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Dispositivi medici: «Così leghiamo Esg e salute»


Il Direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici spiega che le aziende del settore hanno nel dna la cultura della responsabilità etico-sociale e sono ben consapevoli che gli Esg possono essere un driver di innovazione. Ma in questa fase di transizione digitale e sostenibile si trovano ad affrontare molte sfide

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Una maggiore attenzione politica e industriale al legame tra Esg e salute permetterà di lavorare alla costruzione di un sistema sanitario più resiliente, efficace ed efficiente. Ne è convinto Guido Beccagutti (nella foto), Direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici Servizi, in questa intervista in cui racconta il percorso condiviso con le aziende associate sui temi Esg, a partire dal Codice Etico per promuovere «un cambiamento culturale capace di unire la dimensione del profitto con quella di una competitività regolata da trasparenza, correttezza e responsabilità», che «ha portato a trasformare Confindustria Dispositivi Medici Servizi in Società Benefit nel 2023». Il manager spiega che «il settore dei dispositivi medici sta integrando gli ambiti Esg in tutte le operazioni, i processi e la catena di approvvigionamento» e che «essendo un settore altamente tecnologico e innovativo ha chiaro il valore competitivo dell’innovazione sostenibile di prodotto e di processo». Per Beccagutti «negli ultimi 10 anni il tema della sostenibilità è letteralmente esploso sui mercati e nel dibattito politico, economico e finanziario» e individua nel 2015 l’anno spartiacque, anche se aggiunge che «oggi siamo in una fase di assestamento, se non di rallentamento».

Esiste un’entità che raggruppa le aziende dello stesso settore nel territorio e rappresenta un’identità collettiva? Come si è evoluta questa rappresentanza rispetto agli Anni 90?

La nostra associazione Confindustria dispositivi medici rappresenta su tutto il territorio nazionale le imprese del settore che operano in Italia. Si tratta di un tessuto industriale composto da 4.648 imprese che occupano oltre 130mila addetti, dove le piccole imprese convivono con i grandi gruppi, ma è molto vivo anche il mondo delle startup e piccole e medie imprese innovative. Parliamo di aziende che producono e commercializzano nelle strutture sanitarie pubbliche e private oltre 1,5 milioni di tecnologie per la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione delle persone come pacemaker, bisturi, ausili, protesi acustiche e ortopediche, test diagnostici, colliri e sciroppi, ecografi e grandi apparecchiature per la diagnostica. La nostra associazione è cresciuta molto dagli anni 90, soprattutto in termini di tecnologie e di imprese rappresentative del settore, che negli ultimi 40 anni, stanno guidando una rivoluzione tecnologica senza precedenti: dalla stampa 3D alle nanotecnologie, dalla medicina personalizzata attraverso lo studio dei biomarker o della genomica al controllo del paziente in telemedicina. Ma anche le terapie digitali, ossia quei software o app per la salute destinati a trattare o alleviare malattie come il diabete, le malattie cardiovascolari, le broncopneumopatie, le malattie neurologiche e neuropsichiatriche. Non ultima l’intelligenza artificiale che dalla diagnostica precoce alla personalizzazione dei piani terapeutici, solo per citare alcune applicazioni, offre nuove opportunità per migliorare gli esiti clinici e l’esperienza del paziente.

I temi della sostenibilità ambientale, sociale e di governance (Esg) hanno un ruolo strategico nelle attività delle aziende del vostro settore? Se sì, questo ruolo strategico è prevalentemente connesso a una riduzione di rischi o costi, oppure si percepisce anche un valore competitivo sul mercato?

Clima, sostenibilità e salute sono intrinsecamente legati. E siamo consapevoli che una maggiore attenzione politica e industriale a questo legame permetta di lavorare alla costruzione di un sistema sanitario più resiliente, efficace ed efficiente nella prevenzione, diagnosi, cura e trattamento delle patologie. Siamo in un momento cruciale di trasformazione, dato dalla connessione della transizione digitale con quella sostenibile e le nostre imprese sono consapevoli delle sfide che ci troviamo ad affrontare. Il modo in cui lo faremo segnerà il futuro del nostro business in un contesto geopolitico non semplice. E dare priorità alla sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari, al loro benessere, lavorando sulla riduzione delle infezioni e la necessità di interventi, sulla prevenzione, sull’ottimizzazione del percorso di cura riducendo la degenza ospedaliera e/o gli spostamenti da e verso le strutture ospedaliere è essenziale per fornire un’assistenza sanitaria capace di ridurre l’impronta carbonica e più in generale l’impatto ambientale. La qualità e i risultati clinici sono insomma un importante motore di sostenibilità. Il settore dei dispositivi medici sta quindi integrando gli ambiti Esg in tutte le operazioni, i processi e la catena di approvvigionamento. Essendo un settore altamente tecnologico e innovativo ha chiaro il valore competitivo dell’innovazione sostenibile di prodotto e di processo. Tanti i casi di aziende che stanno presentando sul mercato device grazie ai quali ridurre ad esempio i consumi di acqua e di energia in fase di utilizzo o prodotti in modo responsabile.

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Il ruolo strategico della sostenibilità è percepito/valorizzato dalle aziende del settore?

Le aziende dei dispositivi medici hanno nel loro dna la cultura della sostenibilità e della responsabilità etico-sociale. L’attenzione al benessere del paziente, alla qualità e alla sicurezza delle prestazioni, il lavoro costante di innovazione tecnologica che si intreccia con la ricerca di base e medico-scientifica ne sono rilevatori. Come associazione siamo partiti proprio da questa consapevolezza per impostare già diversi anni fa un percorso condiviso con le aziende associate sul Codice Etico. Uno degli strumenti di governance su cui continuiamo a lavorare, grazie a cui promuoviamo un cambiamento culturale capace di unire la dimensione del profitto con quella di una competitività regolata da trasparenza, correttezza e responsabilità.

