Sommario: 1. La regola generale della suddivisione in lotti non è assoluta e inderogabile; 2. Il potere discrezionale di dimensionamento e individuazione dei lotti; 3. I c.d. vincoli di aggiudicazione e partecipazione: perimetro ed ampiezza applicativa; 4. La deroga alla suddivisione in lotti ed il principio del risultato; 5. La suddivisione in lotti nei settori speciali; 6. Nel caso di suddivisioni in lotti, la gara pubblica può considerarsi unitaria? 7. Profili processuali: legittimazione e onere di immediata impugnazione.
Il focus propone una rassegna ragionata delle principali sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato (con link alla versione integrale) riguardo la suddivisione in lotti, disciplinata dall’art. 58 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 36/2023). La suddivisione in lotti rappresenta uno degli istituti più delicati della disciplina degli appalti, in quanto crocevia tra principi contrastanti ed antagonisti di pari rilevanza.
Il corretto dimensionamento dell’oggetto dell’appalto è uno strumento fondamentale per favorire la concorrenza e promuovere la partecipazione delle piccole e medie imprese, garantendo un più ampio accesso al mercato degli appalti pubblici, conformemente all’art. 3 del Codice. Dall’altro lato, tuttavia, resta l’esigenza di preservare il rilevante potere discrezionale in capo alle stazioni appaltanti nella determinazione dell’oggetto del singolo affidamento. L’analisi della giurisprudenza rappresenta un utile strumento per comprendere il parametro rispetto al quale deve essere valutato l’esercizio in concreto del potere discrezionale nella scelta fra suddivisione o accorpamento.
1. La regola generale della suddivisione in lotti non è assoluta e inderogabile.
La giurisprudenza presta molta attenzione nel cogliere il punto di equilibrio tra l’esigenza di tutela e promozione delle micro, piccole e medie imprese in rapporto alla possibilità di partecipare alle gare pubbliche e la preservazione dell’ambito di discrezionalità delle stazioni appaltanti.
Secondo il TAR Roma, Ordinanza 03.05.2025 n. 1487:
– la suddivisione in lotti ha una funzione meramente pro-concorrenziale, non soltanto estranea all’interesse che l’amministrazione si propone di soddisfare attraverso il contratto, ma con esso potenzialmente confliggente (v. Consiglio di Stato n. 8171 del 2024);
– l’interesse antagonista, rispetto al favor per le piccole e medie imprese che induce alla suddivisione, è dato, come evidenziato dalla stazione appaltante nel caso di specie, sia dalle esigenze connesse alla funzionalità organizzativa, sia dalla convenienza economica;
– la suddivisione della gara in lotti è un principio generale, ma pur sempre adattabile alle peculiarità del caso di specie e, quindi, derogabile attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata e che è espressione di scelta discrezionale, sindacabile nei limiti della proporzionalità e ragionevolezza, limiti che, nel caso di specie, risultano rispettati.
Sempre secondo il TAR Roma, 30.05.2025 n. 10589, la previsione della suddivisione in lotti è una regola non assoluta, essendo derogabile dalla stazione appaltante ove la scelta di non suddividere risulti adeguatamente motivata e giustificata da ragioni di natura tecnica, economica e gestionale, quali l’efficienza organizzativa, la qualità del servizio e l’economicità della gestione.
Anche il Consiglio di Stato ha affermato, infatti, che: “L’istituto della suddivisione in lotti di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 50 del 2016, rispetto al quale l’art. 58 del D.Lgs. n. 36 del 2023 si pone in linea di sostanziale continuità, chiarisce che rispetto all’interesse al risultato che l’amministrazione si propone di soddisfare attraverso il contratto, la suddivisione in lotti ha una funzione meramente proconcorrenziale: non soltanto estranea all’interesse predetto, ma anzi con esso potenzialmente confliggente. Il valore o interesse antagonista, rispetto al favor per le piccole e medie imprese che induce alla suddivisione, è dato sia dalle esigenze connesse alla funzionalità organizzativa (e, in genere, alla funzionalità della prestazione contrattuale rispetto all’interesse pubblico ad essa sotteso), sia dalla convenienza economica per la stazione appaltante, normalmente favorita dalla soluzione “aggregante”” (ex multis: Consiglio di Stato n. 8171/2024 e 9814/2024).
Sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio, quindi, che tale principio non costituisce un precetto inviolabile idoneo a comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie.
Facendo applicazione degli orientamenti giurisprudenziali sopra esposti è possibile, quindi, affermare che la regola della suddivisone in lotti non è assoluta e inderogabile ma rimane fondamentale la motivazione alla base della decisione di non procedere alla suddivisione in lotti.
Le motivazioni addotte dall’amministrazione, se logiche e ragionevoli, possono giustificare pienamente la scelta di indire una gara a lotto unico. Ad esempio, sono state ritenute valide dal G.A. le seguenti motivazioni: il «rilevante risparmio di spesa per approvvigionamento energetico derivante dalla fornitura proveniente dal medesimo operatore economico»; la «necessità di garantire “l’uniformità nella gestione del servizio di gestione calore, che si ritiene debba essere centralizzato per ottenere maggiori vantaggi in ordine all’efficienza della gestione e ridurre sprechi e inefficienze»; «l’uniformità nella gestione del servizio di manutenzione, l’unitaria gestione del servizio antincendio e sicurezza e l’unitaria gestione del servizio antilegionella»; «l’ottimizzazione dei controlli, un maggior efficientamento di tutte le strutture, un rilevante risparmio di spesa».
2. Il potere discrezionale di dimensionamento e individuazione dei lotti.
Quanto alle contestazioni circa il valore economico dei lotti previsti dalla stazione appaltante, il TAR Roma, 30.05.2025 n. 10497 precisa come il potere di dimensionamento e di individuazione comporti l’esercizio in concreto di un “potere discrezionale dell’Amministrazione (che) deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza” (v. Cons. St., sez. VI, 2 gennaio 2020, n.25;), sicché non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico (cfr. Cons. Stato, sez. III, 28.12.2020, n. 8440). Nel caso di specie, ad avviso del TAR, la scelta della stazione appaltante circa il numero ed il valore dei lotti previsti appare correttamente giustificata dalla finalità di garantire il più puntuale coordinamento nell’esecuzione dei contratti, evitando una frammentazione nella gestione del servizio che renderebbe gravosa la fase di contabilizzazione da parte della Committente. La suddivisione in lotti prevista dalla procedura, inoltre, garantisce una maggiore omogeneità nell’interlocuzione con gli appaltatori, al fine di facilitare il raggiungimento degli obiettivi strategici e la diffusione di standard qualitativi del servizio uniformi anche per i programmi di intervento manutentivo. Tanto anche al fine di aumentare i livelli di sicurezza, soprattutto rispetto ad attività che, sebbene siano di natura intellettuale, si svolgono in aree di cantiere e richiedono l’accesso in aree rischiose.
3. Vincoli di aggiudicazione/partecipazione: perimetro ed ampiezza applicativa.
Circa l’esatta portata applicativa del vincolo di aggiudicazione, il Consiglio di Stato, Sez. V, 19.03.2025 n. 2279 ricorda, in via preliminare, come la natura discrezionale della scelta della stazione appaltante di introdurre o meno vincoli di aggiudicazione o di partecipazione, così come di disciplinarne il perimetro e l’ampiezza applicativa nel bilanciamento complessivo degli interessi pubblici e privati coinvolti nel caso specifico, è confermata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, V, 9 giugno 2022, n. 4718).
L’esatta portata applicativa dei suddetti vincoli, va dunque risolta alla luce dei principi di ermeneutica giuridica, ossia “alla luce della sua ratio e della volontà espressa dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara”.
Nel caso di specie, a differenza dell’art. 51 (ora art.58) del Codice, il disciplinare di gara, nel dare pratica attuazione alla discrezionalità della stazione appaltante, utilizza la diversa categoria giuridica di “impresa”, ossia (ai sensi dell’art. 2082 Cod. civ.) “[…] l’attività economica organizzata, esercitata professionalmente dall’imprenditore, diretta alla produzione e allo scambio di beni e servizi”, categoria che fa dunque riferimento non tanto ad un più o meno ampio centro di imputazione di interessi, bensì direttamente alla specifica figura (individuale) dell’imprenditore.
In questi termini, ritiene il Collegio che la previsione della legge speciale di gara vada correttamente intesa nel senso di precludere ai singoli imprenditori (in quanto tali, dunque a prescindere se in forma individuale o associata) l’aggiudicazione di più lotti tra quelli messi a gara.
