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Le ragioni della resilienza dell’economia Usa




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Ultim’ora news 17 giugno ore 9


L’economia Usa ha iniziato il secondo trimestre con una forza inaspettata. Secondo il modello GdpNow della Fed di Atlanta, la produzione sta crescendo a un ritmo annualizzato del 2,5%. Le indagini sul sentiment delle imprese e dei consumatori sembrano essersi stabilizzate, se non addirittura leggermente migliorate. Il Citigroup Economic Surprise Index è tornato positivo dopo aver trascorso gran parte degli ultimi tre mesi in territorio negativo.

Anche l’inflazione ha registrato un calo ad aprile, smentendo le aspettative. Tutto ciò è degno di nota, vista la recente raffica di dazi, inversioni di rotta politiche, accordi e l’incertezza persistente che grava sulle imprese e sulle famiglie.

L’accordo fra Stati Uniti e Cina

Cosa spiega questa resilienza? Un fattore chiave è l’accordo raggiunto a Ginevra tra Stati Uniti e Cina, che ha portato a una forte riduzione delle tariffe bilaterali. Ciò ha alleviato i timori degli «scaffali vuoti» e della recessione negli Stati Uniti. Ha inoltre rappresentato un segnale che l’amministrazione riconosce il danno economico che un rapido disaccoppiamento dalla Cina potrebbe causare. Di conseguenza, alle imprese è stata concessa una certa visibilità.

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Gli investitori, a torto o a ragione, sembrano aspettarsi che la sospensione di 90 giorni dei cosiddetti dazi «reciproci», in scadenza quest’estate (il 9 luglio per la maggior parte dei Paesi e il 14 agosto per la Cina), venga prorogata. Si prevede quindi che l’aliquota tariffaria effettiva degli Stati Uniti rimarrà vicina al livello attuale del 14% circa, anziché risalire. La ripresa dei mercati azionari ha ulteriormente sostenuto il sentiment dei consumatori.

Un altro motivo alla base della recente forza risiede nel comportamento determinato dai dazi stessi. Le aziende hanno anticipato gli ordini per anticipare i dazi previsti e le famiglie hanno anticipato gli acquisti di beni durevoli, come le automobili. Nel frattempo, l’indebolimento del dollaro offre un modesto sostegno agli esportatori, mentre il calo dei prezzi dell’energia sta sostenendo i redditi reali e i consumi. Tuttavia nulla di tutto ciò suggerisce che i dazi e l’incertezza siano innocui. Indicatori qualitativi, come l‘Ism e le indagini regionali della Federal Reserve sul settore manifatturiero, segnalano un aumento dei costi di input.

Margini in discesa

I prezzi alla produzione (che misurano i prezzi che i produttori ottengono per i loro prodotti) sono diminuiti dello 0,5% su base mensile ad aprile, ma ciò è dovuto in gran parte al forte calo dei margini dei servizi, in particolare al calo dell’1,6% dei servizi commerciali.

I margini nel commercio all’ingrosso di macchinari e veicoli sono diminuiti del 6,1%, riflettendo le segnalazioni aneddotiche secondo cui i concessionari automobilistici vendono le scorte pre-dazi ai prezzi precedenti all’introduzione dei dazi. Questa situazione potrà continuare solo fino all’esaurimento delle vecchie scorte. A quel punto, l’impatto dei dazi dovrebbe manifestarsi in modo più evidente sui prezzi al consumo. Infatti, secondo indicatori in tempo reale come Truflation, l’inflazione è aumentata di 75 punti base nel solo mese di maggio.

Il mercato del credito

Come previsto, l’elevata incertezza politica ha iniziato a incidere anche sulle condizioni finanziarie. Il premio a termine sui titoli del Tesoro a 10 anni, misurato dalla Fed di New York, è salito di 60 punti base da aprile, raggiungendo il massimo degli ultimi 10 anni. Inoltre, l’ultimo Senior loan officer survey della Fed rivela che le condizioni di credito alle imprese si sono inasprite negli ultimi tre mesi.

Ciò implica una nuova contrazione dell’impulso creditizio, che di solito preannuncia un indebolimento degli investimenti e della spesa per beni durevoli. L’aumento dei dazi e l’incertezza politica potrebbero esercitare un freno più visibile sull’attività economica nei prossimi mesi. (riproduzione riservata)

*international economist

di J. Safra Sarasin

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