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Dazi al 10% tra UE e USA, Séjourné: “Serve un’intesa equilibrata”


Al pre-vertice dei Liberali europei in vista del Consiglio Europeo, il commissario UE per l’Industria, Stéphane Séjourné, ha confermato che le discussioni con Washington sui dazi stanno entrando in una fase cruciale. Al centro del confronto c’è l’ipotesi di un compromesso che preveda l’introduzione di tariffe al 10% su alcuni prodotti strategici.

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Dazi al 10% tra UE e USA, Séjourné: “Serve un’intesa equilibrata”

“Non entrerò nei dettagli – ha detto Séjourné – ma una cosa è certa: abbiamo bisogno di un accordo equilibrato, che difenda gli interessi della nostra industria europea e sia positivo per la nostra economia”. La posta in gioco riguarda i rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico, già messi a dura prova dalle tensioni legate alla transizione ecologica, alle politiche sui sussidi e alla corsa alle tecnologie pulite.



Una trattativa segnata dall’asimmetria economica


Le parole di Séjourné alludono a una crescente difficoltà dell’Unione Europea nel difendere la propria autonomia industriale rispetto alla potenza economica statunitense. Il tema dei dazi è solo la punta dell’iceberg: dietro si agitano le divergenze su materie prime critiche, batterie, semiconduttori e incentivi pubblici. L’Inflation Reduction Act promosso da Joe Biden, che ha previsto forti agevolazioni fiscali per le imprese green americane, è stato percepito da Bruxelles come una misura protezionistica che penalizza le aziende europee. Il negoziato in corso cerca di evitare uno scontro diretto, ma richiede una ridefinizione strutturale degli equilibri transatlantici.



Séjourné accusa: “Molta irrazionalità oltre oceano”


Il tono del commissario europeo è stato insolitamente duro. “Stiamo lavorando sodo, nonostante molta irrazionalità dall’altra parte dell’Atlantico”, ha detto Séjourné, sottolineando l’instabilità dei segnali provenienti da Washington. Una frase che riflette la frustrazione europea per le oscillazioni della politica statunitense, condizionata dalle prossime elezioni presidenziali e dalle pressioni interne. L’Europa si trova così a dover trattare su più fronti: con l’amministrazione Biden per scongiurare una guerra commerciale e con i governi nazionali per costruire una linea comune credibile. Il Consiglio Europeo di oggi rappresenta dunque un banco di prova per la coesione interna dell’UE.

I dazi come strumento politico, non solo economico

L’ipotesi di applicare dazi al 10% sui prodotti americani non nasce solo da esigenze di bilancio o di difesa industriale. È una mossa strategica per riequilibrare un rapporto che Bruxelles ritiene troppo sbilanciato. L’Unione vuole dimostrare di essere pronta a difendere la propria filiera produttiva e i propri standard ambientali e sociali, anche a costo di misure impopolari. Tuttavia, l’introduzione di dazi non è priva di rischi: potrebbe innescare rappresaglie, frenare gli scambi e colpire settori già fragili come l’agricoltura e l’automotive. Per questo motivo, i leader europei preferirebbero una soluzione negoziale piuttosto che una guerra commerciale aperta.

Segnali di apertura, ma la strada è lunga

Nonostante la tensione, Séjourné ha lasciato intravedere spiragli di ottimismo. “Spero si possa raggiungere un accordo rapidamente. I segnali sono più positivi ora rispetto a tempo fa”, ha detto ai giornalisti. Il riferimento è agli ultimi scambi tecnici tra Bruxelles e Washington, che avrebbero registrato una maggiore disponibilità al compromesso. Resta da capire quali prodotti saranno effettivamente soggetti a dazi, se ci saranno esenzioni settoriali e come si eviterà un impatto negativo sulle PMI. La partita resta aperta e il Consiglio europeo di oggi sarà determinante per capire se prevarrà la via diplomatica o se si aprirà una nuova fase di tensione commerciale.

Una sfida strategica per l’Unione Europea

Oltre l’immediato negoziato, la questione dei dazi con gli Stati Uniti pone una domanda più ampia sulla capacità dell’Unione di agire come potenza autonoma. Il dibattito in corso mette in luce le difficoltà strutturali dell’Europa nell’affermare una politica industriale comune, efficace e sostenibile. La dipendenza da alleati esterni, l’assenza di un’unione fiscale e le divisioni interne rendono difficile rispondere con prontezza alle sfide globali. Il compromesso sui dazi potrebbe essere solo un primo passo: ciò che serve è una nuova visione strategica che metta al centro la sovranità economica europea.



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