Nel dicembre 2024, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, Ordinanza 13.12.2024 n. 17, ha sollevato una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea relativa all’ambito di applicazione del c.d. vincolo di partecipazione.
Le questioni che erano state deferite all’Adunanza Plenaria concernevano l’applicazione del limite del vincolo di partecipazione, ovvero se il limite si possa applicare «oltre l’operatore economico offerente, nel caso in cui la medesima legge di gara non rechi una specifica indicazione in tal senso».
La giurisprudenza del Consiglio di Stato si è divisa sulla possibilità di estensione soggettiva del limite di partecipazione (e di aggiudicazione), con i seguenti orientamenti:
– quello favorevole, anche in mancanza di un’espressa indicazione sul punto nel bando di gara, basato su argomenti teleologici, riconducibili all’esigenza di dare al mercato degli appalti pubblici massima apertura alla concorrenza, rispetto alla quale sono strumentali la suddivisione della gara in lotti, dichiaratamente a favore degli operatori economici di minori dimensioni;
– uno contrario, per il quale i limiti non sono estensibili a casi non previsti dalla legge o dal bando, per l’impossibilità di introdurre a posteriori cause di esclusione, che lederebbero i principi di certezza e trasparenza;
– e un terzo più recente, per il quale i limiti si estendono in caso di accertato intento elusivo, equiparabile alla dichiarazione falsa o fuorviante in grado di «influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante» sulla partecipazione dell’operatore economico e l’aggiudicazione della gara.
Le ordinanze di rimessione hanno aderito alla tesi restrittiva, sulla base del carattere discrezionale del limite di partecipazione e di una ricostruzione sistematica per cui l’interesse alla massima apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza è in posizione equiordinata e non sovraordinata rispetto all’interesse alla selezione del miglior contraente privato.
Rispetto a quelle deferite con le ordinanze di rimessione, l’Aduanza Plenaria ha ritenuto tuttavia pregiudiziali alcune questioni sull’interpretazione del diritto dell’U.E..
Per le ordinanze di rimessione all’A.P., l’obiettivo della massima apertura alla concorrenza, a base degli istituti della suddivisione della gara in lotti e dei limiti di partecipazione e aggiudicazione, non avrebbe eliso quello tipico dell’evidenza pubblica alla selezione del miglior contraente. Il bilanciamento dei contrapposti interessi si sarebbe quindi tradotto nell’affermazione della natura discrezionale delle scelte della stazione appaltante di fissare nel bando di gara i limiti di partecipazione e di aggiudicazione.
La conclusione che se ne trae è che in assenza di previsioni espresse nel bando di gara i limiti non potrebbero essere applicati a livello di gruppo societario.
Pur basata su dati testuali tratti dalla direttiva 2014/24/UE, la ricostruzione delle ordinanze di rimessione potrebbe tuttavia risentire di una visione parziale del diritto dell’Unione europea, in cui l’apertura alla concorrenza è enunciata nel considerando 1, quale valore fondante l’armonizzazione a livello sovranazionale per gli appalti sopra la soglia di rilevanza economica ivi stabilita. Il considerando 2 enuncia l’obiettivo di «facilita(re) in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI)», in chiave strategica per una «crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» (cd strategia Europa 2020).
Secondo l’A.P., la realizzazione degli obiettivi enunciati dall’Unione europea potrebbe mancare se lasciata alla libera discrezionalità delle stazioni appaltanti nella definizione delle condizioni di partecipazione ad una gara suddivisa in lotti.
Inoltre, in un sistema di tutela giurisdizionale piena ed effettiva, dovrebbe essere consentito al giudice – investito del ricorso contro l’aggiudicazione di una gara suddivisa in lotti – di sindacare le scelte dell’amministrazione nella definizione dei limiti di partecipazione ad essa. L’amministrazione dovrebbe attenersi ai principi generali di massima concorrenzialità degli appalti pubblici e di apertura alla più ampia partecipazione delle piccole e medie imprese. Dovrebbe pertanto essere sindacabile la scelta di non applicare il limite di partecipazione a livello di gruppo societario, quando essa conduca – come nel caso di specie – a consentire ad un solo gruppo di concorrere per 32 dei 34 lotti totali, per un valore complessivo superiore al 99% di quello complessivo della gara, e così avvalersi in massimo grado della sua posizione di forza economica per vanificare la finalità della suddivisione in lotti e del limite di partecipazione per essi previsto (pari a 13 lotti e al 40% del valore della gara).
