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Che genere di business | inGenere


Nonostante i progressi nella partecipazione femminile all’imprenditoria, le imprese guidate da donne si trovano ancora a dover affrontare sfide significative, specialmente nella raccolta di capitale azionario attraverso venture capital, crowdfunding e supporto da parte dei business angel.[1] 

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Rispetto alle realtà a conduzione maschile, questo divario persiste nelle prime fasi di vita delle imprese e per le start up innovative. In un recente studio, abbiamo esplorato le dinamiche dei pregiudizi di genere nel mercato dei business angel, identificando le cause sottostanti e suggerendo possibili soluzioni per ridurre questa forma di discriminazione.

Business angel e imprenditoria femminile

Negli ultimi anni, la partecipazione delle donne alle attività imprenditoriali è cresciuta, ma le start up femminili continuano a ricevere una quota minima di risorse da venture capital e business angel. Negli Stati Uniti, tra il 2008 e il 2023, le imprese guidate esclusivamente da donne hanno ottenuto meno del 3% degli investimenti di venture capital globali (5% per numero di operazioni). 

Anche considerando le start up fondate congiuntamente da uomini e donne, la percentuale sale appena al 20-25%. Questo divario è preoccupante perché le imprese ad alto potenziale di crescita richiedono ingenti investimenti iniziali, e le imprenditrici incontrano maggiori difficoltà rispetto agli uomini nel reperire fondi, inclusi quelli bancari. La ridotta probabilità di accesso delle imprenditrici a questi finanziamenti rappresenta un serio ostacolo per lo sviluppo delle loro imprese.

Il genere, infatti, gioca un ruolo significativo nelle scelte di investimento dei business angel. Le investitrici tendono a privilegiare settori e tipologie di start up spesso trascurate dagli uomini e a essere più prudenti e meno certe delle proprie decisioni di investimento. Tuttavia, ricerche recenti suggeriscono che queste differenze di genere non si traducano in un divario nel volume complessivo dei fondi investiti.[2]

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Un aspetto cruciale che gli studi precedenti non hanno pienamente considerato è l’interazione tra il genere degli investitori e quello degli imprenditori. Comprendere se e come la condivisione o la differenza di genere influenzi le decisioni di investimento può contribuire alla ricerca delle motivazioni di questo fenomeno. 

Da un lato, l’omofilia, ovvero la tendenza a relazionarsi con persone simili, potrebbe facilitare i finanziamenti tra persone dello stesso genere. Dall’altro lato, la cosiddetta “taste-based discrimination”, cioè quella tipologia di discriminazione derivante da preferenze personali, potrebbe portare a trattare in modo differente chi fa impresa a seconda del genere, indipendentemente dalle competenze.

Partire dai dati

Per approfondire come il genere dei business angel e degli imprenditori influisca sugli investimenti, abbiamo analizzato i dati del mercato globale dei business angel tra il 2018 e il 2020, con l’obiettivo di verificare la consistenza di questi fenomeni. 

L’analisi si è posta tre obiettivi principali: valutare se c’è una differenza tra investitori uomini e donne nel volume medio di finanziamenti erogati, indipendentemente dal genere di chi conduce l’impresa finanziata; verificare se, a prescindere dal genere dell’investitore o dell’investitrice, sono gli imprenditori o le imprenditrici a raccogliere in media finanziamenti più consistenti; esaminare il comportamento in modo disaggregato per “coppie”, osservando se ci sono differenze tra investitori e imprenditori dello stesso genere (uomo-uomo o donna-donna) e tra quelli di genere diverso (uomo-donna o donna-uomo).

Analizzando l’offerta di finanziamenti, i risultati mostrano che, in media, non ci sono differenze nel comportamento degli investitori in base al genere, confermando le teorie più recenti che indicano che uomini e donne tendono ad avere comportamenti di investimento simili. 

Sul lato della domanda, le imprenditrici hanno il 20% di probabilità in meno rispetto agli imprenditori di ricevere finanziamenti di importo consistente dai business angel. Questo potrebbe essere dovuto a tre scenari: le imprenditrici ricevono meno risorse indipendentemente dal genere dell’investitore; ricevono fondi medi più bassi solo dalle investitrici, oppure ottengono meno fondi solo quando questi provengono da investitori uomini. 

