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Accordo Ue su prestiti da 150 miliardi per rafforzare gli appalti della difesa europea


L’Unione europea ha definito un piano di prestiti da 150 miliardi di euro destinati a sostenere gli acquisti congiunti nel settore della difesa. L’intesa segna una tappa importante per consolidare la cooperazione militare tra i Paesi membri e coinvolge anche l’Ucraina e la Norvegia. Il programma mira a ridurre la dipendenza da fornitori esterni, potenziando la capacità produttiva europea nel campo degli armamenti.

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Criteri di produzione e coinvolgimento di aziende esterne

Nel corso delle negoziazioni l’Ue ha modificato alcune condizioni iniziali per prevedere la partecipazione limitata di industrie extraeuropee. In particolare, la quota di produzione affidata ad aziende non europee, norvegesi o ucraine non potrà superare il 35% del valore totale. Questa soglia contiene il rischio di una dipendenza eccessiva da fornitori al di fuori dell’Europa.

Il testo stabilisce anche la possibilità che subappaltatori esterni contribuiscano con una quota variabile: meno del 15% del valore complessivo può quotare senza particolari restrizioni, mentre tra 15% e 35% la partecipazione è soggetta a condizioni precise. Questi criteri vogliono favorire un equilibrio tra apertura e tutela delle capacità interne, assicurando che la parte principale della produzione resti nell’ambito comunitario. Proprio questa misura aveva causato rallentamenti nei precedenti round negoziali.

Iter e polemiche tra commissione, consiglio e parlamento europeo

Il piano Safe sfrutta le norme d’emergenza previste dai trattati Ue, permettendo alla Commissione di agire senza una valutazione preventiva del Parlamento europeo. La Commissione dovrà muoversi rapidamente per raccogliere i fondi necessari sul mercato dei capitali e analizzare le richieste di prestito. L’approvazione formale da parte del Consiglio dovrebbe avvenire entro fine mese, e il regolamento entrerà in vigore immediatamente dopo la pubblicazione.

Nonostante ciò, il Parlamento europeo ha espresso riserve e intende esercitare un controllo formale, minacciando un ricorso legale contro il Consiglio. Roberta Metsola, presidente dell’assemblea, ha chiesto di sbloccare il piano solo dopo aver ottenuto la possibilità di influenzare i criteri di ammissibilità dei finanziamenti. Questa tensione politica riflette la complessità dei poteri all’interno delle istituzioni europee quando si tratta di iniziative con impatto militare e finanziario rilevante.

Partecipazione di Regno Unito e Turchia nelle forniture di difesa

Il piano non esclude del tutto la possibilità di coinvolgere Paesi terzi come il Regno Unito e la Turchia. Gli Stati che dispongono di partenariati strategici nell’ambito della difesa e della sicurezza con l’Ue potrebbero contribuire agli acquisti congiunti. Keir Starmer, primo ministro britannico, ha avviato un percorso di collaborazione con Bruxelles che potrebbe portare il Regno Unito dentro questo meccanismo. Per la Turchia, la situazione è più complessa.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Grecia e Cipro mantengono una posizione prudente a causa delle dispute storiche con Ankara. Atene ha chiesto un percorso di adesione graduale e reversibile, legato anche a concessioni politiche specifiche. Questi elementi riflettono tensioni geopolitiche che condizionano il dialogo militare regionale. La questione rimane uno dei nodi più delicati nell’attuazione del programma.

Dettagli dell’accordo sui prestiti per la difesa europea

Lunedì mattina gli ambasciatori dei Paesi membri hanno raggiunto un’intesa di massima sul piano Safe, che prevede l’erogazione di finanziamenti finalizzati all’acquisto di materiali da difesa. Il testo finale autorizza un programma di prestiti per un totale di 150 miliardi di euro, da destinare ad accordi congiunti di appalto tra gli Stati dell’Unione e partner selezionati. Oltre ai membri Ue, il piano considera l’accordo anche per Ucraina e Norvegia.

Un aspetto centrale del documento è il vincolo sulla produzione: almeno il 65% del valore degli armamenti acquistati deve essere realizzato in Europa, Ucraina o Norvegia. Viene così tutelato il mercato interno e si punta a rafforzare la base industriale locale. L’accordo, sebbene non ancora formalmente concluso, ha ricevuto un sostegno ampio da parte degli ambasciatori, con il tempo limite per eventuali obiezioni fissato a mercoledì. Fonti europee ritengono improbabile che il processo venga riaperto.

Impatti sul comparto industriale europeo e prospettive future

L’intesa rappresenta una svolta per la produzione europea di materiale militare. Concentrando gli investimenti quasi esclusivamente su imprese con sede nell’Unione, il progetto vuole rafforzare la filiera industriale locale. Inoltre, mira a incentivare subappaltatori esterni a trasferire parte della produzione in Europa, in modo da creare una rete più solida e autonoma.

Questa scelta potrebbe modificare l’assetto produttivo su scala regionale, portando a una maggiore concentrazione di capacità tecnologiche e industriali nel Vecchio continente. Il piano Safe, diventato operativo in tempi rapidi grazie a procedure straordinarie, segna un passo concreto verso l’autonomia strategica europea nel campo della difesa. In un contesto globale segnato da tensioni e incertezze, l’Ue affronta così un capitolo chiave della sua politica militare e industriale.



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