La partecipazione in massa di imprese facenti parte del medesimo gruppo societario potrebbe quindi vanificare, o eludere, i limiti previsti dalla stazione appaltante nel bando di gara, sulla base del formale riferimento al «concorrente» o (come previsto dalla legge) di «offerente», senza alcuna possibilità di un’estensione su base soggettiva al gruppo di cui questo fa parte.
Da qui, la necessità di rimettere alla Corte di Giustizia i seguenti quesiti pregiudiziali:
i) se il diritto dell’Unione europea, ed in particolare l’art. 2, par. 1, n. 10), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 (sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE), che definisce l’«operatore economico», in relazione ai considerando 1 e 2 della medesima direttiva, può essere interpretato in senso estensivo al gruppo societario di cui fa parte;
ii) se il diritto dell’Unione europea, ed in particolare l’art. 46 della direttiva 2014/24/UE, relativa alla suddivisione della gara in lotti, che facoltizza le amministrazioni aggiudicatrici a suddividere la gara in lotti (par 1), a limitare la presentazione delle offerte «per un solo lotto, per alcuni lotti o per tutti» (par. 2), e a indicare «il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente» (par. 2, comma 1), possa essere applicato dando rilievo al gruppo societario di cui fa parte l’offerente;
iii) se il diritto dell’Unione europea, ed in particolare i principi generali di certezza e proporzionalità, ostino ad un’esclusione dalla gara in via automatica di un offerente facente parte di un gruppo societario che, in una gara suddivisa in lotti, ha partecipato e presentato offerte attraverso le proprie partecipate in misura superiore ai limiti di partecipazione e di aggiudicazione previsti dal bando di gara.
La questione posta all’attenzione del Giudice europeo è, pertanto, se, nel caso in cui la lex specialis imponga un vincolo di partecipazione e/o di aggiudicazione, detto vincolo si possa estendere soggettivamente in via automatica alle varie società controllate/partecipate dal medesimo gruppo societario, a prescindere dalle specifiche previsioni della documentazione di gara.
4. La deroga alla suddivisione in lotti ed il principio del risultato.
Secondo il Consiglio di Stato, Sez. V, 25.02.2025 n. 1620, il principio del risultato può essere adottato dal giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di una procedura di appalto.
L’interprete, ispirandosi al principio del risultato, deve porre l’accento sulla esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento.
In questa ottica, il giudice amministrativo è tenuto a superare i casi di ‘vuoti formalismi’, al fine di tutelare l’interesse della stazione appaltante ad ottenere prestazioni orientate a garantire il miglior risultato possibile.
Quindi, in ipotesi in cui vi è contrasto tra il dato formale e il dato sostanziale occorre privilegiare il secondo, ossia il risultato utile, perseguito dalla stazione appaltante di avere selezionato l’operatore economico ritenuto più idoneo all’esecuzione dell’appalto.
Come chiarito da questo Consiglio di Stato (sent. n. 9812 del 2023), la procedura e la forma sono un mezzo, non il fine della disciplina dei contratti pubblici. Sono in realtà lo strumento per selezionare l’operatore economico più idoneo all’aggiudicazione dell’appalto.
Ne consegue che il lavoro dell’interprete non è solo quello di applicare in maniera rigorosa la lex specialis, ma di interpretarla teleologicamente, senza che da tale operazione ermeneutica possa però derivare una qualche violazione alle regole della concorrenza o ai principi di uguaglianza che regolamentano l’accesso al mercato.
Preferire una lettura non formalistica degli atti e della procedura di gara deve comunque avere l’obiettivo prioritario di analizzare il modo di procedere della stazione appaltante verificandone la correttezza sostanziale.
In applicazione dei suindicati principi, i poteri valutativi e la discrezionalità della pubblica amministrazione appaiono più ampi.
