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Politiche retributive e carriera: impatto fiscale da valutare nel 2025


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Le aziende che vogliono stimolare il benessere aziendale e il migliore rendimento possibile di singoli e gruppi di lavoro sono solite prevedere specifici piani di avanzamento di carriera.

A ciascuno stato di avanzamento corrispondono dei livelli retributivi ovviamente più alti; alcune aziende prevedono anche degli step intermedi e/o dei piani di bonus aziendali.

Questi ultimi non prevedono avanzamenti di carriera in senso stretto, motivo per cui non vi è uno scatto in avanti del livello previsto ma la previsione di una maggiore retribuzione, corrisposta nel caso di raggiungimento di un determinato risultato.

Nel 2025 queste logiche devono sempre di più considerare la variabile fiscale, per effetto delle numerose modifiche alle agevolazioni fiscali comunemente note con il nome di taglio al cuneo fiscale e contributivo. E ciò soprattutto per evitare che lievi aumenti della retribuzione annua lorda possano comportare maggiori imposte e, paradossalmente, un minore netto in busta paga. Il che non vuol dire che questi aumenti non verranno concessi ma solo che l’azienda valuterà quale formula adottare per evitare che a un aumento dello stipendio lordo non coincida un (atteso) aumento del netto in busta paga.

Variabile fiscale decisiva nel 2025 per programmare e gestire gli aumenti retributivi

Le aziende che nel 2025 prevedono di aumentare lo stipendio delle proprie lavoratrici e dei propri lavoratori dipendenti devono, più che in passato, considerare la variabile fiscale.

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E ciò soprattutto a causa del meccanismo relativo al cuneo fiscale e contributivo, reso strutturale dall’ultima Legge di Bilancio.

Nonostante i continui tagli, il lavoro in Italia resta costoso ed estremamente costosi sono i tagli.

Con il capitolo di spesa più alto della Legge di Bilancio 2025, la riduzione del cuneo fiscale e la rimodulazione delle aliquote IRPEF sono state rese strutturali per puntare a una riduzione permanente del peso delle imposte sul reddito da lavoro dipendente.

Dal punto di vista pratico, queste mosse si traducono in aumenti di stipendio che hanno un valore medio annuo di 730 euro per 21,8 milioni di lavoratrici e lavoratori dipendenti.

Il nuovo taglio interessa coloro che hanno un reddito di lavoro dipendente fino a 40.000 euro e tocca la componente fiscale, non quella contributiva, come accaduto fino allo scorso anno.

In particolare:

  • per chi resta sotto i 20.000 euro, gli aumenti in busta paga hanno la forma di un contributo da calcolare in base a diverse fasce di reddito;
  • oltre questo importo il bonus è rappresentato da una detrazione aggiuntiva sul lavoro dipendente pari a 1.000 euro all’anno, superata la soglia dei 32.000 euro decresce fino ad azzerarsi raggiunti i 40.000.
Taglio cuneo fiscale 2025 Tipologia di bonus Importo
Fino a 20.000 euro di reddito Contributo aggiuntivo in busta paga Importo da calcolare in base a diverse percentuali:

 

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■       7,1 per cento fino a 8.500 euro

■       5,3 per cento tra 8.500 e 15.000 euro

■       4,8 per cento tra i 15.000 e i 20.000 euro

Fino a 32.000 euro di reddito Detrazione aggiuntiva 1.000 euro
Fino a 40.000 euro di reddito Detrazione aggiuntiva Importo decrescente da 1.000 a zero euro

A ciò si aggiunga la nota tabella di aliquote e scaglioni IRPEF:

Aliquote IRPEF 2025 Scaglioni di reddito
23% fino a 28.000 euro
35% da 28.001 a 50.000 euro
43% da 50.001 euro

Come programmare premi e aumenti di stipendi del 2025?

Le tabelle sopra metteno in evidenza un aspetto importantissimo per le aziende: per lavoratrici e lavoratori dipendenti un piccolo aumento di stipendio lordo potrebbe non comportare un aumento (atteso) del corrispondente stipendio netto.

Si pensi al caso di un lavoratore dipendente con un reddito annuo lordo di 31.500,00 euro. L’azienda decide di aumentare questo importo a 33.000,00 euro per il solo 2025, corrispondendo un premio in termini di retribuzione annua lorda pari a 1.500,00 euro.

Tuttavia, così facendo, il lavoratore in questione perderà parte della detrazione aggiuntiva e si vedrà tassato con una maggiore IRPEF.

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Oppure al caso delle lavoratrici e dei lavoratori che si trovano intorno alla soglia dei 50.000 euro di reddito lordo annuo: un piccolo aumento potrebbe portare sulla terza e più alta aliquota, maggiore di 8 punti percentuali rispetto a quella precedente.

In casi come questi sopra l’azienda potrebbe valutare, invece e per esempio, di attribuire allo stesso lavoratore un fringe benefit in termini monetari pari a:

  • massimo 1.000 euro nel caso in cui il lavoratore considerato non abbia figli a carico;
  • massimo 2.000 euro nel caso in cui il lavoratore considerato abbia figli a carico.

Il fringe in questione consentirebbe al lavoratore di non vedersi tassato l’importo, che è totalmente detassato. L’importo stesso verrebbe erogato a titolo di rimborso per le spese sostenute per le utenze domestiche, l’eventuale costo dell’affitto o, se proprietario dell’abitazione con mutuo in corso, degli interessi passivi prima casa.

L’esempio sopra è chiaramente astratto e va sempre valutato caso per caso.

L’aspetto fondamentale che si vuole evidenziare tuttavia è il seguente: qualsiasi piano di avanzamento di carriera e qualsiasi piano di bonus aziendali previsto dall’azienda nel 2025 dovrà – per ragioni pratiche e di opportunità – considerare come la variabile fiscale impatterà sul destinatario. E ciò al fine di ottimizzare la scelta e fare in modo che ad un aumento dello stipendio lordo corrisponda un coerente aumento dello stipendio netto.

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