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Ancona, cantiere fantasma al Piano, mercato coperto in stallo: «Colpa degli impiantisti»


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ANCONA – Un cantiere fantasma. Non c’è nemmeno un operaio al lavoro all’interno dello scheletro in cemento e acciaio che compone la nuova struttura del mercato coperto di piazza d’Armi. «È tutto fermo da un mese e mezzo» confida l’assessore ai Lavori pubblici, Stefano Tombolini. Il motivo? «L’impresa (la Ar.Co. di Gravina di Puglia, ndr) sostiene che la colpa sia degli impiantisti». Tempo fa, infatti, il Comune aveva approvato una variante al progetto per la modifica degli impianti del mercato al fine da renderli più funzionali per gli operatori.

La modifica

«Avevamo diviso in due la variante – racconta l’assessore – una parte per le sistemazioni esterne e un’altra per gli impianti. Solo che gli impiantisti stanno tardando nella consegna dell’elaborato per l’intervento di loro competenza». Perciò si è fermato tutto. All’interno del perimetro recintato non si muove nulla. Tutto abbandonato. «La ditta continua a scaricare la responsabilità dello stallo sugli impiantisti – riprende Tombolini – solo che gli abbiamo fatto notare che ci sarebbero anche altri lavori che nel frattempo potrebbero essere portati avanti». Per esempio «la copertura dello stabile. Dov’è? Dove sono i pannelli?». Tombolini lascia intendere che, da parte sua, il Comune ha incalzato l’impresa appaltatrice. Quanto a riscontri, però, il nulla.

Lo sfogo

La pazienza ha un limite. E quella dell’assessore pare averlo superato da un po’. «Ricordatevi che dovevate finire i lavori il 28 febbraio» cita testualmente la frase pronunciata ai referenti della ditta. Poi si lascia andare ad una riflessione in merito ai rapporti tra pubblico e privato: «Bisogna cambiare modi; le imprese devono cominciare a sapere che ad Ancona, se ritardi oltre un certo limite, il Comune rescinde il contratto. Se superi il 20% di ritardo (rispetto ai tempi contrattuali, ndr) cominciamo a mandarti via». Concetto che lascia trasparire una certa agitazione. Il Tombolini-pensiero, in teoria, non farebbe una piega. Non fosse, però, che rescindere un contratto con un’impresa appaltatrice vorrebbe dire – intanto – incorrere quasi sicuramente in un contenzioso, con il rischio di dover riconoscere pure un indennizzo al privato. E poi bisognerebbe rimettere in moto tutto l’iter burocratico per un nuovo affidamento, attendere che l’impresa uscente porti via tutte le attrezzature e aspettare il nuovo insediamento. Insomma, un’enorme perdita di tempo. E purtroppo è anche su questa prospettiva che le imprese – molto spesso – fanno leva per mettere le amministrazioni comunali con le spalle al muro.

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La preoccupazione di Tombolini, oltre che rivolta al prolungamento dei disagi che inevitabilmente si verranno a creare in quella parte di città già fortemente sotto stress dal punto di vista della viabilità, si concentra su uno snodo fondamentale. Ovvero la realizzazione del supermercato per cui si è già fatto avanti il brand della famiglia Gabrielli (Oasi – Tigre). «Ho già detto all’impresa (Ar.Co, ndr) che vorrei che questa parte di lavori fosse finita per il 31 dicembre 2025 – spiega – perché per cominciare l’intervento del project financing devo liberare l’attuale mercato coperto, che va demolito. Dove li sposto gli operatori se non ho pronta la nuova struttura?». Prima domanda a cui non c’è risposta. Ma la seconda, cruciale: «E se Gabrielli, o qualsiasi altro vincitore del bando, mi venisse a dire che vuole partire con i lavori di sua competenza, io cosa rispondo?». Il quesito è amletico. Si spera solo che la vicenda di piazza d’Armi non finisca in tragedia come l’opera shakespeariana.





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