AGIPRESS – Roma, 17 giugno 2025 – Secondo le stime presentate per la prima volta in questo Rapporto, nel 2024 il valore dell’output della
Bioeconomia, intesa come insieme di attività che utilizzano materie prime di origine biologica e rinnovabile, si è
attestato a 3.042 miliardi di euro nell’UE27. Si tratta dell’8,7% del totale economia, occupando oltre 17 milioni di
addetti.
• In Italia, la Bioeconomia ha generato nel 2024 un output pari a 426,8 miliardi di euro, in sostanziale stabilità rispetto
al 2023 a prezzi correnti (-0,4%): sintesi del buon andamento della filiera agro-alimentare e del calo registrato in
alcuni comparti di forte specializzazione italiana come la moda, i prodotti in legno ed i mobili.
• La Bioeconomia in Italia rappresenta circa il 10% del valore della produzione complessiva ed il 7,7% considerando
l’occupazione. L’Italia risulta specializzata in questo meta-settore, rappresentando il 14% dell’UE27, una
percentuale superiore rispetto a quella che si osserva per il totale delle attività economiche (12,4%).
• L’analisi del panorama europeo evidenzia una maggiore rilevanza della Bioeconomia per i paesi del Mediterraneo
(10,3%) e nei paesi Nordici (9,7%). Il dettaglio settoriale evidenzia come in tutte le aree considerate la filiera
agroalimentare rappresenti oltre la metà del valore della Bioeconomia. Nel Sistema Moda bio-based spiccano i
paesi dell’area Mediterranea, influenzati dall’Italia, mentre nei comparti del legno e mobili bio-based, e nella carta
emergono i paesi Nordici.
• Il segmento dei prodotti in plastica bio-based, pur con un peso ancora limitato nella maggior parte dei paesi
europei, presenta un elevato potenziale di crescita, in particolare per quanto riguarda il packaging, tassello chiave
per uno sviluppo sostenibile in ottica circolare.
• Una indagine condotta presso 171 imprese clienti di Intesa Sanpaolo attive nel settore della produzione di
imballaggi in plastica, conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano: quasi la
metà delle imprese intervistate utilizza già input di origine naturale e di queste circa il 40% presenta un peso
superiore al 30% di tali materie prime. Si tratta di imprese fortemente vocate all’innovazione, che hanno scelto di
utilizzare materie prime bio-based spinte soprattutto da motivi di competitività e di richieste del mercato. In
prospettiva, il 23% delle aziende che non utilizzano materie prime bio-based intende introdurre tali input nei propri
processi produttivi, mentre ben il 68% delle imprese che utilizzano input bio-based in maniera marginale
dichiarano di voler ampliare l’utilizzo di tali risorse.
• La Bioeconomia, sintesi di produzioni tradizionali, fortemente radicate a livello locale, e di innovazioni di frontiera,
rappresenta una opportunità straordinaria di sviluppo inclusivo delle Aree Interne, ovvero quei territori con minore
accesso ai servizi essenziali, in particolare nel Mezzogiorno. Tali aree, secondo l’analisi condotta da SRM (Studi
e Ricerche per il Mezzogiorno) e pubblicata nel Rapporto, posseggono un capitale ecologico e produttivo che le
rende naturalmente vocate a sostenere la transizione verso la bioeconomia. La ricchezza in biodiversità, la
prevalenza di colture stabili, la diffusione di pratiche biologiche, la presenza di sistemi agro-silvo-pastorali
integrati e la relativa assenza di agricoltura intensiva configurano questi territori come aree strategiche per l’Italia,
non solo in termini produttivi, ma soprattutto come custodi di servizi ecosistemici e innovazione sostenibile.
• Per innescare un cambiamento duraturo è necessario un salto di qualità nelle politiche pubbliche, sia in Italia che
a livello europeo, dove la Commissione, nel Clean Industrial Deal, ha riconosciuto il carattere strategico della
Bioeconomia come pilastro fondamentale lungo la strada della costruzione di un sistema economico e produttivo
competitivo e sostenibile. La revisione della Bioeconomy Strategy, attesa per la fine del 2025, potrà rappresentare
un passo importante per promuovere le potenzialità dei materiali bio-based e ridurre le dipendenze dall’estero
È stato presentato oggi a Roma, ospiti dell’Università Luiss – Guido Carli, il Rapporto
“La Bioeconomia in Europa”
, redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster
SPRING. A questa edizione del rapporto ha contribuito anche SRM (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno).
