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Crisi del credito in Calabria, l’allarme di Napoli: «Crollano i prestiti alle Pmi e il 73% dei comuni non dispone di uno sportello bancario»


Intervista a Francesco Napoli, vicepresidente nazionale della confederazione delle piccole e medie imprese, che denuncia le difficoltà legate all’accesso al credito e i problemi legati alla desertificazione bancaria

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In Calabria crollano i prestiti alle Pmi, dal 2011 si sono ridotti di un terzo (da più di 900 miliardi a circa 600 miliardi di euro) e le difficoltà connesse all’accesso al credito, fanno i conti con un’altra grave emergenza: la desertificazione bancaria, con il 73% dei comuni che non è dotato di uno sportello. A lanciare l’allarme, su LaC News24, è Francesco Napoli, vicepresidente nazionale di Confapi, la confederazione delle piccole e medie imprese, e presidente di Confapi Calabria.

Presidente Napoli, i dati sull’economia calabrese disegnano uno scenario nel quale le Pmi sono fortemente esposte alle difficoltà connesse all’accesso al credito. A cosa si deve il calo nell’erogazione dei prestiti?
«Il credito bancario alle imprese si sta ritirando, e in Calabria il quadro è ancora più grave. I prestiti bancari alle aziende, dal 2011 a oggi, si sono ridotti di oltre un terzo: si è passati da più di 900 miliardi a circa 600 miliardi di euro. Questo calo non è uniforme: nelle regioni più fragili come la Calabria, la contrazione è stata ancora più marcata e ha colpito in particolare le piccole imprese, che costituiscono l’ossatura produttiva del territorio. Le difficoltà nell’accesso al credito sono il sintomo di una disconnessione strutturale tra il sistema bancario e il tessuto produttivo del Mezzogiorno. Le banche hanno progressivamente abbandonato il presidio fisico sul territorio, specialmente nei comuni più piccoli. Questo ha reso difficile anche il semplice contatto tra imprenditore e istituto di credito. Molte PMI, inoltre, non riescono a soddisfare i criteri formali per ottenere finanziamenti, pur avendo progetti solidi e potenziale industriale. Il rapporto fiduciario tra banca e impresa, un tempo alla base dello sviluppo locale, oggi si è purtroppo dissolto».

Come si può intervenire per invertire questo trend?
«Bisogna agire su più fronti. In primo luogo rafforzare e rendere più accessibili gli strumenti pubblici di garanzia, come il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI. In secondo luogo, servono banche che tornino a essere partner dello sviluppo e non semplici erogatori di prodotti standardizzati. Confapi sta costruendo accordi con operatori bancari e fintech per proporre soluzioni nuove, rapide e personalizzate. Ma è essenziale anche il ruolo della politica: occorrono incentivi all’aggregazione tra imprese, sostegno alla formazione finanziaria e una strategia nazionale per le aree svantaggiate. Il credito deve tornare a essere leva di sviluppo, non ostacolo alla sopravvivenza».

Una delle conseguenze è il ritardo nei pagamenti e l’incapacità di rispettare le scadenze. Cosa comporta tutto ciò per le Pmi calabresi?
«In Italia ci sono i soldi, ma non girano. Ciò costituisce un freno alla crescita economica. E le imprese chiudono. Il governo sottovaluta questo aspetto cruciale. La Legge Europea sui Pagamenti a 30 Giorni è il Paradosso della Liquidità in Italia. In Italia, la legge europea che impone il pagamento delle transazioni entro 30 giorni, pensata per migliorare la liquidità delle piccole e medie imprese (Pmi), è rimasta purtroppo in gran parte inattuata. Nonostante l’intenzione di stimolare un circolo virtuoso per la crescita economica, questa normativa si scontra con le difficoltà strutturali del nostro Paese. Il principio che “più gira il denaro più si genera economia” , è un concetto cardine della teoria economica. La velocità con cui il denaro circola in un sistema stimola l’attività economica, aumentando la domanda e la produzione. Testimoniano questo paradosso i ritardi sul PNRR: ad oggi, solo un terzo delle risorse previste è stato effettivamente impegnato. Come dire, abbiamo i soldi, ma non riusciamo a farli circolare».

