Rapporto Symbola‑Unioncamere: manufattura forte, Sud debole
Imprese umbre coesive brillano – Nel rapporto “Coesione è competizione” di Symbola‑Unioncamere, l’Umbria si segnala come terreno fertile per imprese coesive ma emerge come realtà ancora poco valorizzata a livello nazionale. Il documento rileva una performance positiva del settore manifatturiero regionale, con quasi il 40% delle aziende classificate come coesive, posizionando la regione all’11ª posizione su venti per questo indicatore. La manifattura umbra supera regioni come Lazio e Marche e si avvicina alla Toscana. Tuttavia, nonostante questi dati confortanti, la natalità imprenditoriale rimane uno dei principali limiti: l’Umbria è al 17º posto per nuove aziende avviate, penalizzando soprattutto i giovani.
Imprese umbre coesive brillano
Il peso delle imprese coesive all’interno del totale manifatturiero italiano, cresciuto al 44% nel 2024 (dal 32% del 2018), colloca l’Umbria in una posizione relativamente buona, rappresentando circa il 2% delle imprese coesive italiane, con un PIL regionale pari al 1,4‑1,5% di quello nazionale. Questo rapporto evidenzia quindi una propensione superiore alla media, benché poco riconosciuta e poco supportata da politiche mirate.
La geografia regionale mette in luce un’ulteriore spaccatura: le province di Perugia e zone settentrionali presentano un tessuto relazionale dinamico con numerose reti locali, mentre il Sud — in particolare Terni e aree industriali circostanti — mostra segnali di deindustrializzazione, scarsa coesione associativa e imprenditoriale. Ricomporre questa frattura interna è considerata la vera sfida per trasformare l’Umbria in un modello di coesione economica.
Imprese umbre coesive brillano
Sul fronte della sostenibilità ambientale e del capitale sociale, l’Umbria supera la media nazionale in raccolta differenziata, accesso alle biblioteche, partecipazione civica e fiducia fra cittadini, segnalando un patrimonio sociale vivo soprattutto nei piccoli centri. Tali risorse rappresentano un potenziale che potrebbe alimentare lo sviluppo delle imprese più avanzate ed aperte al territorio.
Tuttavia il valore aggiunto pro capite — indicatore della produttività economica e del benessere — pone l’Umbria al 13º posto tra le venti regioni, con una performance distante dalle regioni del Nord più coesive. I dati del rapporto rivelano una correlazione diretta fra livelli di coesione e produttività: i territori con imprese coesive arrivano a generare fino a 38.000 euro pro capite, contro i 28.000 delle aree meno relazionate.
La proposta strategica del documento non consiste nel creare ex novo un tessuto sociale, bensì nell’attivarlo: valorizzare le reti già esistenti, favorire sinergie tra scuole, università, imprese, amministrazioni e terzo settore. Il volontariato organizzato, seppure sotto la media nazionale, è affiancato da una partecipazione civica ampia e trasversale.
Come leva di azione, il rapporto segnala cinque indirizzi operativi: intensificare i rapporti tra imprese e mondo della formazione e del terzo settore; riconoscere in modo fiscale le imprese coesive; concentrare investimenti sul Sud regionale; diffondere in modo organico le best practice già esistenti; puntare su settori emergenti quali economia green, turismo lento e manifattura di qualità.
Il cuore del messaggio è chiaro: la coesione non è solo un valore sociale, ma una leva industriale e strategica. L’Umbria possiede già gli elementi per diventare un laboratorio economico di primo piano, ma finora resta troppo spesso invisibile nel racconto nazionale, con le sue imprese solide, sostenibili e territorialmente radicate.
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