Con il Superbonus lo Stato ha finanziato anche chi avrebbe pagato da sé: una politica industriale senza freni né cinture. Il Mef lo ammette con toni da commercialista, ma il disastro è tutto politico. E amministrativo. La profezia degli Edili di Frosinone
Ruvido ma efficace. Quel mattino del 3 agosto 2020 Angelo Massaro, burbero presidente dei Costruttori Edili aderenti ad Unindustria, non andò molto per il sottile. Sfoderando tutto il garbo di cui era capace, tolse letteralmente la pelle di dosso al sottosegretario grillino all’Economia Alessio Mattia Villarosa, ospite nell’Aula Magna dell’Università di Cassino.
Lo avevano chiamato per spiegare il Bonus 110%. Lo magnificò come la scintilla che avrebbe rimesso in moto l’economia di un Paese alle prese con l’ondata di Covid. A rovinare la festa ci si mise l’Ance con le domande di Angelo Massaro, affilate come in bisturi che affondava nel burro di un provvedimento solido come una nuvola di illusioni.
Traballante fino dall’inizio
In quell’evento convocato dal presidente della Banca Popolare del Cassinate Vincenzo Formisano andò in scena un siparietto che sa di teatro dell’assurdo. Con sottosegretario Alessio Mattia Villarosa che provava a spiegare come con questo testo vincessero tutti: i cittadini che si ritrovano la casa ristrutturata gratis; le imprese perché lavorano: tutto l’indotto dell’edilizia che di conseguenza riparte; l’Ambiente perché le case saranno più efficienti sul piano energetico; il Fisco che comunque ci guadagna se tutti lavorano.
A fare da contraltare un Angelo Massaro, prima garbato e poi sempre più asfissiante, passato in breve dal fioretto alla spada e infine all’assalto con la sciabola da cavalleria. Ad ogni domanda, un punto di criticità nel testo della legge. Solleva il tema della capienza. Consiglia di consentire la somma tra la precedente capacità di scopertura bancaria delle imprese (che così anticipano i soldi dei materiali) e questa nuova scopertura che dovranno affrontare per anticipare tutti i costi dei lavori in attesa che arrivi il credito d’imposta. Evidenzia che se vale solo lo sconfinamento che veniva ammesso prima si rischia di non lavorare.
E poi i termini di scadenza: Massaro propone che diventino i termini per l’inizio dei lavori; con gli attuali termini bisogna avere fatto tutto in un anno. È sufficiente un piccolo ritardo dovuto al maltempo per far saltare il diritto al rimborso.
Facile profeta
Gli edili sono concreti. Conseguenza del loro lavoro. Se non fai un’impalcatura solida poi la struttura viene giù. Se risparmi sul cemento poi la costruzione non è stabile. E se non fai bene i conti prima piangi durante i lavori. Non è un caso che dopo Massaro, gli Edili abbiano chiamato alla presidenza Arnaldo Zeppieri: un altro campione di concretezza.
A lui è toccato il compito di tracciare i bilanci. I fatti, in poco tempo, hanno detto che i costruttori edili di Ance avevano maledettamente ragione. Perché comprimendo i tempi, tutti hanno cercato di accaparrarsi il Bonus 110. E come conseguenza sono schizzati i prezzi delle materie prime: non per speculazione ma per una banale equazione che anche al primo anno della scuola di Ragioneria conoscono. È la legge della Domanda e dell’Offerta: se io metto sul mercato una serie di beni e nessuno li compra il loro prezzo scende, invece se li ordinano tutti il loro prezzo schizza a mano a mano che si riduce la disponibilità.
Nel Governo di Giuseppi Conte non lo sapevano. Ed hanno dato il via libera al disastro.
Tragedia italiana
C’è qualcosa di tragicomicamente italiano nell’aver trasformato un incentivo per l’efficienza energetica in una corsa all’oro col conto a carico dello Stato. Il Superbonus 110%, nato come misura emergenziale, si è gonfiato come un soufflé lasciato in forno troppo a lungo: scenografico, ma collassato al primo tocco di realtà.
Adesso, a distanza di tre anni, cominciamo a fare i conti. Seriamente. E i numeri non ridono. Uno studio pubblicato nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia (Mef), a firma di Carlo Cignarella e Paolo D’Imperio, quantifica l’effetto degli incentivi edilizi – Superbonus e Bonus facciate – su investimenti e finanze pubbliche. Risultato?
Una valanga da 186 miliardi di euro, pari a 9 punti di PIL, per ottenere appena 116 miliardi di investimenti aggiuntivi. Il resto – ben 70 miliardi – erano spese che i cittadini avrebbero sostenuto comunque, ma con soldi propri. Lo Stato ha semplicemente deciso di pagargli il conto.
Senza limiti, senza controlli
Una generosità fuori scala, aggravata dall’assenza di limiti di spesa e da controlli praticamente nulli. Il Superbonus è stato un unicum: nessun tetto, nessuna autorizzazione preventiva, nessuna valutazione reale dei costi. Anzi, quando arrivava una proroga, si prorogavano pure gli errori. E il peggio è che tutto questo non era imprevedibile. Era scritto nero su bianco. Come dimostra quella conferenza stampa all’Università di Cassino nel 2020: in tempi non sospetti.
Il vero paradosso? Non è stata solo una voragine economica, ma un fallimento amministrativo. Perché il problema non sono stati solo i furbetti del 110% – quelli che si sono rifatti la villa di famiglia con i soldi pubblici – ma chi ha disegnato il meccanismo con una leggerezza allarmante. La Ragioneria Generale ha “bollinato” conti irreali, il Mef ha raddoppiato le vecchie stime “sulla fiducia”, e il Parlamento ha approvato una misura esplosiva come se fosse una cartolina di Natale.
Il mea culpa del Mef
Oggi lo stesso Mef, in punta di penna, ammette che qualcosa non ha funzionato. Ma quello che manca è un’assunzione vera di responsabilità. Non basta una tabella. Serve spiegare perché un incentivo si è trasformato in uno tsunami. Perché nessuno ha messo un freno. E soprattutto: chi ha deciso di accendere la stampante senza nemmeno controllare se ci fosse carta sufficiente.
Il Superbonus doveva essere una svolta green, si è rivelato un errore a sei zeri. Ora tocca al Mef – che questo pasticcio l’ha validato – dire come evitare che la prossima trovata politica si trasformi in un’altra crisi fiscale. Perché non basta ammettere l’errore: bisogna capire chi ha lasciato la porta spalancata al disastro.
Nel frattempo, la politica tace. Forse troppo impegnata a riflettere su nuovi bonus da vendere al prossimo giro elettorale. E intanto la casa brucia. Coibentata, sì. Ma sempre in fiamme.
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