Così, sulla base dei suddetti criteri interpretativi, secondo il TAR Roma, 24.03.2025 n. 5923: «la decisione della stazione appaltante di non suddividere l’appalto in lotti può essere considerata legittima e adeguatamente motivata qualora vengano illustrate ragionevoli argomentazioni che giustifichino tale scelta sotto i profili dell’efficienza operativa, della sicurezza e della gestione dei costi. L’esigenza di garantire la gestione unitaria di prestazioni funzionalmente connesse e di massimizzare le economie di scala può costituire un motivo sufficiente per non procedere alla suddivisione in lotti. ….. Anche se le motivazioni iniziali possono essere sintetiche, qualora la spiegazione dettagliata fornita in sede processuale risulti coerente con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza, l’azione amministrativa non va annullata, in considerazione del principio del risultato di cui all’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 36/2023».
Sul punto, sempre il TAR Roma, 30.05.2025 n. 10590, ha ritenuto come le puntuali motivazioni svolte dalla Stazione Appaltante in sede processuale si pongono in un rapporto di continuità con le sia pur sintetiche motivazioni enucleate dalla stessa p.a. negli atti gravati a sostegno della scelta di non procedere a una suddivisione in lotti dell’appalto. Inoltre, la giurisprudenza ha rilevato che «quanto emerso in sede processuale in ordine alla sostanziale ragionevolezza della decisione della p.a. è idoneo (in ogni caso) a impedire a questo Tribunale di disporre l’annullamento degli atti gravati, avuto riguardo al principio di risultato sancito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 36/2023. È noto, infatti, che la suindicata disposizione impone all’interprete di porre «l’accento sulla esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento» (cfr. Consiglio di Stato, V, 25 febbraio 2025, n. 1620).
5. La suddivisione in lotti nei settori speciali.
Il TAR Salerno, 07.04.2025 n. 637 ha chiarito che l’obbligo di suddivisione in lotti, imposto dall’art. 58 del D.lgs. 36/2023, non si applica ai settori speciali, sicché nel caso in cui la stazione appaltante intenda procedere all’affidamento di un lotto unico essa non è sottoposta all’onere motivazionale prescritto dalla norma sopra citata.
Infatti, ai sensi dell’articolo 141, comma 3, lettera e), del d.lgs. n. 36/2023, alle stazioni appaltanti che svolgano attività nei settori speciali si applicano gli articoli 57, 60 e 61, con esclusione, dunque, del citato articolo 58.
Come si legge nella Relazione al Codice dei contratti pubblici, infatti, «il comma 5 dell’articolo 141, recepisce puntualmente l’articolo 65, par. 1 della Direttiva 2014/25/UE e mira a superare (per quanto riguarda la questione della suddivisione in lotti) un caso di “gold plating” che si è determinato con la redazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 (articolo 51). In particolare: – mentre per i settori “ordinari”, la Dir. 2014/24/UE, articolo 46 fissa il principio del c.d. “apply or explain” (imponendo un’adeguata motivazione per il caso di mancata suddivisione in lotti); – al contrario, per i settori speciali tale obbligo di specifica motivazione non è previsto dall’articolo 65 della Dir. 2014/25/UE, che mira evidentemente a lasciare maggiore autonomia decisionale alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti. Quindi, la scelta operata nel 2016 di estendere il richiamato obbligo di motivazione anche per gli affidamenti nei settori speciali rappresenta un caso di “gold plating”. Pertanto, nella logica dell’autoconclusività che caratterizza il Libro III del codice e al fine di superare le limitazioni non giustificate dal diritto dell’Unione europea, si è deciso di rimuovere l’obbligo di motivazione aggravata in tema di suddivisione in lotti per i settori speciali».
La giurisprudenza ha interpretato la disposizione dell’art. 141 del Codice nel senso che essa non si limita a prevedere una mera “possibilità” per le stazioni appaltanti di decidere se procedere con l’affidamento frazionato, o meno «ma consente che, con specifico riguardo ai settori speciali, la valutazione della stazione appaltante in merito alla ridetta suddivisione sia semplificata, essendo sufficiente che in tale valutazione questa tenga conto solo delle esigenze del settore speciale cui afferisce l’appalto e non anche delle esigenze partecipative di accesso al mercato delle piccole e medie imprese, come invece pretende l’articolo 58».