Esaminando tutte le combinazioni di genere tra finanziato e finanziatore, emerge che le imprenditrici hanno meno probabilità di ottenere finanziamenti dai business angel solo quando gli investitori sono uomini, mentre non ci sono differenze quando sono donne. 

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Nel complesso, i risultati del nostro studio mostrano che le imprenditrici ricevono mediamente meno fondi, soprattutto quando l’investitore è un business angel uomo. Le imprese femminili, invece, non ottengono finanziamenti significativamente inferiori da parte delle investitrici donne. 

Questi risultati indicano, da un lato, che gli investitori uomini potrebbero agire secondo una preferenza personale (taste-base discrimination); dall’altro, l’ipotesi dell’affinità culturale tra generi non sembra essere confermata. 

Tuttavia, sebbene la discriminazione basata su preferenze personali sia evidente tra gli uomini, le donne investitrici non modificano la loro strategia di investimento in base al genere dell’imprenditore o dell’imprenditrice. Questo indica l’assenza di pregiudizi di genere da parte delle donne investitrici, evidenziando una precisa direzione nella discriminazione di genere.

Alle radici della discriminazione

Per comprendere i meccanismi dietro questi pregiudizi, il nostro studio ha anche cercato di verificare se i risultati ottenuti siano influenzati da altri fattori che possano giustificare le differenze riscontrate. 

Ad esempio, i minori investimenti da parte dei business angel uomini verso le imprese femminili potrebbero essere legati a caratteristiche “oggettive” delle imprenditrici, come competenze commerciali o manageriali diverse rispetto agli uomini. Se così fosse, i risultati si baserebbero sulla qualità delle imprese finanziate, seguendo meccanismi radicalmente distinti da convinzioni, preferenze o pregiudizi. 

Per indagare sulle possibili motivazioni che potrebbero spingere gli investitori a comportarsi diversamente dalle investitrici, abbiamo esaminato alcuni fattori che potrebbero influenzarne le decisioni di investimento. Tra questi, abbiamo considerato il livello di maturità e il fatturato delle aziende finanziate, che rappresentano un indicatore della solidità aziendale e la vicinanza geografica tra investitori e aziende, che approssima la facilità con la quale l’investitore può ottenere informazioni sull’azienda finanziata. 

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I nostri risultati indicano che il pregiudizio di genere persiste indipendentemente dalla maturità e dal fatturato dell’azienda finanziata, nonché dalla vicinanza geografica. Questo conferma l’ipotesi che il pregiudizio sia dovuto al comportamento e alle preferenze degli investitori uomini, piuttosto che a fattori informativi e alle specifiche caratteristiche delle aziende.

Il genere, però, è solo uno dei molti fattori che influenzano i pregiudizi negli investimenti, insieme a etnia, istruzione, background professionale e reddito. È quindi importante considerare anche questi fattori per comprendere meglio l’effetto specifico del genere. Nel nostro studio abbiamo esaminato come il pregiudizio di genere si manifesti in diversi contesti culturali e sociali.

Le nostre analisi mostrano che la discriminazione di genere da parte degli investitori uomini non è legata esclusivamente ai paesi con maggiori disuguaglianze economiche e culturali. Questo suggerisce che il pregiudizio di genere rappresenta un fattore significativo negli investimenti, indipendentemente dal contesto economico o culturale.

Le conseguenze della pandemia

La disponibilità di capitale per le startup è influenzata dall’incertezza economica, come quella causata dalla pandemia da Covid-19. La natura relazionale degli investimenti in equity, ossia la partecipazione diretta al capitale di rischio di un’impresa, rende il finanziamento imprenditoriale particolarmente vulnerabile agli eventi di questo tipo. Questa incertezza ha portato a un approccio più cauto negli investimenti e a una riduzione del capitale disponibile, colpendo anche i business angel. 

Sebbene le transazioni dei business angel siano diminuite all’inizio della crisi, un sondaggio della British Business Bank nel luglio 2020 ha rivelato che questi ultimi hanno continuato a investire, seppur con importi ridotti. Abbiamo quindi esaminato se l’incertezza causata dalla pandemia abbia ridotto gli investimenti in equity nelle start up. Le nostre analisi mostrano che il pregiudizio di genere degli investitori uomini verso le imprenditrici è persistito anche durante la pandemia, indicando che il pregiudizio influisce sulle decisioni di finanziamento indipendentemente dalla crisi.

