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Corsa al cleantech: Italia in ritardo, ma può recuperare


Un miliardo di investimenti dal 2020 ad oggi. È questa la cifra che le tecnologie pulite, in gergo cleantech, sono capaci di muovere. Se ne è parlato lo scorso giovedì 26 giugno a Roma, alla sala dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati per la prima edizione degli “Stati generali del Cleantech”, promossi dalla rete Cleantech for Italy. Un’iniziativa lanciata nel 2024 che “vuole creare un ponte, un raccordo” tra le diverse anime di questo comparto, come ha spiegato Federico Cuppoloni, direttore di Cleantech for Italy, per metterle al centro della politica industriale italiana.

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Che investe, sì, ma ancora in modo molto inferiore rispetto agli altri Stati europei: “Paesi come Gran Bretagna e Francia hanno la stessa mole di investimenti in un solo trimestre”, ha ricordato Cuppoloni. Rispetto al prodotto interno lordo, gli investimenti italiani di venture capital (cioè di capitali di rischio, una forma di investimento di medio-lungo termine in imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo e crescita, ndr) nelle tecnologie pulite valgono lo 0,01 per cento, quelli spagnoli lo 0,02, i tedeschi lo 0,05.

Il comparto, secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto con un videomessaggio, “rappresenta una leva indispensabile per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione”. Imprese italiane nate o sviluppatesi attorno a tecnologie pulite, cioè del futuro, che vanno dalle soluzioni per lo stoccaggio energetico da fonti rinnovabili all’economia circolare. “Stiamo attraversando un cambiamento epocale, segnato da quattro grandi transizioni: la duplice transizione verde e digitale ma anche quella geopolitica e quella demografica. Grandi transizioni che influenzano l’economia e l’industria”, ha continuato Urso. “Negli ultimi anni il settore ha registrato una forte crescita a livello globale, trainato dalla necessità di ridurre l’impatto ambientale e aumentare l’efficienza delle risorse”. Il ministro ha sottolineato l’obiettivo di trasformare il comparto “in un motore di competitività industriale: il ministero conferma la piena disponibilità nel collaborare per costruire una manifattura più sostenibile, innovativa e competitiva a livello europeo e globale”.

Nel corso dell’appuntamento sono intervenuti esperti come Paolo Franki della International Energy Agency sul ruolo dell’innovazione tecnologica per l’accelerazione della transizione energetica, Stefano Corgnati, Rettore del Politecnico di Torino, che ha messo in luce il ruolo essenziale della ricerca scientifica, Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti, che ha evidenziato il ruolo strategico della BEI nel rilancio industriale europeo. L’evento ha visto inoltre la partecipazione di rappresentanti dei Ministeri coinvolti su questo tema, di istituzioni come Enea, Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia, oltre a varie piccole e medie imprese del settore ed esponenti dell’industria energivora, tra cui Federacciai, Assovetro e Fincantieri.

A proposito di imprese e start up, Mike Vasconcelos Tocchetti di Energy Dome ha ad esempio annunciato una novità in Sardegna: “Da due settimane abbiamo iniziato il commissioning del nostro impianto di stoccaggio di energia da fonti rinnovabili a Ottana (Nuoro), dove abbiamo fatto sia il demo-plant che il full-scale. Abbiamo fatto iniziare a girare le turbomacchine per fare tutti i test di commissioning e quindi fra pochissimo partiranno cicli di carica e scarica completi”, ha spiegato.

Tre gli assi fondamentali sui quali tutte queste realtà italiane cercheranno di lavorare: trasferimento tecnologico, per accelerare il passaggio delle innovazioni dalla ricerca al mercato, accesso al capitale per le fasi di scaleup, espansione della domanda industriale, attraverso politiche pubbliche che stimolino il mercato interno e riducano il rischio di delocalizzazione o acquisizione estera prematura. Sarà capace l’Italia di non perdere il treno del cleantech?

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