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La pubblicità su WhatsApp viola DMA e GDPR: una partita sulla sovranità digitale UE


Meta ha svelato l’arrivo della pubblicità su WhatsApp, l’app di messaggistica che contava già nel 2024 circa 2,8 miliardi di utenti unici nel mondo. 

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La popolare app di chat della galassia del gruppo di Mark Zuckerberg sta per esporre annunci di advertising per monetizzare un’audience che nel 2025 potrebbe superare il giro di boa dei 3 miliardi di utenti.

Ma questa decisione della società di Menlo Park disattende gli obblighi sia del Digital Markets Act (DMA), il Regolamento Ue 2022/1925 sui mercati digitali, sia del GDPR, come ricorda la Commissione europea.

“Quanto annunciato da Meta, anzitutto, rischia di inserirsi nelle tensioni transatlantiche già alle stelle: la Casa Bianca ha bollato le recenti sanzioni DMA da 700 milioni di euro già inflitte ad Apple e Meta come una forma di estorsione economica, di dazio mascherato“, commenta Andrea Michinelli, avvocato ed esperto di privacy.

“In questo clima, l’eventuale procedura europea DMA contro gli annunci su WhatsApp non sarà solo un tema di privacy e antitrust: diventerà un contributo della più ampia partita per la sovranità digitale, irrigidendo le posizioni su entrambe le sponde dell’Atlantico, riducendo gli spazi per un compromesso soft e aumentando il rischio di sanzioni e di ritorsioni commerciali”, continua l’analista.

Ecco cosa implica questa mossa per la privacy e per il clima avvelenato fra Usa e Ue in tema di dazi e direttive europee.

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Meta annuncia la pubblicità su WhatsApp: perché non è conforme al Dma

La visualizzazione delle inserzioni advertising avverrà soltanto nella scheda Aggiornamenti dell’applicazione mobile (compresi Status e Canali pubblici, affini alle storie di Instagram), che ogni giorno conta 1,5 miliardi di utenti. Meta ha affermato che gli annunci pubblicitari non appariranno nelle chat personali.

Tuttavia, il punto saliente non è dove si vedranno gli annunci, ma la modalità d’uso dei dati personali per personalizzare i messaggi mirati.

“L’esperienza di messaggistica personale su WhatsApp non cambia e i messaggi, le chiamate e gli stati personali sono crittografati end-to-end e non possono essere utilizzati per mostrare annunci”, ha spiegato WhatsApp in un post sul blog lunedì.

Da queste frasi si evince che WhatsApp sfrutterà solo dati generici, per assicurare il rispetto della privacy degli utenti. Dunque dati superficiali, anche per ottemperare all’adozione della crittografia end-to-end delle conversazioni.

Già un anno fa, la Commissione europea era intervenuta criticando la scelta in quanto non è conforme al Digital Markets Act.

Inoltre, al fine di limitare le pratiche anticoncorrenziali, lo scorso aprile la Commissione europea ha sanzionato Apple e Meta, per violazione della protezione della concorrenza e dell’accesso equo alle piattaforme digitali. Già in quell’occasione, Teresa Ribera, vicepresidente esecutivo per la Transizione pulita, giusta e competitiva, ricordava a “tutte le aziende che operano nell’Ue” l’obbligo di “seguire le nostre leggi e rispettare i valori europei”.

Venendo infatti al business model che ora Meta vuole introdurre anche in Whatsapp, “il 23 aprile 2025 Bruxelles ha già multato Meta per 200 milioni di euro perché il modello ‘Pay or OK’ su Facebook e Instagram non offriva una scelta ‘effettiva’ sull’uso dei dati, pur prevedendo oggi un’opzione a pagamento giudicata poi eccessiva”, spiega Michinelli: “L’introduzione degli annunci in WhatsApp appare come un tentativo di riproporre, sotto altra veste, lo stesso schema: pagare ‘in privacy’ l’utilizzo del servizio“.

Il nuovo modello di annunci è stato subito bollato da NOYB (cioè Max Schrems) come “consenso forzato camuffato”, in un contesto di crescente attenzione al surveillance advertising; tutto questo può accelerare un procedimento formale di non-conformità.

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Pubblicità su WhatsApp: cosa dicono DMA e GDPR

Riguardo all’iniziativa annunciata “dal gatekeeper Meta (una sorta di pesante integrazione di Whatsapp negli altri servizi aziendali, specie del modello di sfruttamento dei dati personali a fini commerciali)”, continua Andrea Michinelli, “l’art. 5.2 DMA è chiarissimo: niente commistione di dati tra servizi – né cross-use degli stessi – salvo consenso valido ai sensi del GDPR. E il gatekeeper non può riproporre la stessa richiesta per un anno se l’utente dice no. Il divieto tutela la contendibilità del mercato (evita il lock-in) e un interesse tipicamente consumeristico: poter usare un servizio di messaggistica senza pagare ‘in dati’. Se le inserzioni sfruttano – come pare – segnali raccolti anche da Facebook e Instagram, senza consenso ma, al massimo, con possibile opt-out, Meta ricade esattamente nella condotta che il legislatore voleva impedire per tutelare la libertà di scelta e la concorrenza. Oltretutto, è evidente che si tratta di uso di dati di profilazione, per direzionare annunci mirati al target utenti sulla base di comportamenti e altre caratteristiche”.

