Il coordinatore Stefano Coletta: «Costretti a fare delle scelte». Saranno potenziati gli approfondimenti del Tg1 per gli eventi speciali
È una presentazione dei palinsesti Rai a tratti surreale, quella che si è svolta nell’auditorium di Napoli, stamani, dove sui proclami muscolari circa la potenza di ascolto della tv pubblica, avanzati dall’ad Giampaolo Rossi, fogli pieni di numeri alla mano, è aleggiato lo spettro di tagli per 26 milioni di euro in due anni, come da legge di Bilancio, comparsi nell’intervento di qualche direttore. Di certo, in quello di Paolo Corsini, che dirige gli Approfondimenti giornalistici, il settore su cui i risparmi sembrano essersi abbattuti quasi esclusivamente. Programmi eliminati, ridotti, con promessa, per alcuni, di un ritorno nella prima parte del prossimo anno, sempre che lo sport dei Mondiali di calcio e delle Olimpiadi di Cortina lo permetteranno.
Persino Report, che mantiene intatta la sua programmazione fino al 31 maggio, rischia una ridefinizione da giugno in poi per far posto allo sport.
Del resto, sembra suggerire Rossi, la Rai (finora) fa più informazione di tutti i broadcaster europei e così «chi afferma che la Rai sta disinvestendo nelle news, dice una cosa falsa». E giù anche i dati delle dirette delle testate giornalistiche, o meglio del TgUno, che difatti di questa falcidie degli approfondimenti “rischia” di beneficiare, offrendo ormai anche una programmazione extra, legata agli eventi. Cosicché si ha l’impressione che l’informazione si sposti dalle terze serate modello-pluralista, eliminate «perchè c’è troppa frammentazione» al daytime e primetime (salvo Porta a Porta, s’intende) soprattutto di RaiUno, la rete dei record enumerati da Rossi. Particolare non sfuggito alle opposizioni politiche che lamentano la verticalizzazione e indicano all’ad l’exploit di canali, come Rete4 e La7, che stanno crescendo proprio puntando sull’approfondimento giornalistico.
Sulla riorganizzazione dei palinsesti, il coordinatore Stefano Coletta va giù piatto: «Avere un certo numero di milioni in meno, per decisione del governo, non nostra, ha portato a fare delle scelte…», ammette.
E in effetti il governo Meloni, così ampiamente rappresentato a tutti i livelli in Rai, al punto di aver spodestato i vecchi potentati di sinistra, non è mai sembrato tanto indifferente a risolvere le sue beghe: i minori finanziamenti sono stati un “regalo” inflitto dalla Lega nella sua battaglia sul canone, senza che la premier li abbia evitati. E così l’impasse sulla presidenza, che dura da ottobre, con Simona Agnes sulla graticola, e ancora una volta la Lega approfittarne a spese di Forza Italia (con Antonio Marano presidente facente funzioni) sembra un tema su cui la presidente sembra aver perso qualsiasi interesse. Lo stesso Rossi è costretto a dire, circa il caso Agnes: «In ogni caso noi stiamo rispettando una legge, fatta dal Pd, che richiede la maggioranza qualificata». Ma anche qui, la via di quella riforma che potrebbe ridurre il quorum necessario a Agnes, non è stata nemmeno imboccata in Parlamento. Al punto che persino la pazienza della sempre dialogante Barbara Floridia (M5S), presidente di una commissione di Vigilanza ormai congelata, vacilla. Del resto, «La Rai è un racconto infinito». Mai slogan fu più azzeccato.
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