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Territori e innovazione: perché le imprese vincenti investono dove nascono le idee


Tutto era iniziato con una domanda che sembrava semplice ma che nascondeva una complessità immensa: che ruolo ha, oggi, il territorio per le imprese?

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A porla era stato Mauro Colombo, direttore di Confartigianato Imprese Varese, in un editoriale che più che aprire un dibattito, ha innescato un percorso. Otto tappe per otto voci diverse, ciascuna con uno sguardo specifico e una lezione da offrire.

Abbiamo esplorato la resilienza delle filiere corte, il coraggio delle imprese storiche, la forza dell’innovazione radicata nei luoghi, l’energia della co-progettazione tra formazione e impresa. Abbiamo toccato con mano la verità di un principio semplice: il territorio non è lo sfondo, ma l’infrastruttura viva e generativa delle imprese.

E ora che ci avviciniamo alla conclusione, è chiaro cosa abbiamo imparato: il territorio non è più (solo) un luogo. È una strategia.

È la risposta alla crisi del consenso, all’indebolimento dei legami sociali, alla solitudine delle imprese di fronte ai mercati globali. È uno spazio dove l’impresa può essere riconosciuta, ascoltata, contaminata, dove si può fare innovazione non solo tecnologica ma relazionale, culturale, ambientale.

Questa ultima tappa di questo viaggio parlerà di futuro e innovazione. Di come impresa e territorio possano diventare alleati nella costruzione di ecosistemi economici più equi, generativi e capaci di affrontare le trasformazioni che ci attendono. Perché il vero sviluppo, quello che lascia un’impronta positiva, nasce sempre dal basso ma guarda lontano.

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L’innovazione corre, la tecnologia connette, ma il territorio resta. Non come un semplice sfondo, ma come condizione abilitante, sostanza viva che alimenta l’identità e la competitività delle imprese. È questo il cuore della riflessione del prof. Francesco Capone, docente di Management of Innovation all’Università degli Studi di Firenze, che rilancia con forza il valore dei sistemi locali come nodi attivi e strategici nell’economia della conoscenza.

IL FALSO MITO DELLA DELOCALIZZAZIONE DIGITALE

Nell’epoca della connettività globale e dell’accesso remoto, è facile cadere nella tentazione di pensare che il “dove” non conti più. Ma, come spiega Capone, questa è una illusione parziale: «Ci troviamo di fronte a un paradosso. Le tecnologie digitali sembrano superare le barriere geografiche, ma il territorio continua a svolgere un ruolo fondamentale».

A fare la differenza è la conoscenza tacita, quella incorporata nei processi, nelle relazioni, nelle comunità. È la conoscenza che non si trasmette con un file o un manuale, ma si costruisce “stando lì”, nell’interazione quotidiana tra attori economici e sociali. «È importante essere in un determinato luogo per accedere a network informali, scambiare saperi, assorbire cultura produttiva. Questo spiega la persistenza di agglomerazioni e distretti, dalla Silicon Valley ai poli industriali italiani».

DOVE NASCE L’INNOVAZIONE: LA MAPPA DEI LUOGHI ATTIVI

La geografia dell’innovazione, in Italia, è tutt’altro che casuale. Studi recenti mostrano una forte concentrazione di brevetti e innovazioni in alcune aree precise:

  • Grandi città come Milano, Roma, Bologna, Firenze.
  • Distretti industriali del Nord Est e del Centro Italia, dove filiere produttive storiche e competenze specialistiche creano un fertile terreno per l’innovazione.

«Non è un caso – afferma Capone – che le imprese più innovative siano spesso localizzate in aree che offrono una combinazione di competenze, infrastrutture e reti relazionali. Il territorio non è solo contenitore, ma co-produttore di valore».

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L’IMPRESA DENTRO L’ECOSISTEMA

Nel nuovo paradigma dell’innovazione, le imprese non sono più isole, ma nodi interconnessi in reti complesse. Università, centri di ricerca, start-up, enti pubblici: l’impresa contemporanea deve imparare a muoversi dentro un ecosistema territoriale dove la collaborazione è non solo utile, ma necessaria.

«Oggi si parla di innovation ecosystem o entrepreneurial ecosystem – spiega Capone – . L’innovazione non è più un processo chiuso dentro i confini aziendali, ma si nutre di scambi, partnership, contaminazioni. Piccole imprese iper-specializzate e grandi gruppi industriali collaborano sempre più spesso, ciascuno portando valore distinto».

E qui emerge un tema decisivo: non basta la localizzazione, serve un posizionamento attivo e centrale nei network. «Essere nei territori conta, ma conta ancora di più essere nei punti strategici delle reti. Solo così si accede rapidamente a idee, talenti e risorse».

