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Rapporto economia e finanza dei distretti industriali: bene l’export


  • Ogni anno Intesa Sanpaolo presenta il rapporto economia e finanza dei distretti industriali che  analizza la situazione economica e finanziaria delle imprese in Italia.
  • Il rapporto fornisce dati provenienti dall’analisi di migliaia di bilanci aziendali, prendendo come riferimento l’export, la redditività e altri indicatori chiave.
  • La panoramica del biennio 2023-2024 evidenzia un leggero rallentamento del fatturato ma la competitività resta alta, grazie all’introduzione di alcuni fattori vincenti e un export da record.

Ogni anno Intesa Sanpaolo presenta il rapporto economia e finanza dei distretti industriali che  analizza la situazione economica e finanziaria delle imprese situate nei distretti industriali italiani. 

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Il rapporto fornisce dati provenienti dall’analisi di migliaia di bilanci aziendali, prendendo come riferimento l’export, la redditività e altri indicatori chiave. La panoramica che ne deriva è importante per indagare sullo stato di salute delle Pmi italiane nei distretti ovvero in aree geografiche circoscritte e con una forte specializzazione produttiva.

Nel dettaglio, performance, trend di settore e possibili politiche di sviluppo, stando ai dati del 17° rapporto fornito dal Research Department di Intesa Sanpaolo lo scorso 17 aprile 20251.

17° rapporto economia e finanza dei distretti industriali

Sostanzialmente la panoramica del biennio 2023-2024 evidenzia un leggero rallentamento del fatturato ma la competitività resta alta, grazie all’introduzione di alcuni fattori vincenti e un export da record.

Le imprese distrettuali analizzate sono 22.700, il cui fatturato nel 2024 si attesta su 344 miliardi di euro, registrando un lieve – 0,5%. Malgrado la complessità del contesto globale e un fatturato che sostanzialmente tiene, ciò che salta all’occhio è la performance dell’export che raggiunge la quota dei 163,4 miliardi di euro (+0,9%), con un avanzo commerciale che supera la soglia dei 100 miliardi, a cui contribuisce però anche una diminuzione delle importazioni.

Proprio sul fronte export, ci sono aziende che spiccano più di altre, con particolare riferimento a quelle del comparto agroalimentare che registra un +7,1%. Nota di merito doverosa però anche per la meccanica, la filiera dei metalli, i beni di consumo della moda e i prodotti e materiali da costruzione.

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Aumenta anche la “distanza” delle esportazioni: in media i prodotti si spediscono a 3.434 chilometri di lontananza, mettendo in risalto soprattutto la capacità delle Pmi distrettuali di esplorare nuovi mercati e sempre più diversificati.

Miglioramento evidente anche per la redditività che registra un aumento dell’8,1% del cosiddetto Ebitda margin (indice di redditività che misura in forma % il risultato lordo della gestione operativa sui ricavi di vendita), che aumenta del 7,6% rispetto al 2022.

In generale, si registra un rafforzamento patrimoniale, con un patrimonio netto la cui incidenza arriva al 34,4% del passivo, aumentato del 6% rispetto al 2019 (quindi situazione pre Covid). La liquidità rappresenta il 10% dell’attivo, confermandosi un elemento cruciale per l’autofinanziamento degli investimenti futuri.

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Le caratteristiche delle aziende più competitive

In linea di massima dunque si può affermare che il tessuto produttivo italiano nei distretti è solido e l’analisi di Intesa Sanpaolo premia in maniera particolare l’export delle Pmi distrettuali, quindi la capacità delle aziende di adattarsi e innovare.

A fare la differenza è proprio il processo di riposizionamento competitivo che le imprese distrettuali hanno deciso di intraprendere, puntando su qualità, innovazione, sostenibilità e autoproduzione energetica.

1. Transizione tecnologica e green

Investimenti green in primis quale leva per un balzo in avanti sul fronte della competitività: il 43,6% delle aziende ha investito per ridurre i propri consumi energetici e il 38,8% ha attivamente autoprodotto il proprio fabbisogno, investendo in fonti rinnovabili.

Un impatto positivo sulle emissioni si ottiene anche affidandosi a mezzi di trasporto come quello ferroviario, scelta che in particolare ha premiato la marcia in più delle aziende distrettuali toscane della moda, che hanno abbassato la quota export trasportata su gomma (dal 97% al 90%).

2. Capitale umano e competenze

L’investimento sul capitale umano ha dimostrato di essere un vero asso nella manica per le aziende più performanti. Nell’arco di poco più di un decennio, si registrano oltre 94 mila addetti ai lavori in più, formati con alte competenze.

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In ambito manifatturiero, diminuisce il numero degli infortuni, segnale evidente di maggiori attenzione e impegno relativamente al welfare e alla sicurezza in azienda.

3. Diversificazione dei mercati di sbocco

Le cosiddette imprese “champion”, che costituiscono l’8% del totale, spiccano in particolare per la loro propensione all’internalizzazione e sono quelle in cui si registra la presenza maggiore di giovani e donne nei consigli di amministrazione nonché più investimenti nelle tecnologie maggiormente all’avanguardia.

Prospettive e sfide per il futuro

Senza dubbio, tra le sfide più importanti da affrontare, e a cui prepararsi adeguatamente, c’è la gestione dei dazi americani. La protezione adottata dagli Stati Uniti contro le importazioni estere inevitabilmente causerà una frenata nell’export italiano sul mercato americano.

Le aziende distrettuali però possono reggere al contraccolpo puntando alla qualità e all’innovazione delle loro produzioni nonché aprendosi a nuovi mercati.

Un’opportunità preziosa, colta già nel 2024 nei confronti di Turchia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Vietnam, Messico, Brasile, India, per le Pmi distrettuali che, proprio in virtù della loro essenza, possono beneficiare di vantaggi in grado di fare la differenza, in termini di riconoscibilità internazionale.

Tra le priorità da segnare in agenda dunque dovrà trovare spazio la valorizzazione di ciò che rappresenta il valore aggiunto tipico dei distretti, vale a dire la presenza di forniture strategiche di prossimità, filiere corte, più competenze professionali e formazione specializzata, centri di ricerca dei prodotti e dei materiali, servizi di trasporto vicini.

Infine, non è da trascurare anche la possibilità di trovare nuovi spazi di crescita rimanendo in Europa, auspicando un’azione di rilancio degli investimenti europei in infrastrutture, innovazione e autonomia strategica.

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