Germania al palo e dazi Usa, a Mogliano negli Export Days le Pmi cercano rotte alternative
«Cercare nuovi mercati è più complicato di quanto si dice. Ma sappiamo che non si può solo star fermi ad attendere la ripresa». Ragiona a voce alta, Luca Zoppelletto, consigliere delegato di Confindustria Vicenza all’organizzazione e amministratore delegato di Zoppelletto spa, attiva nella componentistica per termoidraulica e oleodinamica. L’occasione, giovedì, al Move Hotel di Mogliano, sono gli Export Days, l’evento di Anima, l’associazione meccanica di Confindustria, e Confindustrie di Verona, Vicenza, Belluno e Veneto Est, con Regione, ministero degli Esteri, Ice, Assocamerestero e Promex.
Incontri faccia a faccia
Una giornata con oltre 400 incontri faccia a faccia tra 70 aziende meccaniche venete e 32 operatori esteri giunti da Canada e Sud America (Brasile, Cile e Colombia), Golfo Persico, Nord Africa e Africa Subsahariana, da Australia, India e Indonesia, ma anche da Kazakistan e Polonia. L’obiettivo è creare opportunità di business, su misura anche di Pmi, per diversificare le vendite all’estero. L’appuntamento cade in un momento particolare per l’export Veneto. Che colleziona nel primo trimestre 2025, con un +3,2% italiano, un -1,2%, dopo il -1,8% del 2024, contro un -0,4% italiano. Calo più intenso per l’esposizione verso la Germania; ma comunque una discesa, ha detto il Rapporto Veneto di Bankitalia, mentre la domanda estera potenziale cresce, specie sulle destinazioni extra-Ue. Quasi un invito a cercare nuove rotte. «Il 2025 si è aperto in chiaroscuro, tra crescita nazionale e calo veneto, le criticità sui mercati Ue e la preoccupazione per i dazi Usa – si mette in scia Silvia Moretto, delegata affari internazionali di Confindustria Veneto Est e amministratore delegato del colosso logistico Db group -. Ma riteniamo si possa recuperare nel 2025: un territorio molto vocato all’export è più elastico rispetto agli andamenti».
Guardare ai mercati emergenti
Il Veneto s’è seduto? «Il fatto di esser qui in un’iniziativa Btb, in contemporanea con altre a Vicenza e Montebelluna dimostra il contrario», dice Mario Pozza, presidente di Assocamerestero. «Non credo lo si possa dire – aggiunge Moretto -. Certo, per affrontare Paesi complicati serve più sostegno: lavorare in Europa e negli Usa è diverso. E certo, l’Arabia Saudita per la meccanica cresce del 60% nel 2024; ma vale 1,3 miliardi, un terzo dei 3,7 della Germania, pur in calo del 6%. L’export subisce molto più choc momentanei di prima, fattore che pesa molto di più sulle Pmi, che non possono permettersi le pianificazioni di lungo periodo delle grandi».
«Una soluzione è fare rete nelle associazioni, condividere informazioni – dice poi Zoppelletto -. Nella nostra azienda l’estero vale il 50% dei ricavi, siamo indirizzati verso Germania e Francia. Ci stavamo affacciando sugli Usa, ma il progetto è finito in stand-by. Il petrolifero è settore interessante, ma vanno create partnership per co-progettare la componentistica». E le Pmi? «L’estero vale il 30% dei ricavi e funziona specie tra Olanda e Belgio, Germania e Polonia, – dice Luisello Tieppo, di Tieppo group di Castelfranco, attiva nei giunti per pavimentazioni industriali, vedi i grandi magazzini di logistica -. Funzioniamo bene, la crisi semmai la sentiamo due anni dopo i settori industriali. L’idea è guardare ai mercati emergenti, dove c’è bisogno di nuove strutture».
«Il Made in Italy è ancora un buon biglietto da visita»
«Gli Stati Uniti restano interessanti, come il Canada. Ma anche il Medio Oriente: abbiamo già attrezzato alberghi tra Marocco e Tunisia», aggiunge, in attesa degli incontri, Gianni Stefani, dell’azienda polesana dei radiatori Irsap. «L’estero è veicolato dai General Contractor, che ci inseriscono nei progetti degli stabilimenti – spiega Massimo Carrer, amministratore delegato della trevigiana Comas, specialista in carri ponte e macchine per il sollevamento -. Siamo qui per tentare uno scouting verso società di ingegneria. Non è facile e serve trovare partner affidabili». «Per affacciarsi all’estero le aziende devono poter fare programmi di almeno 1-2 anni: non tutte possono permetterselo – dicono Fabio Lisiero e Igor Bortolozzo, dell’agenzia Intermark di Venezia -. Ma il Made in Italy è ancora un buon biglietto da visita. E anche aree in vicine, come il Nord Africa, si possono ottenere risultati».
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