Tagli alla spesa pubblica: motosega o bisturi?

Un Governo politico, che ha ricevuto un forte mandato elettorale, deve ottemperare al programma sottoscritto con gli elettori che gli hanno conferito la loro fiducia con il voto. Sappiamo che “la politica è l’arte del possibile” e quindi non sempre, chi governa, può rispettare pedissequamente quanto promesso al corpo elettorale per ragioni interne “il forte debito pubblico” e per vincoli esterni legati all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, al sistema della moneta unica e alla Nato. Nella prima metà della legislatura, l’Esecutivo di centrodestra ha saputo fare i compiti a casa. I risultati positivi conseguiti, in economia e in politica estera, nei primi 30 mesi di Governo, nelle condizioni date, sono significativi. Riuscire, senza strappi sociali, a: sistemare i conti pubblici devastati dalle politiche scellerate dei super bonus e del reddito di cittadinanza, migliorare il rating sul nostro debito sovrano rendendo meno oneroso la gestione del servizio del debito, ridurre ai minimi storici la disoccupazione, è stata un’opera meritoria del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Consolidare, ulteriormente, i buoni risultati ottenuti dal “potere Esecutivo” è l’imperativo che deve darsi il governo per potersi presentare alle prossime politiche sciorinando i dati economici e finanziari che sono incontrovertibili. È migliorato il rapporto deficit-Pil, le spese per interessi sono in deciso calo, il tasso di occupazione è a livelli record con particolare riferimento ai contratti a tempo indeterminato, è il Governo più stabile a livello europeo e in conseguenza è cresciuto il ruolo dell’Italia nel consesso internazionale. Nei prossimi due anni e mezzo di legislatura, il circuito virtuoso che si è innescato dalle politiche prudenti di bilancio del dicastero del tesoro potrebbero riservare gradite sorprese. A differenza di Paesi “virtuosi” come la Germania, l’Italia potrebbe migliorare ancora i dati di bilancio operando un processo di ottimizzazione della spesa pubblica improduttiva.

Con la riforma fiscale in itinere, che persegue l’obiettivo di una riduzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, il Governo non può non tenere conto dell’enorme peso del debito pubblico e quindi deve agire con estrema cautela. Tuttavia, l’esecutivo ha spazi di manovra incidendo sulla cosiddetta Tax expenditures (esenzioni e agevolazioni fiscali). Le 575 norme agevolative vigenti che prevedono sovvenzioni pubbliche come bonus, super bonus, contributi a fondo perduto e provvidenze pubbliche nel senso più ampio del termine. Privilegi fiscali che favoriscono alcune categorie a spese di tutti i contribuenti. Il minor gettito fiscale incide per le casse dell’erario dello Stato per oltre 65 miliardi di euro. Due importanti manovre fiscali. La riduzione del carico fiscale dev’essere valevole per tutti e non dovrebbe favorire alcuni a spese degli altri contribuenti. Un Governo conservatore non deve “comprarsi” il consenso usando il pubblico denaro. Il ritorno elettorale derivante dai bonus è effimero. Meno privilegi per pochi, riduzione fiscale per tutti. Ha ragione il vice presidente del consiglio Matteo Salvini a insistere sulla indispensabile “pace fiscale” che a mio modesto avviso dovrebbe essere tombale. Il combinato disposto di un maggior gettito fiscale derivante dalla “rottamazione quinquies”, operazione che permetterebbe ai contribuenti di onorare il proprio debito in dieci anni, e una riduzione programmata della Tax expenditures consentirebbe una riduzione orizzontale del prelievo fiscale generale a carico di tutti i contribuenti senza inficiare l’indispensabile prosecuzione del contenimento del debito pubblico. Sono consapevole del fatto che in Italia non si può intervenire sulla spesa pubblica con la “motosega” ma con il bisturi sì!

Aggiornato il 16 giugno 2025 alle ore 11:26