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intesa Stato-Regioni su poteri sostitutivi


In un articolo pubblicato alcuni giorni fa sono intervenuto sulle problematiche connesse al ritardo nell’approvazione dei provvediment i attuativi del Decreto liste di attesa nella sanità.

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Tra questi, avvertivo, innanzitutto il mancato accordo con le Regioni sul decreto relativo ai poteri sostitutivi.

Ne è scaturita un’impasse durata diversi mesi, con picchi di scontro istituzionale molto alti, che ora sembrerebbero superati dalle decisioni assunte nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 12 giugno.

Ricostruiamo allora quanto accaduto e gli esiti.

I motivi dello scontro Stato-Regioni

Il principale oggetto del contendere è stata l’istituzione di un Organismo operante alle dirette dipendenze del Ministro della salute, abilitato a svolgere attività di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria regionale, con autorità sostitutiva nei confronti degli Enti territoriali in caso di inadempienze (art. 2, comma 6, della legge n. 73/2024).

Sin da subito le Regioni hanno mal digerito questa sorta di commissariamento, soprattutto per la carenza di indicatori puntuali che ne definissero con certezza i criteri, la durata dei poteri sostitutivi e le condizioni per determinarne la fine.

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L’apice della dialettica si era avuto nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 17 aprile 2025 allorché, fallita anche la richiesta di un rinvio, la proposta del Governo venne respinta all’unanimità per la «mancanza di elementi fondamentali e di bilanciamento per l’esercizio del potere sostitutivo».

Una contrapposizione netta e trasversale agli schieramenti politici, considerato che pure Presidenti del centrodestra avevano attaccato il provvedimento, in particolare quanti palesemente infastiditi da questa torsione centralistica, avendo da sempre fatto dell’autonomia regionale il loro cavallo di battaglia.

Le dichiarazioni dei Presidenti leghisti Fontana e Zaia

Così Fontana, Presidente della Lombardia, dichiarava che «se davvero dovesse essere approvato un provvedimento di questo tipo, penso che faremo sentire la nostra voce al ministro della Sanità, per spiegare che come Conferenza delle Regioni pretendiamo che vengano rispettati i diritti che le amministrazioni regionali hanno. Mi riferisco, in particolare, a quello di poter gestire, con autonomia, la sanità che è materia concorrente».

O ancora il suo collega veneto Zaia, che in due diverse occasioni ha prima affermato che «Il percorso per migliorare la sanità va fatto in sinergia tra Regioni e Governo. […] Ma la soluzione messa in campo lascia perplessi: illude i cittadini che arrivi da Roma un super ispettore a risolvere il problema, quando all’origine delle code c’è ben altro. Se il decreto andrà avanti sono pronto a ricorrere alla Corte costituzionale». E poi ancora «[…] non può passare l’idea che la nomina di un commissario risolva i problemi. Perché allora vorrebbe dire che siam tutti degli allochi, dei pirla, che non siamo in grado di fare il nostro mestiere».

Ovviamente ne sono seguite anche altre per abbassare i toni nei confronti di un Governo comunque amico, ma l’obiettivo di stoppare la proposta di d.P.C.M. era chiaro visto che, se da un lato la procedura consentiva ancora

ulteriori 30 giorni per trovare una conciliazione, dall’altro l’esecutivo avrebbe potuto proseguire nell’approvazione del decreto con delibera motivata, anche senza accordo.

L’Intesa raggiunta nella Conferenza Stato-Regioni del 12 giugno

Già all’indomani della rottura, il ministro Schillaci aveva provato a gettare acqua sul fuoco, chiarendo in una nota che

«I poteri sostitutivi rappresentano una soluzione estrema in caso di gravi inadempienze fermo restando l’auspicio di tutti che a prevalere siano le buone pratiche. […] Sono una garanzia in più a tutela del diritto alla salute dei cittadini, non un’ingerenza nelle competenze delle Regioni. Negare a priori questa possibilità rischia di apparire più come volontà di sottrarsi a qualsiasi forma di controllo che di difendere l’autonomia regionale».

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Ora è notizia che, dopo un ulteriore periodo di febbrili trattative, finalmente l’Intesa è stata sancita nella Conferenza Stato-Regioni del 12 giugno.

In accoglimento delle osservazioni che erano state avanzate dalle Regioni, la nuova formulazione ha chiarito meglio il perimetro dell’esercizio del potere sostitutivo, evitando automatismi e tutelando l’autonomia regionale.

Esso può scattare solo a fronte di gravi inadempienze, in riferimento a singoli atti o provvedimenti, ritenute

necessarie all’obiettivo di abbattimento delle liste d’attesa. Inoltre, è stata definita una tempistica certa, sia per la fase di contradditorio tra Ministero della Salute e Regioni sia per quella di esecuzione.

I contenuti del nuovo decreto ministeriale sui poteri sostitutivi

Il testo, composto da cinque articoli, è ispirato ai princìpi di trasparenza dell’azione amministrativa e leale collaborazione tra Stato e Regioni. L’Organismo ministeriale interviene in presenza di:

  • mancata nomina del Responsabile unico regionale dell’assistenza sanitaria (RUAS)
  • il RUAS o le Regioni non svolgano i compiti affidati dalla legge
  • inadempienze sugli obiettivi definiti

Ma, prima che ciò possa avvenire, è lasciato spazio a una fase di confronto.

L’Organismo, infatti, dovrà innanzitutto fare una segnalazione delle criticità riscontrate alla Regione monitorata e al Ministero della Salute, concedendo un primo termine di 30 giorni per eventuali controdeduzioni.

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Per di più, in assenza di risposte o se queste fossero ritenute insufficienti, si concederà un secondo termine (60 o 90 giorni) per soddisfare le richieste.

Solo a fronte di ulteriore inadempienza, potranno essere adottati direttamente i provvedimenti necessari o indicate alla Regione le linee operative da seguire, verificando successivamente che vengano attuate.

Tutte le attività svolte con i poteri sostitutivi dovranno essere documentate in una relazione, da inviare alla Regione inadempiente e al Ministero riportando le verifiche svolte, il dettaglio delle spese sostenute e il supporto fornito dai Carabinieri del NAS (Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma).

Le altre misure introdotte

Entro il 10 gennaio di ogni anno, l’Organismo dovrà redigere una relazione generale sulle attività svolte nell’anno precedente.

Viene istituita una Piattaforma nazionale delle liste di attesa, per monitorare il rispetto delle priorità indicate sulla ricetta. I CUP saranno tenuti a comunicare ai cittadini le tempistiche, sia del pubblico che dei privati accreditati.

Nel decreto è prevista una clausola di invarianza finanziaria, per cui tutte le attività in esso contenute dovranno essere svolte con le risorse già disponibili, cioè senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

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Queste le ultime novità. Vedremo nei prossimi mesi se l’Intesa siglata con le Regioni consentirà lo sblocco dell’intero pacchetto attuativo del Decreto liste d’attesa; ma soprattutto se le misure approntate saranno davvero in grado di dare risposta alle reali esigenze di cura delle persone, garantendo il pieno rispetto del diritto universale alla salute sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione.



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