DIGITALIZZARE PER TRASFORMARSI

Il ruolo della digitalizzazione dei processi produttivi è oggi uno dei più discussi, ma va letto con lucidità. L’adozione di tecnologie dell’Industria 4.0 – dalla robotica all’intelligenza artificiale – sta trasformando il settore manifatturiero, con benefici tangibili.

Uno studio McKinsey indica un potenziale aumento di produttività fino al 20% per le imprese che integrano più tecnologie in modo sistemico.

Capone chiarisce: «Non esistono soluzioni plug-and-play. Le tecnologie vanno adottate con strategie personalizzate. I veri vantaggi emergono quando si supera l’approccio sperimentale e si attua una trasformazione profonda, che coinvolge più aree aziendali».

Tecnologie chiave sono:

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  • Robotica avanzata per l’automazione dei processi
  • Big Data e AI per analisi predittive e decisioni rapide
  • Servitization, ovvero l’evoluzione da produttori a fornitori di soluzioni personalizzate

Anche le piccole imprese, pur con vincoli maggiori, possono trarne beneficio: «L’importante è costruire filiere intelligenti, capaci di condividere risorse e competenze».

QUANDO IL TERRITORIO DIVENTA LEVA DI TRASFORMAZIONE

La forza trasformativa del territorio emerge pienamente quando imprese e attori locali condividono visione e obiettivi. Ma non basta la prossimità fisica: servono relazioni di qualità, fiducia reciproca, politiche di lungo respiro.

Capone avverte: «In passato si è cercato di costruire poli tecnologici senza radici reali, finendo per creare cattedrali nel deserto. Occorrono invece ecosistemi maturi, costruiti con investimenti pazienti e mirati».

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Strumenti chiave per farlo sono:

  • Promozione di iniziative di innovazione collaborativa
  • Partecipazione a bandi europei di R&S
  • Sviluppo di reti miste con grandi, medie e piccole imprese

La capacità di un territorio di generare innovazione non dipende solo dalle risorse presenti, ma da come queste si connettono. Il concetto di smart specialization, promosso anche a livello europeo, richiama l’importanza di puntare su competenze già radicate, evitando salti nel vuoto.

LA DIGITALIZZAZIONE COME CATALIZZATORE

Capone lo ribadisce con chiarezza: «La digitalizzazione non è un motore diretto dell’innovazione, ma un facilitatore. Migliora la capacità delle imprese di relazionarsi e questo, a sua volta, potenzia la loro propensione all’innovare».

Non è tanto la tecnologia in sé a fare la differenza, quanto il modo in cui essa consente alle imprese di aprirsi, connettersi, dialogare. È proprio attraverso questo rafforzamento delle relazioni – spesso informali, radicate nel territorio – che la digitalizzazione diventa terreno fertile per nuove idee, per la nascita di competenze condivise, per la costruzione di specializzazioni capaci di generare sviluppo. In questo senso, l’innovazione non è mai un atto solitario: è sempre il risultato di una rete, di una cultura, di un luogo che evolve insieme a chi lo abita (8. fine). Annarita Cacciamani

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Bibliografia

– Capone F., Innocenti N. (2023). Innovazione, Startup innovative e Industria 4.0. Aspetti teorici ed evidenze empiriche. Milano: Franco Angeli, ISBN:978-88-351-4652-0.

– Capone, F.; Innocenti, N.; Baldetti, F.; Zampi, V. (2023). Firm’s openness and innovation in Industry 4.0. COMPETITIVENESS REVIEW, vol. 34, pp. 1-19.

– Innocenti N.; Capone F.; Lazzeretti L.; Petralia S. (2022). The role of inventors’ networks and variety for breakthrough inventions. PAPERS IN REGIONAL SCIENCE, vol. 101, pp. 37-57.

– Boix R., Capone F., Galletto V. (2022). Searching for “rare diamonds”? Industrial districts and innovation in Spain and Italy. COMPETITIVENESS REVIEW, vol. 32, pp. 728-74.

– Boix-Domenech, R.; Galletto, V.; Sforzi, F.; Capone, F. (2022). Living innovation machines: modelling innovation in time and space variable-geometry territorial units using machine learning. EUROPEAN PLANNING STUDIES, vol. 31, pp. 1422-1442.

– Capone F., Lazzeretti L., Innocenti N. (2021). Innovation and diversity: The role of knowledge networks in the inventive capacity of cities. SMALL BUSINESS ECONOMICS, vol. 56, pp. 773-788.

– Capone F.; Innocenti N. (2020). Open innovation and network dynamics. An analysis of openness of co-patenting collaborations in Florence, Italy. COMPETITIVENESS REVIEW, vol. 30, pp. 379-396.



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