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I commissari AdI: “Afo2 fermo, Piano di ripartenza da aggiornare”. I sindacati: “Esclusi sull’Accordo di programma”


Da un lato i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in as informano che si è reso necessario aggiornare le tempistiche di attuazione del Piano di ripartenza a causa, sottolineano, «di criticità tecniche non prevedibili al momento della sua elaborazione» per cui, aggiungono, «si  è trattato quindi di un evento totalmente inaspettato e non previsto».

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Dall’altro le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm che non vogliono essere spettatrici «di scelte sbagliate sulla pelle dei lavoratori e di intere comunità» riferendosi allo scontro istituzionale in atto sull’Accordo di programma istituzionale che vede i Comuni di Taranto e Statte e la Provincia di Taranto sulle barricate ferme e determinate a dire “no” alla bozza loro sottoposta dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e al fatto di essere stati esclusi dal confronto. Il tutto alla vigilia dell’incontro in programma nella mattinata del 27 giugno a Roma tra governo e sindacati.

Ma riavvolgiamo il nastro e andiamo con ordine.

 

Aggiornamento delle tempistiche del Piano di ripartenza

Come detto, i commissari straordinari di AdI in as hanno informato della necessità di aggiornare il Piano di ripartenza a causa di eventi inaspettati e non prevista. In particolare, spiegano, per l’impossibilità «di procedere alla riattivazione dell’Altoforno 2» fatto che ha inciso «in modo determinante sul cronoprogramma.  Al subentro della gestione straordinaria – sottolineano i commissari -, l’Altoforno 2 era fermo ma carico di ghisa e non in condizioni di essere svuotato, vista l’alta temperatura interna residua. Le operazioni di rimozione, avviate solo a dicembre 2024 e concluse a marzo 2025, sono state complesse e svolte con la massima cautela per motivi di sicurezza».

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Soltanto a conclusione di queste operazione, fanno presente i commissari straordinari, «è stato possibile rilevare i gravi danni impiantistici, la cui genesi – ci tengono a puntualizzare – è certamente antecedente al subentro dell’amministrazione straordinaria, avvenuto nel febbraio 2024. In considerazione della situazione emersa, e a tutela della sicurezza di impianti e lavoratori, si è deciso di non procedere alla riaccensione dell’Afo/2, predisponendo contestualmente l’acquisto urgente dei materiali necessari al ripristino, compatibilmente con i tempi tecnici di approvvigionamento».

Non solo. A questa circostanza, rilevano ancora i commissari, si è aggiunto nel maggio 2025 «un ulteriore evento impiantistico che ha comportato la fermata di esercizio dell’Altoforno 1, la cui durata al momento non è definibile (il riferimento è all’incidente del 7 maggio che ha portato al sequestro dell’impianto predisposto dalla Procura di Taranto, ndc)».

Ora, queste condizioni impiantistiche «hanno avuto un impatto diretto sulle tempistiche operative previste, pur restando confermato l’obiettivo di garantire la sicurezza, la conformità normativa e la piena tutela dei lavoratori», aggiungono i commissari che tranquillizzano sul fatto che continueranno «a operare in modo responsabile, assicurando la piena collaborazione con le istituzioni e con tutti i soggetti coinvolti nel percorso di rilancio del sito industriale».

 

La preoccupazione di Fim, Fiom e Uilm

«È ora che tutti si assumano le proprie responsabilità per raggiungere l’obiettivo della piena decarbonizzazione, necessaria per salvaguardare la continuità produttiva, per difendere la salute, l’ambiente e l’occupazione». Fim, Fiom e Uilm fanno quadrato e, in una nota congiunta, sottolineano come la rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori «è stata esclusa dal confronto sull’accordo di programma».

