nette entro il 2050. Questo scenario non solo apre importanti opportunità di investimento, ma chiama anche gli investitori a mobilitare risorse attraverso strumenti finanziari con un’ottica di lungo periodo. Il cosiddetto capitale paziente sarà essenziale per allineare i tempi di maturazione degli investimenti agli obiettivi della transizione ecologica.
Ma quali saranno le tendenze del 2025?
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