Il tessuto imprenditoriale italiano dimostra una sorprendente resilienza e una chiara visione strategica nel suo cammino verso la sostenibilità. Nonostante le turbolenze macroeconomiche, tra tensioni geopolitiche, dazi e costi crescenti di materie prime ed energia, le imprese continuano a investire con convinzione nella transizione ecologica. Questo è il quadro delineato dalla IV edizione dell’osservatorio Clean Technology 2025, la ricerca di Haiki+ e Innovatec, condotta su un campione rappresentativo di 400 Pmi e grandi imprese italiane.
L’analisi rivela una consapevolezza sempre più radicata tra gli imprenditori: sostenibilità e crescita aziendale sono due facce della stessa medaglia. Gli investimenti nel green non sono più visti come un costo, ma come una leva strategica per l’innovazione e lo sviluppo a lungo termine.
Investire nella sostenibilità: priorità inarrestabile
Il dato è chiaro e inequivocabile: il 72% delle imprese italiane ha realizzato almeno un investimento in sostenibilità ambientale, economia circolare o efficienza energetica nei primi mesi del 2025, registrando un aumento di tre punti percentuali rispetto al 2024. Questo slancio è più significativo se si considera che una azienda su due dichiara che l’inflazione e i dazi avranno un impatto poco o per niente significativo sui propri investimenti, e il 20% addirittura prevede di aumentarli.
Questa determinazione riflette una visione imprenditoriale che guarda oltre le contingenze, riconoscendo la sostenibilità come un imperativo strategico. La portata degli investimenti conferma questa tendenza: circa la metà delle imprese destina tra l’1% e il 5% del proprio fatturato ad azioni sostenibili, un impegno che coinvolge anche le realtà di dimensioni più contenute. Si tratta di un’evoluzione concreta verso modelli produttivi più efficienti e circolari.
Tra gli ambiti di investimento green, l’efficienza energetica si conferma al primo posto, con il 65% delle Pmi e grandi imprese che vi hanno investito nel 2025 (in leggero aumento rispetto al 62% del 2024). Tuttavia, è l’economia circolare a registrare la crescita più dinamica nell’ultimo triennio. Gli investimenti in processi di circolarità sono passati dal 16% nel 2023 al 27% nel 2025, a testimonianza di una progressiva integrazione di questi principi nelle strategie aziendali. Le soluzioni più adottate in questo campo includono il riciclo di scarti e sfridi di produzione (salito all’82% nel 2025 dal 61% nel 2023) e l’approvvigionamento di materiali riciclati (77% nel 2025 rispetto al 64% nel 2023).
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Aziende sostenibili: chiave per la crescita e la reputazione
Gli imprenditori italiani percepiscono una stretta correlazione tra gli investimenti in sostenibilità e la crescita dell’impresa, sia in termini economici che di reputazione. Il 77% delle aziende attende vantaggi di business dal proprio impegno green e circolare, e il 55% li ha già raggiunti, almeno in parte, nel 2025. I principali benefici concreti sono i risparmi in termini di efficienza e riduzione dei costi (riportati dal 70% delle aziende) e i miglioramenti della redditività (indicati dal 31%).
Non solo: il 20% degli investimenti in sostenibilità ha determinato un migliore accesso al credito, includendo finanziamenti dedicati e un miglioramento del rating finanziario. Inoltre, una migliore reputazione e immagine sono vantaggi già raggiunti per il 60% delle imprese, con il 70% che li attendeva.
La consapevolezza strategica è alta: il 72% delle imprese concorda sul fatto che c’è uno stretto legame tra gli investimenti in sostenibilità e l’innovazione digitale, e il 66% ritiene che i criteri Esg abbiano una valenza strategica.
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Le ombre: burocrazia e mancanza di strategia frenano la sostenibilità
Nonostante i progressi, l’osservatorio evidenzia due aspetti critici che potrebbero rallentare una transizione ecologica più capillare. In primo luogo, mancano piani strategici formalizzati per integrare la sostenibilità nel business: solo il 16% delle piccole aziende e il 35% delle medie-grandi imprese dispone di un piano industriale con direzioni chiare. Questo indica un approccio spesso reattivo anziché proattivo.
In secondo luogo, gli imprenditori lamentano la mancanza di incentivi e una normativa troppo complicata o carente (per 4 aziende su 10). Il Pnrr, pur percepito come un’opportunità dal 57% delle imprese, si scontra con complessità burocratiche: il 54% delle imprese non ha presentato domanda per i finanziamenti perché i propri progetti non rientravano nelle aree prioritarie, e solo il 4% ha ottenuto i fondi. Analogamente, solo una impresa su 10 ha partecipato ad altri bandi pubblici dedicati alla sostenibilità ambientale, spesso arenandosi per problemi burocratici o discrepanze con le aree prioritarie.
Questi elementi critici suggeriscono che, pur con la buona volontà e la visione delle imprese, è fondamentale un supporto più strutturato e snello da parte delle istituzioni per accelerare ulteriormente il passo verso un’economia più verde e circolare.
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