Come chiarito in precedenza dal TAR Roma, 14.02.2025 n. 3300, «non sussiste un obbligo di motivazione rafforzata a carico della stazione appaltante in caso di mancata suddivisione in lotti di una procedura di gara avente ad oggetto settori speciali e contratti ad essi strumentali. Difatti, in tali ipotesi, a differenza dei settori ordinari, la valutazione della stazione appaltante risulta semplificata, essendo sufficiente che tenga conto solo delle esigenze del settore speciale cui afferisce l’appalto e non anche delle esigenze partecipative e di accesso al mercato delle piccole e medie imprese».
Nella pronuncia è stato evidenziato che il suddetto principio è coerente con:
i) l’art. 141 che non richiama per i settori speciali la previsione contenuta nell’art. 58 per i settori ordinari e riconosce alle stazioni appaltanti il potere discrezionale di procedere con l’affidamento frazionato o meno con valutazione semplificata che tenga conto solo delle esigenze del settore speciale cui afferisce l’appalto;
ii) la disciplina unionale di cui l’art. 65 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2024 che, relativamente ai settori speciali, non prevede un divieto assoluto di bandire una gara d’appalto a lotto unico e non impone una motivazione particolarmente rafforzata a fondamento della scelta orientata all’unicità del lotto, come invece richiesto per i settori ordinari;
iii) il principio del risultato, scolpito dall’articolo 1 del Codice, rispetto al quale la scelta di bilanciamento serbato dal Legislatore all’articolo 141, comma 5 risulta coerente.
6. Nel caso di suddivisioni in lotti, la gara pubblica può considerarsi unitaria?
Sebbene sul punto si sono registrati in passato orientamenti contrastanti, al momento, la tesi prevalente nella giurisprudenza è quella secondo cui più lotti corrispondono a più gare.
Come ribadito dal TAR Bari, 21.03.2025 n. 375 una gara con più lotti non costituisce una “medesima procedura di affidamento”, ma distinte procedure di affidamento quanti sono i lotti da affidare (Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 2022, n. 8730), disciplinate da un bando comune, proceduralmente e formalmente unico, ma sostanzialmente plurimo (Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 2024, n. 3641).
Nella sentenza il TAR Bari ricorda come, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il bando e il disciplinare consentono di qualificare la gara come a oggetto plurimo, proprio in considerazione, oltre che della differenziazione geografica, delle peculiarità, quali la suddivisione in due lotti distinti, i differenti importi dei lotti distinti, i requisiti commisurati al lotto per cui si concorre , i distinti CIG per ciascun lotto, i contributi ANAC distinti per ciascun lotto, le distinte offerte tecniche ed economiche, i distinti provvedimenti di aggiudicazione (Cons. Stato, Sez. V, 29 febbraio 2024, n. 1956).
7. Profili processuali: legittimazione e onere di immediata impugnazione.
7.1. Sulla questione della legittimazione ed interesse a denunciare come arbitrari e illegittimi l’articolazione e il dimensionamento dei lotti a gara, la giurisprudenza ha chiarito come le dimensioni dell’impresa non possano rappresentare «l’unica misura, rigida e cogente».
Anche operatori più grandi delle PMI sono legittimati a contestare la suddivisione in lotti laddove la tematica si ponga come funzionale alla garanzia del libero esplicarsi della concorrenza.
Sul punto, il Consiglio di Stato, Sez. III, 01.04.2022, n. 2411, ha evidenziato che “se, da un lato, tale qualificazione soggettiva, di PMI, indubbiamente costituisce un fattore di legittimazione a sé stante, nemmeno può inferirsi da tale speciale precetto, con inaccettabile pretesa di automaticità, che esso esaurisca l’ambito di rilevanza dei principi di concorrenza rispetto al tema qui in rilievo quasi a voler cioè ritenere che gli indici soggettivi di dimensione dell’impresa, nei termini suindicati, costituiscano l’unica misura, rigida e cogente, della rilevanza di possibili fattori distorsivi della concorrenza e del principio di non discriminazione. Si è, invero, ritenuto di riconoscere, in via di principio, la possibilità di far valere, anche al di fuori del perimetro soggettivo delle PMI, doglianze avverso un assetto organizzativo della gara che comprometta in concreto il principio di concorrenza tra più operatori, costituendo tale principio un valore di carattere generale intangibile che, per come enunciato all’articolo 30 del d. lgs 50 del 2016, permea l’intera disciplina dei contratti pubblici e di cui l’articolo 51 comma 1, del medesimo testo normativo costituisce solo un precipitato tecnico applicativo, come tale non idoneo a consumarne l’ambito di efficacia” (v. Cons. Stato, sez. III, nn. 1193 del 2021 e 5746 del 2020).