Si spieghi meglio.
«La liquidità, che dovrebbe fluire con maggiore rapidità, viene trattenuta, creando una stagnazione che non consente un effettivo dinamismo economico. Le pmi sono le prime a pagarne le conseguenze. I ritardi nei pagamenti da parte dei committenti, uniti alla crescente burocrazia e all’incertezza del sistema fiscale, mettono a rischio la stabilità di queste aziende, che faticano a sopravvivere in un ambiente caratterizzato da una mancanza di liquidità. Il mancato rispetto dei tempi di pagamento, infatti, non solo minaccia la salute economica delle singole Pmi, ma contribuisce anche alla fragilità dell’intero sistema economico nazionale. Il principale imputato in questo ritardo dei pagamenti è senza dubbio la Pubblica Amministrazione, e in particolare i ministeri, che sono spesso responsabili di pagamenti in ritardo verso le imprese che, nonostante abbiano impegnato risorse significative, si trovano prive di liquidità, mettendo a dura prova la capacità di resistenza che non è uguale a quella delle grandi imprese, creando un divario sempre più ampio tra le due categorie. L’effetto più devastante di questa situazione è la progressiva acquisizione di imprese italiane da parte di investitori stranieri. Se le Pmi non sono in grado di far fronte ai propri impegni con la liquidità necessaria ad operare, la loro competitività sul mercato diminuisce, favorendo l’ingresso di capitali esteri che si appropriano di pezzi strategici dell’economia italiana. È evidente che la mancanza di liquidità sta erodendo la nostra competitività, mettendo a rischio la sovranità economica del paese. In sintesi, l’Italia sta affrontando una serie di sfide strutturali che compromettono la circolazione del denaro e la crescita economica. La combinazione di ritardi nei pagamenti, burocrazia inefficace, difficoltà di accesso al credito e un’economia sommersa alimentano una spirale di stagnazione che impedisce alle nostre imprese di prosperare. È urgente un intervento deciso da parte delle istituzioni per rendere davvero operativo il pagamento tempestivo delle transazioni e per semplificare l’accesso al credito e ai fondi europei. Solo così potremo garantire alle Pmi italiane la liquidità necessaria per competere in un mercato globale sempre più dinamico e sfidante».

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Bankitalia nel suo report annuale ha evidenziato l’assenza di sportelli bancari in una percentuale altissima di comuni calabresi che certamente non facilita la nascita di nuove imprese. 
«La desertificazione bancaria in Calabria è un fatto drammatico. Più della metà dei comuni non ha nemmeno uno sportello bancario attivo. Questo significa esclusione finanziaria non solo per le imprese, ma anche per i cittadini, soprattutto i più anziani o non digitalizzati. L’assenza di banche sul territorio ostacola la nascita di nuove imprese, complica la gestione delle esistenti e contribuisce a svuotare i paesi. Serve un piano nazionale per il ritorno dei servizi bancari nelle aree interne, anche attraverso forme innovative come sportelli mobili, convenzioni con le poste o strumenti digitali assistiti. Dove manca la finanza, manca anche lo sviluppo».

Nel suo ultimo libro “Dalla crisi alla rinascita”, lei parla di sfide globali e instabilità. C’è ancora spazio per un nuovo miracolo economico?
«Io sono convinto di sì. Ma sarà un miracolo diverso, fondato sulle Pmi, sulle reti, sull’innovazione e sulla legalità. Le imprese italiane – e quelle del Sud in particolare – hanno dimostrato una capacità di resistenza e adattamento straordinaria. Se adeguatamente sostenute, possono diventare protagoniste di una nuova stagione di sviluppo. La chiave per la crescita delle Pmi e per il rilancio dell’economia italiana passa da due sfide cruciali: la semplificazione amministrativa e l’energia. Questo governo è chiamato ad agire con determinazione su entrambi i fronti. L’Italia soffre da sempre di un eccessivo carico burocratico che frena l’iniziativa imprenditoriale e scoraggia gli investimenti, sia nazionali che internazionali. Snellire le procedure, rendere più efficienti i processi autorizzativi e creare un contesto normativo chiaro e stabile sono condizioni indispensabili per liberare il potenziale produttivo del Paese.

Al tempo stesso, il tema dell’energia non è più rinviabile. Le nostre imprese non possono continuare a pagare costi energetici nettamente superiori a quelli dei principali partner europei: +75% rispetto alla Francia, +50% rispetto alla Germania. Per questo è necessario accelerare con decisione sulla transizione verso le fonti rinnovabili, semplificando l’iter autorizzativo e promuovendo un modello di approvvigionamento energetico equo, sostenibile e competitivo. Semplificazione e energia: sono questi i due pilastri su cui costruire un nuovo miracolo economico italiano, fondato sulla forza delle Pmi, sull’innovazione, sulle reti territoriali e sulla legalità».



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