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Oltre i pregiudizi

In conclusione, il genere dell’investitore business angel influisce sui finanziamenti ricevuti dalle imprenditrici, che ottengono meno fondi rispetto agli imprenditori quando l’investitore è un uomo, mentre non c’è differenza con le investitrici donne, confermando la presenza di un pregiudizio di genere.

Affrontare questo pregiudizio è fondamentale per ridurre le disuguaglianze nello sviluppo imprenditoriale e nell’innovazione. Aumentare la consapevolezza sui pregiudizi inconsci, fornire formazione all’interno del settore per mitigare i comportamenti discriminatori e promuovere la diversità nelle reti dei business angel sono passi cruciali verso un cambiamento positivo. Inoltre, politiche di sostegno alle imprenditrici, come sovvenzioni, incentivi fiscali e programmi di mentorship, possono contribuire alla costruzione di un ecosistema imprenditoriale più giusto e innovativo.

Note

[1] Secondo l’Enciclopedia Treccani, in economia si parla di venture capital per riferirsi a “fondi investiti a lungo termine in imprese caratterizzate da un elevato grado di rischio, come nel caso di nuove imprese che intendono produrre e offrire beni e/o servizi di tipo innovativo”. Il crowdfunding, secondo il vocabolario Treccani, è la “raccolta collettiva e collaborativa di fondi, effettuata attraverso la rete, aperta a tutti coloro che decidono di finanziare progetti innovativi e imprese appena costituite”, mentre i business angel, sempre in base dalla definizione riportata sul vocabolario Treccani, sono persone che, a titolo personale o come parte di una rete professionale, investono denaro in progetti imprenditoriali. Oltre al capitale di rischio, i business angel offrono consulenza manageriale, che si traduce in consigli gestionali e in conoscenze tecnico-operative, e accesso a una rete consolidata di relazioni. 

[2] Coleman e Robb, 2018; Harrison e Mason, 2007; Harrison et al., 2020.

Riferimenti

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F.M. Amatucci, Women Business Angels: Theory and Practice, in Handbook of Research on Business Angels, 2016, pp. 92-112.

F.M. Amatucci, J.E. Sohl, Women Entrepreneurs Securing Business Angel Financing: Tales from the Field, in Venture Capital, 6, 2-3, 2004, pp. 181-196.

G.S. Becker, The Economics of Discrimination, Chicago, University of Chicago Press, 1971.

J.R. Becker-Blease, J. Sohl, Confidence and Angel Investors: Does Gender Matter?, in Frontiers of Entrepreneurship Research, 2008.

A. Bellucci, G. Gucciardi, R. Locatelli, C.M. Schena, Gender Gap in Business Angel Financing, in Entrepreneurship Research Journal, 2024.

J.P. Byrnes, D.C. Miller, W.D. Schafer, Gender Differences in Risk Taking: A Meta-Analysis, in Psychological Bulletin, 125, 3, 1999, pp. 367.

S. Coleman, A. Robb, A Comparison of New Firm Financing by Gender: Evidence from the Kauffman Firm Survey Data, in Small Business Economics, 33, 4, 2009, pp. 397-411.

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R.T. Harrison, C.M. Mason, Does Gender Matter? Women Business Angels and the Supply of Entrepreneurial Finance, in Entrepreneurship Theory and Practice, 31, 3, 2007, pp. 445-472.

R.T. Harrison, T. Botelho, C.M. Mason, Women on the Edge of a Breakthrough? A Stereotype Threat Theory of Women’s Angel Investing, in International Small Business Journal, 38, 8, 2020, pp. 768-797.

A. Muravyev, O. Talavera, D. Schäfer, Entrepreneurs’ Gender and Financial Constraints: Evidence from International Data, in Journal of Comparative Economics, 37, 2, 2009, pp. 270-286.

A.M. Roomi, P. Harrison, J. Beaumont-Kerridge, Women‐Owned Small and Medium Enterprises in England: Analysis of Factors Influencing the Growth Process, in Journal of Small Business and Enterprise Development, 16, 2, 2009, pp. 270-288.



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