Il Rapporto è arrivato all’undicesima edizione e si conferma un punto di riferimento per gli operatori e i policy
maker, fornendo una quantificazione del complesso insieme di settori che utilizzano materie prime di origine
biologica rinnovabile e spunti di riflessione sugli sviluppi di uno dei pilastri dell’inevitabile percorso di transizione
verso modelli di produzione e consumo più sostenibili.
Dopo l’apertura, a cura di Mario Bonaccorso, Direttore del Cluster SPRING e i saluti istituzionali di Stefano
Manzocchi, Prorettore per la Ricerca Università LUISS Guido Carli e di Roberto Gabrielli – Direttore Regionale
Lazio e Abruzzo Intesa Sanpaolo, Laura Campanini, Serena Fumagalli e Stefania Trenti, del Research
Department di Intesa Sanpaolo, hanno presentato i principali contenuti del Rapporto. È seguita una tavola
rotonda che ha visto la partecipazione di Claudio De Vincenti, Presidente Onorario Fondazione Merita e Luiss,
Vito Grassi, Amministratore delegato Graded SpA e Presidente ALuiss, Giulia Gregori, Responsabile Corporate
Strategy Implementation & Engagement Novamont, Amedeo Lepore, Professore ordinario di Storia economica
e Luigi Galimberti, Federchimica – Assobiotec.
Stefania Trenti, Responsabile Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo, ha commentato
“L’ampliamento dell’analisi della Bioeconomia all’UE 27, presentata nell’undicesimo Rapporto, è sicuramente un
importante passo avanti nel comprendere la rilevanza di questo meta-settore in Europa. In considerazione anche
della nuova revisione della Strategia europea, avere stime aggiornate per i diversi paesi europei costituisce un
utile strumento per fare scelte di policy mirate. La Bioeconomia si conferma un settore rilevante per l’economia
italiana, rappresentando un’occasione per la crescita e lo sviluppo sostenibile anche delle aree Interne, territori
marginali a rischio di spopolamento. Ma la Bioeconomia può rappresentare un’occasione per innovare anche per
settori altamente competitivi come quello del packaging in plastica. L’originale indagine su imprese attive in questo
settore, presentata nel report, conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano
grazie all’impegno di imprese fortemente innovative e proattive di fronte alle sfide del mercato”
.
Catia Bastioli, Presidente Cluster SPRING, afferma: “In un contesto globale profondamente trasformato, la
Bioeconomia si conferma una leva strategica per coniugare sostenibilità ambientale, competitività industriale e
coesione territoriale. È ora necessario che l’Europa riconosca pienamente il contributo dei prodotti bio-based alla
transizione ecologica, integrandoli nel quadro legislativo e regolatorio europeo. Occorrono azioni concrete:
introdurre sottocodici NACE per le bioraffinerie, valorizzare il contenuto bio-based nei prodotti, e promuovere una
nuova Lead Market Initiative dedicata al settore. SPRING, attraverso il proprio impegno nella EU Bioeconomy
Clusters’ Alliance – che oggi riunisce 14 cluster di 11 Paesi – lavora attivamente per costruire sinergie europee e
rafforzare un ecosistema capace di scalare l’innovazione sul territorio. Insieme a partner provenienti da tutta
Europa collaboriamo in numerosi progetti europei, tra cui Terrific e BioinSouth, e alla partnership pubblico- privata
del Bio-based Industries Consortium, promuovendo una visione industriale della bioeconomia, fondata
sull’integrazione delle filiere, sull’efficienza delle risorse e sullo sviluppo di modelli produttivi più
resilienti.Trasformare la Bioeconomia in una vera e propria strategia industriale europea è fondamentale per
garantire prosperità duratura, autonomia strategica e benessere condiviso.”
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