A parziale mitigazione della proposta lettura ampliativa del presupposto legittimante, è stato tuttavia precisato che “il singolo operatore deve però comprovare, in concreto, l’incidenza lesiva che l’avversata misura organizzativa ha determinato nella propria sfera giuridica rendendo obiettivamente percepibile la compressione che questa ha, in via di tesi, subito rispetto alle possibilità di un’utile e proficua partecipazione alla competizione” (v. Cons. Stato, sez. III, nn. 7962 del 2020 e 6839 del 2021).
L’assenza della qualità di PMI in capo alla Ricorrente non è di per sé preclusiva all’intrapresa di un’azione volta a contestare l’assetto anticompetitivo impresso alla procedura di gara sotto il profilo dell’articolazione e del dimensionamento dei lotti; nondimeno, detta tipologia di contestazione è esperibile, anche da soggetto non qualificabile come PMI, a condizione che sia supportata da un’adeguata dimostrazione dell’effetto pregiudizievole da questi risentito come conseguenza della supposta restrizione concorrenziale.
In tali casi vale un criterio di modulazione dell’onere della prova proporzionalmente inverso e, quindi, tale per cui, quanto più l’impresa si allontana dai parametri delle PMI, tanto più essa è chiamata a fornire una dimostrazione particolarmente rigorosa della effettiva e concreta deminutio subìta per effetto della denunciata contrazione delle condizioni di utile accesso alla selezione.
7.2. Quanto all’onere di immediata impugnazione del bando, nella sentenza TAR Brescia, 18.02.2205 n. 140, sono stati forniti i seguenti chiarimenti.
L’Adunanza Plenaria, con sentenze nn. 1/2003 e 4/2018, ha riconosciuto l’immediata lesività della lex specialis di gara, e di conseguenza l’interesse alla sua immediata impugnazione, nel caso in cui essa contenga clausole che impediscono la partecipazione alla gara stessa; inoltre, con sentenze nn. 9/2014 e 4/2018, ha rilevato che sussiste la legittimazione ad agire anche in capo a chi non ha presentato domanda di partecipazione alla gara, nel caso in cui si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti.
Nel caso in esame, l’impresa Ricorrente lamenta proprio che l’impostazione del bando le ha reso di fatto impossibile la formulazione di un’offerta, poiché l’accorpamento in un unico lotto dei servizi messi a gara, e l’imposizione quale requisito di partecipazione della disponibilità di un impianto di smaltimento dei rifiuti indifferenziati e di quelli FORSU, consentono la partecipazione solo alle poche imprese che operano nel mercato del recupero e dello smaltimento dei rifiuti indifferenziati.
Non vale a negare la portata escludente di tale impostazione della gara il rilievo, svolto dalla difesa della Stazione Appaltante, secondo cui la Ricorrente avrebbe comunque potuto partecipare alla gara in raggruppamento temporaneo con un’impresa che operasse nel mercato del recupero e dello smaltimento dei rifiuti indifferenziati e che avesse la disponibilità di un impianto necessario per eseguire tale attività, o avvalendosi di una tale impresa come ausiliaria.
La giurisprudenza, infatti, ha affermato che tali possibilità non escludono la legittimazione e l’interesse di un operatore economico a impugnare la lex specialis di gara che gli precluda la partecipazione come singolo, e ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo, “per il rilievo che la partecipazione di un operatore economico ad un raggruppamento temporaneo non dipende solo dall’esclusiva volontà di quest’ultimo, ma anche della concorde decisione di altre imprese di costituire un’associazione temporanea” (e lo stesso rilievo è pertinente anche per l’avvalimento); in secondo luogo, perché “è del tutto coerente con la natura delle condizioni dell’azione, quali la legittimazione e l’interesse ad agire in giudizio, che la relativa verifica sia svolta con riferimento alla posizione individuale del singolo soggetto, titolare uti singulus del diritto d’azione in giudizio ex art. 24 della Costituzione” (v. Cons. Stato, sez. V, 06.03.2017, n. 1038).
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