Rimostranze, quelle dei segretari dei sindacati di categoria dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil, dettate dal fatto che «è impensabile chiamare il sindacato solo per aumentare a dismisura gli ammortizzatori sociali. È necessario, invece, un confronto complessivo per garantire una giusta transizione ecologica e sociale. In questi anni durissimi – ricordano i segretari di Fim, Ferdinando Uliano, Fiom, Michele De Palma, e Uilm, Rocco Palombella – i lavoratori hanno già pagato un prezzo altissimo a causa delle scelte sbagliate fatte dai vari governi, che sono intervenuti con decreti d’urgenza senza mai affrontare il tema di una seria programmazione di politiche industriali. Lavoratori che hanno difeso l’occupazione, la produzione, salute e sicurezza hanno oggi diritto a una svolta in cui lavoro e ambiente non siano in contrapposizione tra loro grazie agli investimenti in innovazione tecnologica».

Di qui la richiesta di un confronto, «serio e serrato», sull’adeguamento del piano di ripartenza e decarbonizzazione «che permetta la continuità occupazionale attraverso la garanzia dello Stato (Governo, Regione e Comune) per raggiungere l’accordo di programma. Alla luce della drammaticità della situazione degli impianti – ribadiscono Uliano, De Palma e Palombella – è urgente garantire le risorse e gli investimenti necessari per evitare la fermata totale degli stabilimenti. L’obiettivo degli accordi di programma – concludono – deve essere la tutela dei lavoratori, dell’ambiente e della salute e sicurezza delle persone anche attraverso la partecipazione diretta dello Stato nel capitale e nella gestione per garantire la salvaguardia della produzione di un settore strategico per il Paese».

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Gianfranco Palmisano: “No a un accordo che perpetua un modello industriale fallimentare”
«Ringrazio le associazioni ambientaliste per le lettere aperte ricevute in questi giorni. Le ho lette con attenzione e piena condivisione dello spirito che le anima. È lo stesso spirito che guida la nostra posizione: netta, intransigente, chiara. La proposta di Accordo di programma presentata dal ministro Urso, che ho incontrato nuovamente nella giornata di mercoledì (25 giugno, ndc) insieme al presidente Emiliano, il sindaco di Taranto Bitetti, il sindaco di Statte Fabio Spada e il commissario della Autorità portuale Giovanni Gugliotti, non rappresenta una svolta per Taranto ma la riproposizione di un modello industriale già fallito».
Senza se e senza ma. Il presidente della Provincia di Taranto, Gianfranco Palmisano, boccia sonoramente la bozza di accordo di programma interistituzionale sull’ex Ilva perché, dice, il documento «presenta troppe lacune e omissioni: mancano dati, garanzie, scadenze vincolanti, chiarezza su acquirenti, impegni privati e coperture economiche. È inaccettabile parlare di “rilancio” proponendo dissalatori e navi gasiere che aumenterebbero l’impatto ambientale. Ed è altrettanto grave immaginare un porto al servizio esclusivo dell’industria pesante, sacrificando logistica, turismo, nautica e sviluppo sostenibile».

Insomma, per il presidente dell’ente di via Anfiteatro si tratterebbe di «un evidente tentativo di forzare l’approvazione di un documento calato dall’alto, vago e sbilanciato. Naturalmente – aggiunge subito Palmisano –  rispetteremo l’impegno con il ministro Urso inviando tutte le osservazioni richieste ma chiediamo che il confronto coinvolga sindacati, associazioni, cittadini. Chiederemo tra le altre cose la costruzione dei tre forni elettrici in tre anni e proporremo con determinazione la nazionalizzazione della fabbrica. Se l’ex Ilva è davvero un sito strategico nazionale, il governo se ne faccia carico. Non firmeremo nulla senza un mandato chiaro e condiviso del territorio».
Infine l’appello a tutti i parlamentari del nostro territorioe  di ogni schieramento: «questa – conclude il presidente della Provincia – è una battaglia che va combattuta insieme. Siate presenti al fianco degli enti locali. È facile decidere a Roma ma poi siamo noi a chiedere il voto ai cittadini. Ed è a loro, e solo a loro, che dobbiamo risposte».

 



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