L’assemblea degli azionisti di Mediobanca, prevista per il prossimo 25 settembre a Milano, potrebbe segnare una svolta per il futuro della finanza italiana e, in particolare, per il controllo del colosso assicurativo Generali. In questa partita complessa e ad alta tensione, un ruolo di rilievo lo stanno giocando alcune casse previdenziali private, responsabili della gestione pensionistica di ampie categorie di professionisti italiani.
Le prime avvisaglie di questo coinvolgimento si sono avute lo scorso 17 aprile, durante l’assemblea del Monte dei Paschi di Siena. È infatti attraverso l’istituto toscano che lo schieramento riconducibile all’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone sta cercando di acquisire la maggioranza di Mediobanca e, indirettamente, di Generali. In quell’occasione, a favore dell’aumento di capitale necessario per lanciare l’offerta pubblica di scambio su Mediobanca, si sono schierate diverse casse previdenziali. Tra queste, spiccava l’Enpam, ente di previdenza dei medici e dei dentisti, che ha dichiarato una quota pari all’1,96% dell’azionariato.
La controffensiva di Mediobanca
A distanza di due mesi, il contesto si è ulteriormente evoluto. Il consiglio di amministrazione di Mediobanca ha infatti risposto all’attacco con una propria contro-mossa: un’offerta pubblica di scambio rivolta agli azionisti di Banca Generali, la società del gruppo Generali specializzata nella gestione del risparmio. Questa proposta, che verrà votata nell’assemblea del 25 settembre, prevede lo scambio delle azioni di Banca Generali con una parte della partecipazione che Mediobanca detiene direttamente in Generali (pari al 13,1% del capitale).
Se l’operazione andasse in porto, nascerebbe il più grande gruppo italiano dedicato alla gestione patrimoniale. Inoltre, Mediobanca si libererebbe della propria partecipazione in Generali, mentre il gruppo triestino si ritroverebbe con un 6,5% del proprio capitale in azioni proprie, da utilizzare per eventuali acquisizioni o per attrarre nuovi soci strategici.
I voti decisivi in assemblea
La tensione in vista dell’assemblea è palpabile. Secondo le anticipazioni più accreditate, il voto si giocherà sul filo del rasoio. I grandi fondi internazionali sembrano orientati a sostenere la proposta del consiglio di Mediobanca. Di contro, lo schieramento guidato da Caltagirone è determinato a bloccare l’operazione per mettere sotto pressione l’attuale management e riaprire la partita sul controllo delle Generali.
In questo equilibrio precario, le casse previdenziali possono assumere un ruolo decisivo. Secondo indiscrezioni mai smentite, nell’azionariato di Mediobanca avrebbero preso posizione non solo l’Enpam, ma anche l’Enasarco (agenti di commercio) e la Cassa Forense (avvocati), per una quota complessiva superiore al 5%. Questo pacchetto potrebbe rivelarsi determinante per rafforzare il fronte pro-Caltagirone.
Gli enti previdenziali come investitori istituzionali
Il tema della partecipazione degli enti previdenziali all’economia nazionale è da tempo al centro del dibattito. Le casse private gestiscono complessivamente circa 97 miliardi di euro in asset, oltre la metà dei quali è attualmente investita all’estero. Circa 19 miliardi sono invece allocati in titoli del debito pubblico italiano.
Da anni si discute della possibilità di indirizzare parte di queste risorse verso l’economia reale: supportare piccole e medie imprese con alto potenziale, agevolare la crescita di multinazionali familiari italiane, oppure sostenere startup innovative, oggi penalizzate dalla scarsità di capitali di rischio. Dopo 18 mesi di lavori, una commissione parlamentare ha recentemente concluso un’indagine conoscitiva su questo tema. Il 12 giugno, il presidente della commissione, Alberto Bagnai, ha affermato – secondo quanto riportato dall’associazione Adepp – che il rapporto approvato consentirà di valutare «le sfide e le opportunità che il sistema previdenziale affronta nel suo percorso di evoluzione verso un ruolo più attivo come investitore istituzionale, tenendo conto delle specifiche caratteristiche di rischio e rendimento degli investimenti nell’economia reale».
Tra investimenti strategici e logiche speculative
In attesa che il Parlamento definisca un quadro normativo coerente per orientare i capitali previdenziali verso obiettivi di lungo termine, alcuni enti hanno già scelto di muoversi autonomamente. Partecipando agli scontri di potere che attraversano oggi l’alta finanza italiana, alcune casse stanno utilizzando le risorse destinate alle pensioni per sostenere strategie speculative ad alto rischio.
Una scelta che solleva più di una perplessità. In molti casi, infatti, questi enti sono entrati nelle partite in corso solo nelle ultime fasi, quando i titoli di Mediobanca hanno già raggiunto quotazioni molto elevate, spinte dall’interesse degli investitori. Al contrario, soggetti come Caltagirone o Delfin sono presenti da tempo, avendo acquistato a prezzi più favorevoli.
Per avere un’idea dell’impegno richiesto: nelle ultime settimane, acquistare in Borsa l’1% del capitale di Mediobanca può aver richiesto un esborso compreso tra i 170 e i 180 milioni di euro. Una cifra importante, soprattutto se destinata unicamente a sostenere un voto contrario in assemblea, senza una strategia industriale definita. E che lascia aperti numerosi interrogativi sulla coerenza e sulla prudenza di questo tipo di investimenti.
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