Consent or Pay: cosa stabilisce l’EDPB

Ma vediamo che cos’è un consenso valido. “Secondo l’EDPB, nell’Opinion 08/2024 sui modelli ‘consent-or-pay’, spiega che di regola la scelta binaria ‘dati o abbonamento’ non è ‘libera’ né ‘granulare’ per un grande social network”: “, sottolinea Michinelli: “servono alternative terze, gratuite, senza pubblicità comportamentale e senza penalità economiche o funzionali. Se il consenso non è libero secondo il GDPR, latita anche il presupposto che il DMA invoca per combinare i dati”.

Peraltro nel 2024 l’EDPB ha avviato con la Commissione un tavolo di lavoro per “una lettura coerente tra DMA e GDPR”, secondo Michinelli, proprio per evitare che il gatekeeper usi l’uno per “dribblare” l’altro.

Infatti, “già nel 2021 l’EDPB temeva ‘frammentazione di tutele’ e chiedeva che la nuova regolazione digitale rafforzasse – non erodesse – i diritti fondamentali e la supervisione integrata tra autorità. In una parola, DMA e GDPR non sono norme concorrenti, sono complementari“, evidenzia Moichinelli, “la prima protegge il mercato e la scelta del consumatore, la seconda i suoi dati personali. Se Meta non armonizza entrambi i livelli di tutela, le sue pubblicità su WhatsApp rischiano di restare al palo – o di incorrere in maxi-sanzioni”.

Pubblicità su WhatsApp: l’impatto per la nostra privacy

WhatsApp userà i seguenti dati per inserire la pubblicità sugli Aggiornamenti:

  • lingua con cui l’utente ha configurato l’app sul proprio device;
  • Paese e città (posizione approssimativa);
  • canali che l’utente segue nella sezione Aggiornamenti, previa iscrizione;
  • come l’utente interagisce con annunci e contenuti presenti nella sezione Aggiornamenti (per esempio, se si effettua il click su un’inserzione pubblicitaria o si è iscritti a un canale).

Inoltre, Meta garantisce che rimarranno privati i numeri di telefono degli utenti e gli inserzionisti non potranno accedervi.

La società assicura che non sfrutterà chat, chiamate ed aggiornamenti di stato per personalizzare gli annunci e che resterà la crittografia end-to-end a proteggere le conversazioni sull’app di messaggistica.

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Gli annunci infine non appariranno all’interno delle chat private, ma solo nella sezione Aggiornamenti.

La critica di Noyb

L’attivista per la privacy Max Schrems che guida il Centro europeo per i diritti digitali (noyb) ha dichiarato che il metodo “Pay or Okay” di Meta obbliga gli utenti a optare fra privacy e convenienza, ma fa “esattamente l’opposto” e va agli antipodi “di quanto richiesto dalla legge europea”.

“I dati delle sue varie piattaforme vengono collegati e gli utenti vengono tracciati per la pubblicità senza alcuna scelta reale. Senza un consenso libero, collegare i dati e mostrare pubblicità personalizzata è chiaramente illegale”, ha messo in chiaro l’attivista del Noyb che ha promesso di analizzare le attività di Meta, avviando eventualmente “procedure contro la società ‘se necessario’”.

Prospettive future

Meta, che ha aperto l’anno fiscale 2025 con una trimestrale solida e previsioni migliori del previsto sui conti del secondo trimestre, vuole avvalersi di un nuovo flusso di entrate. Ha chiuso il trimestre ad aprile, con utili pari a 5,23 dollari per azione su un fatturato di 41,34 miliardi di dollari, ma, nonostante il successo degli smart glass con AI e Meta AI, il futuro è incerto e ora punta ad avvalersi dei miliardi di utenti del servizio di messaggistica.

Con questo annuncio, Meta infrange la promessa dei fondatori, Jan Koum e Brian Acton, di mantenere la piattaforma senza advertising fin dal debutto nel 2009 (e poi acquisita da Facebook nel 2014).

WhatsApp ha infatti compiuto quindici anni nel febbraio 2024 e da tempo Meta cerca nuove modalità per monetizzare la popolarità della sua app di messaggistica. Però ancora una volta la società della galassia di Facebook ed Instagram scivola sul Dma e Gdpr.

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“Per rimanere in pista in Europa”, secondo Andrea Michinelli, “Meta dovrebbe:

  • dimostrare che gli annunci non combinano dati tra più servizi senza un consenso separato, libero e revocabile;
  • offrire agli utenti un vero “opt-out” gratuito, oppure una versione a pagamento “ragionevole” che non configuri abuso di posizione gatekeeper;
  • aggiornare l’informativa privacy e le impostazioni di Accounts Center prima del roll-out”.

“Se questi correttivi non arriveranno, è verosimile un nuovo procedimento ex art. 29 DMA, con sanzioni e possibili rimedi strutturali (fino all’obbligo di separare i dataset)”, conclude Michinelli.



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