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“Libro Bianco” di The European House Ambrosetti, il ritorno industriale del Mezzogiorno: cresce più del Nord


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Ma ha ancora un senso continuare a negare che al Sud l’industria manifatturiera è cresciuta in Valore aggiunto e in export più della media Italia? E che le filiere strategiche del settore hanno visto aumentare il numero di aziende più delle altre macroaree del Paese? Evidentemente no, alla luce dei dati diffusi ieri dal “Libro Bianco” di The European House Ambrosetti, giunto alla quarta edizione e illustrato dal Ceo Valerio De Molli in apertura di “Verso Sud” in corso da ieri a Sorrento. «I cultori della deindustrializzazione del Mezzogiorno devono tacere» dice con molta enfasi De Molli, spiegando numeri alla mano che il cambio di paradigma sulla narrazione del Sud, che Il Mattino documenta ogni giorno, è una scelta obbligata. «Dal 2021 il numero delle imprese del Sud è cresciuto in misura maggiore rispetto alle altre macroregioni italiane (+0,2%) mentre il Nord Est è cresciuto dello 0,1% e Nord Ovest e Centro sono arretrate rispettivamente dello 0,3% e dello 0,1%. Inoltre, il Valore Aggiunto del Sud è cresciuto del 15,9%, record in Italia», racconta il documento, arricchito anche quest’anno da una serie di focus e aggiornamenti statistici.

I settori

Considerando i quattro settori manifatturieri di eccellenza del Mezzogiorno (automotive, aerospazio, farmaceutico e agrifood), ad accezione del primo che ha risentito pesantemente della crisi internazionale del comparto e in particolare di un player fondamentale come la Germania, lo stato di salute è positivo.

«Campania e Puglia rientrano tra le prime 5 Regioni italiane per export dell’aerospazio e sono in corso importanti progetti nelle due regioni per un totale di 60 milioni di euro di investimenti. Nel farmaceutico, le prime 4 Regioni per crescita dell’export sono nel Sud Italia e la crescita del settore è riscontrabile anche nel Valore Aggiunto delle imprese farmaceutiche meridionali», con il Molise e la Puglia prime a livello nazionale.

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«Dal 2018 al 2023 il Valore Aggiunto del farmaceutico è cresciuto del 55.467% in Molise e del 241% in Puglia, mentre la Calabria, quarta dopo le Marche, cresce del 113%». Per l’Agrifood, al Sud si concentra il 44,5% degli occupati della filiera nazionale, con Puglia e Sicilia ai primi posti in Italia e la Campania al quinto posto per Valore Aggiunto.

La crescita

Evidente, di conseguenza, l’impatto della manifattura sulla crescita del Pil che al Sud aumenta da tre anni più della media Italia. Il “Libro Bianco” spiega che l’incremento del Valore aggiunto prodotto dalla manifattura meridionale si riscontrava già nel 2022, con un significativo +15,9% rispetto all’anno precedente, la spinta più forte tra tutte le macroaree (Nord +5,7%, Centro +10,0%), con Sicilia (+57,8%) e Sardegna (+20,6%) sugli scudi.

La tendenza si è mantenuta anche dopo come dimostrano i dati, piuttosto eloquenti, dell’export manifatturiero: «Il Sud Italia – si sottolinea nel documento – ha svolto un ruolo trainante nella tenuta dell’export manifatturiero nazionale, contribuendo in misura significativa a compensare la stagnazione registrata nel resto del Paese (-0,6 miliardi nel 2024).

Quest’area ha registrato un aumento di 4,2 miliardi, raggiungendo il 10,3% del totale nazionale». E all’appello, spiega il “Libro Bianco” manca ancora un maggiore coinvolgimento dei gruppi multinazionali esteri che pure nel 2022 avevano registrato una crescita di Valore aggiunto pari al 26,7%, nettamente superiore al Nord (+11%) e al Centro (+18%), con Sicilia e Campania in testa alle regioni meridionali.

Ma c’è un altro dato che conferma come la più aggiornata lettura del Mezzogiorno non possa prescindere dal ruolo dell’industria manifatturiera. È quello che racconta della crescita esponenziale degli investimenti in quest’area del Paese, prima e durante la Zes unica che ha sicuramente impresso una forte velocità alla spesa. Dal 2021 al 2030, secondo la mappa degli investimenti nuovi o incrementali nel Sud elaborata da Ambrosetti, si raggiunge la stratosferica cifra di 320 miliardi con 1 milione di occupati attivati (sempre al 2030).

Dall’inizio di “Verso Sud” ad oggi, ovvero negli ultimi 4 anni, sono numerosi i casi di successo di nuovi investimenti nel Mezzogiorno, dal settore energetico con l’impegno delle maggiori società del settore alla grande distribuzione, dalla cantieristica all’agrifood. Nella sola Campania si va dai 40 milioni di Msc per il bacino di carenaggio a Napoli al piano di Getra nel Casertano per 50 milioni, dalla riconversione dell’ex Whirlpool con Tea Tek agli investimenti di Graded, Tecno, Barilla, Hitachi Rail, Fincantieri, Fs, Philip Morris, Gruppo Seri, Proma, Gruppo Adler, Leonardo e così via.

È così che si spiega il terzo posto del Sud Italia per attrattività e competitività tra i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato in base all’indice realizzato da Ambrosetti. Classifica significativa, come anticipato ieri dal Mattino, che tiene conto anche dei punti deboli del Mezzogiorno (nel Dominio dell’Innovazione e nel Dominio Sociale il Sud perde un posto rispetto al 2024) e dei suoi limiti (dispersione scolastica, in parte anche il turismo). Ma non passa inosservata la riflessione sul fatto che «l’attuale dinamica di crescita del Sud trova un solo precedente paragonabile dal secondo dopoguerra, in corrispondenza dell’azione della Cassa per il Mezzogiorno». Lo spiegano i numeri di oggi a proposito degli occupati (+2,6% tra 2022 e 2023 contro +1,7% del Nord e +1,2% del Centro), degli investimenti fissi lordi privati (+12,9% tra 2021 e 2022 rispetto a +10,5% del Nord e +12,8% del Centro), del numero di imprese (+4,2% delle società di capitali tra 2023 e 2024 contro il +2,7% del Centro-Nord) e del Valore aggiunto (+4,7% tra 2022 e 2023 rispetto a +4,4% del Nord e a +4,6% del Centro). Numeri che sembrano poter reggere anche all’impatto con i dazi: De Molli dice che l’ampiezza del portafoglio di export e la resilienza del nostro sistema produttivo in rapporto agli Stati Uniti dovrebbero metterci al riparo da eventuali strette. Di sicuro la terza potenza” dell’area euromediterranea sembra poter rispondere “presente” anche a questa sfida.

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