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Canoni di locazione non percepiti: cosa c’è da sapere


Nel contesto della dichiarazione dei redditi, uno degli aspetti da considerare con particolare attenzione è la gestione fiscale dei canoni di locazione non percepiti. Si tratta di una tematica che coinvolge sia persone fisiche che soggetti giuridici, con implicazioni diverse a seconda che l’immobile sia ad uso abitativo o non abitativo.

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La situazione si verifica quando, a fronte di un contratto di locazione ancora vigente nell’anno d’imposta, il canone non sia stato incassato. In assenza di specifiche condizioni previste dalla normativa, quel reddito resta comunque soggetto a tassazione.

Vediamo, quindi, quali sono le regole da applicare e le opzioni disponibili per neutralizzare l’impatto fiscale nei diversi scenari.

Per i locatori persone fisiche, la determinazione del reddito degli immobili è disciplinata dall’art. 37 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) che introduce due distinti principi: 

  • per gli immobili non locati, il reddito imponibile corrisponde al reddito medio ordinario attribuibile a ciascuna unità immobiliare, calcolato secondo i criteri catastali (art. 36, co. 1 TUIR) o, in alcuni casi, tramite stima diretta;
  • per gli immobili locati, se il canone annuo previsto dal contratto è superiore al reddito catastale, si assume come base imponibile il canone stesso, ridotto in modo forfetario del 5% (art. 37, co. 4-bis TUIR).

È importante sottolineare che, secondo il testo della norma, ciò che rileva ai fini fiscali è il canone risultante dal contratto di locazione, indipendentemente dal fatto che sia stato effettivamente percepito, in tutto o in parte. In altri termini, la tassazione scatta anche in assenza di incasso.

Tuttavia, l’art. 26 del TUIR introduce un’importante distinzione in funzione della destinazione dell’immobile:

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  • immobili a uso abitativo: i canoni non incassati cessano di essere imponibili dal momento in cui il locatore notifica all’inquilino un’intimazione di sfratto per morosità o un’ingiunzione di pagamento. Questa semplificazione è in vigore dal 2020 grazie al D.L. 34/2019 (cosiddetto “Decreto Crescita”), che ha anticipato il momento della detassazione rispetto alla precedente formulazione normativa, la quale richiedeva l’efficacia esecutiva dello sfratto. Il beneficio è rilevante, poiché consente di evitare la tassazione per l’intera durata – spesso non breve – della procedura.
  • immobili a uso diverso dall’abitativo: in questo caso continua ad applicarsi la regola generale secondo cui i redditi fondiari concorrono alla formazione del reddito complessivo indipendentemente dalla percezione, finché il contratto risulta vigente. La detassazione dei canoni, pertanto, decorre solo dal momento in cui lo sfratto diventa esecutivo, ossia dalla convalida del provvedimento.

Nel regime del reddito d’impresa, la tassazione dei proventi derivanti da contratti di locazione è regolata dall’art. 109, comma 2, lettera b) del TUIR. La norma stabilisce che i corrispettivi maturati in forza del contratto concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio di competenza, indipendentemente dal fatto che siano stati incassati o meno.

Questo principio generale trova alcune precisazioni nei casi di immobili non strumentali né merce. In particolare, l’art. 90, comma 1, TUIR prevede che:

  • se tali immobili sono locati, il reddito imponibile è rappresentato dal canone contrattuale, al netto delle spese di manutenzione ordinaria documentate e rimaste a carico dell’impresa, con un limite massimo del 15% del canone stesso;
  • il comma 2 dello stesso articolo esclude la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi riferibili a questi immobili (definiti “patrimonio”), fatta eccezione per gli interessi passivi legati a eventuali finanziamenti per l’acquisto.

Queste disposizioni chiariscono i limiti alla deducibilità dei costi, ma non incidono sul principio di fondo: il reddito da locazione si considera maturato per tutta la durata del contratto, indipendentemente dall’effettivo incasso.

Per questo motivo, tanto per le imprese quanto per i privati, l’unica strada per evitare l’imposizione su canoni non percepiti è rappresentata dall’interruzione formale degli effetti del contratto. Solo così è possibile escludere quei redditi dalla base imponibile.

Al riguardo, ciò che spesso si ignora (o quantomeno si sottovaluta) è che non si ha a disposizione soltanto il provvedimento giudiziale di sfratto per morosità (ex art. 658 e ss. c.p.c.) ma esistono diverse altre possibilità che consentono di giungere allo stesso risultato (evitare la tassazione dei canoni non percepiti) in tempi decisamente più brevi e senza dovere ricorrere al Giudice.

 

Vediamo di quali strumenti stiamo parlando: 

  • Diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.): il locatore intima al conduttore di sanare la morosità entro un termine congruo, decorso il quale, in assenza di pagamento, il contratto si considera risolto;
  • Clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.): se prevista nel contratto, consente di risolvere il rapporto in caso di inadempimento, a seguito della comunicazione scritta con cui il locatore dichiara di volersene avvalere;
  • Richiesta di rilascio a fine locazione (art. 1596 c.c.): alla scadenza naturale del contratto, il locatore può richiedere la restituzione dell’immobile senza necessità di avviare azioni giudiziarie.

Perché la risoluzione del contratto abbia efficacia anche sul piano fiscale, sia essa ottenuta tramite sfratto per morosità o attraverso strumenti alternativi, è indispensabile procedere con la registrazione dell’atto, come previsto dagli articoli 3 e 17 del DPR 131/1986.

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Solo in questo modo la cessazione del rapporto può essere opponibile al Fisco. In assenza di registrazione, o in caso di adempimento tardivo, il contratto continua a produrre effetti fiscali e i canoni non percepiti restano soggetti a tassazione.

Per completezza, è utile ricordare che le persone fisiche possono, in presenza di una convalida di sfratto, accedere a un credito d’imposta pari alle imposte versate sui canoni non percepiti. Vanno inoltre considerati altri profili, come la tassazione dei canoni riscossi successivamente o delle indennità per occupazione senza titolo.

Tuttavia, l’aspetto davvero rilevante è un altro: il risparmio fiscale si ottiene, nella maggior parte dei casi, agendo per tempo.
Avere consapevolezza degli strumenti normativi, dei tempi e degli adempimenti necessari è il modo più efficace per tutelare i propri interessi ed evitare oneri impropri.

In Vitale Associati affianchiamo imprese e privati con una visione proattiva per trasformare ogni criticità in un’opportunità di gestione consapevole.

 



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