Troppi incidenti, troppe responsabilità scaricate altrove, ma
anche troppa burocrazia che non si traduce in un’effettiva
prevenzione. Il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di
lavoro è più che mai attuale, e FINCO –
la Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere
Specialistiche per le Costruzioni – ha ribadito la propria
posizione in un incontro ufficiale presso la Presidenza del
Consiglio.
Sicurezza sul lavoro: qualificazione e formazione come leve
strategiche
«La sicurezza nei luoghi di lavoro si ottiene attraverso la
qualificazione delle imprese»: a sintetizzare la posizione
della Federazione è il Direttore generale Angelo
Artale, esprimendo la propria perplessità sull’efficacia
degli strumenti come la patente a crediti.
Senza una reale selezione delle imprese sul piano tecnico,
formativo e organizzativo, «qualunque iniziativa di stampo
prevalentemente burocratico non può che incidere
marginalmente». Estendere poi tale sistema anche a comparti
non edili «rischia di generare danni, aumentando gli
adempimenti senza reale beneficio in termini di
prevenzione».
Accanto alla qualificazione, FINCO indica la
formazione come leva strategica per la sicurezza:
«Occorre lavorare sin dalla scuola su una cultura della
prevenzione». Non a caso, si propone di inserire una specifica
attenzione alla sicurezza anche nei percorsi scolastici del liceo
Made in Italy, per valorizzare un tratto distintivo della
produzione nazionale.
Appalti pubblici: il passo avanti del “Correttivo”
Un apprezzamento viene riservato al c.d. “Correttivo Codice
Appalti” (d.lgs. n.
209/2024), nella parte in cui prevede che la
qualificazione ai fini della partecipazione alle gare possa
avvenire «solo con i lavori effettivamente eseguiti e non anche
con quelli subappaltati».
FINCO chiede con forza che questa norma venga confermata e non
snaturata in sede parlamentare, dove sono emerse posizioni
difformi: «Non c’è alcun bisogno di referendum sul divieto di
subappaltare – osserva Artale – ma estrema necessità di
misure volte alla qualificazione vera delle imprese. Sotto
questo profilo non possiamo non sottolineare la scomparsa nel
Codice degli Appalti del ribasso massimo tra appalto e subappalto,
prima fissato nel 20%, nonché quella delle Categorie
Superspecialistiche e, finanche, delle categorie di lavorazioni
specialistiche a qualificazione obbligatoria».
Contratti collettivi: no al monopolio del comparto
edilizia
Uno dei passaggi più netti della posizione FINCO riguarda il
tema dei contratti collettivi nazionali e della gestione delle
Casse Edili. «Va superata la narrativa strumentale e faziosa
che solo il contratto edile garantirebbe la sicurezza –
sottolinea Artale –. È inaccettabile il tentativo di creare un
mondo delle costruzioni panedile, finalizzato ad alimentare bilanci
e poteri in capo a soggetti privati che, di fatto, gestiscono
funzioni pubbliche».
Sul punto, la Federazione denuncia l’ostilità nei confronti di
contratti collettivi alternativi a quello dell’edilizia, come
quello del Restauro, sottoscritto anche da organizzazioni
presenti nella Federazione: «Nei cantieri che applicano il
contratto giusto per il settore, come il Restauro, non si
registrano incidenti dai tempi di Michelangelo, mentre in edilizia
la situazione è molto diversa». Necessaria quindi una
distinzione tra settori: FINCO ricorda che non tutto ciò che
rientra nel comparto delle costruzioni può essere ricondotto
all’edilizia pura. «Chi costruisce un ponte in acciaio è un
costruttore, ma non è un edile; chi realizza un impianto
tecnologico è un metalmeccanico; e un’impresa di restauro non deve
essere forzata ad applicare il contratto edile», ribadisce
Artale.
L’invito è quindi a un cambio di approccio: «La notevole
tecnicità della materia non può essere un alibi – conclude Artale –
per non approfondire un settore che intercetta il 10% del PIL, e
che con il PNRR ha responsabilità ancora maggiori in termini di
sicurezza e sviluppo sostenibile».
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