C’è un momento in cui è scattata questa consapevolezza sul valore della sostenibilità?

Negli ultimi 10 anni il tema della sostenibilità è letteralmente esploso sui mercati e nel dibattito politico, economico e finanziario. Il 2015 è stato un vero spartiacque con l’adozione da parte dell’Onu dell’Agenda 2030, che comprende i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdgs), l’Accordo di Parigi, la Cop21, l’enciclica di Papa Francesco “Laudato Si”, l’orientamento dei gestori patrimoniali sugli investimenti Esg e, non ultimo, l’entrata in vigore della legge italiana sulle Società Benefit. Questo movimento ha portato all’architettura del Green Deal europeo, su cui ci si sta riconfrontando, ma che di fatto orienta le imprese nella loro operatività. Oggi, diversamente, siamo in una fase di assestamento, se non di rallentamento. Una fase che permette però alle aziende di pianificare strategicamente il proprio percorso e gettare le basi per una costruzione solida. Anche se sono ancora molto forti le leve finanziarie e del mercato, nonostante la cornice legislativa non sia più un acceleratore. In questo decennio, come associazione, abbiamo iniziato una sensibilizzazione trasversale sul tema e una costruzione valoriale e operativa, che è esplosa negli anni della pandemia, dove tutti abbiamo toccato con mano cosa vuol dire one health, una sola salute per un solo pianeta. Le nostre aziende si sono messe in gioco per rispondere alle emergenze pandemiche e hanno preso sempre più coscienza della necessità di una trasformazione sostenibile del proprio modo di operare. Noi con loro, abbiamo avviato il processo che ci ha portato a trasformare la nostra società di consulenza e formazione, Confindustria Dispositivi Medici Servizi in Società Benefit nel 2023 e a declinare nel nostro statuto il nostro impegno.

Quante aziende del vostro settore ritiene siano oggi consapevoli del valore strategico degli Esg? Questa percentuale è in crescita? Perché?

Con il nostro centro studi monitoriamo da anni dei dati molto interessanti per stabilire il livello di sostenibilità del settore, quello dell’occupazione femminile in generale nel settore e nelle posizioni apicali, insieme agli investimenti in ricerca e innovazione. Quest’anno, per la prima volta, abbiamo lanciato una survey alle nostre imprese associate dedicata alla sostenibilità con l’obiettivo di avere una mappatura del grado di maturità del comparto. Il 33,3% ha intrapreso un percorso sostenibile e il 24,4% intende metterlo a sistema nei prossimi 3 anni. Un aspetto interessante è che il 58% delle imprese intervistate effettua già una reportistica Esg, anche parte di quelle aziende che non hanno ancora messo a sistema una pianificazione della sostenibilità. È un indicatore sintomatico del trend positivo che avremo nei prossimi anni.

Monitorate l’attenzione verso la sostenibilità a livello di associazione? C’è una forma di coinvolgimento o di formazione su questi temi?

Abbiamo una funzione dedicata alla trasformazione Esg grazie a cui strutturiamo attività di coinvolgimento, informazione e sensibilizzazione per le imprese del settore. Per il nostro modo di operare è molto importante dare la possibilità ai nostri associati di fare rete e confrontarsi sui temi di interesse, mettendo a fattor comune best practices e punti di vista, proprio per questo abbiamo attivato il “Forum Sostenibilità”, uno strumento di incontro, confronto e aggiornamento continuo sui temi ambientali, sociali e di governance che interessano la trasformazione sostenibile. Da qui sono nate diverse iniziative, abbiamo definito una guida operativa che supporta le aziende nel processo di rendicontazione di sostenibilità, sia volontario sia obbligatorio e abbiamo fatto formazione su questo aspetto. Abbiamo recentemente dedicato dei focus sulla parità di genere, guidando le aziende all’ottenimento della certificazione e con la nostra società di servizi accompagniamo le imprese su questo percorso e più in generale sulla diversity e inclusion delle risorse umane. Monitorando i principali dossier Esg, ci stiamo rendendo conto che la varietà dei segmenti merceologici di mercato presenti all’interno del nostro settore, dai dispositivi impiantabili, ai grandi macchinari di imaging o ai dispositivi a base di sostanze, solo per citarne alcuni, esprimono l’attenzione alla sostenibilità in modo molto diverso e hanno individuato opportunità e criticità differenti.

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Ci sono azioni “di distretto”, cioè collettive, sul fronte Esg? Ci sono investimenti collettivi, a livello di territorio, in ricerca sulla sostenibilità?

Le maggiori azioni collettive sono a livello europeo, ad esempio il progetto Innovative Health Initiative ha recentemente lanciato la Call 10, con un bando di ricerca focalizzato sulla riduzione dell’uso dei Pfas e l’esplorazione di alternative che garantiscano la sicurezza e l’efficacia dei prodotti sanitari. Il progetto coinvolge un consorzio di 26 aziende farmaceutiche e biomedicali, con un investimento di almeno 48 milioni di euro, suddiviso equamente tra contributi dell’industria e finanziamenti pubblici, e i risultati dei progetti di ricerca saranno disponibili dopo il 2030.

Quali sono i maggiori rischi e sfide legati agli Esg a livello di settore?

Fra i maggiori rischi c’è quello di un carico amministrativo e burocratico per le nostre imprese eccessivo, un carico che a volte rallenta il percorso invece di supportarlo. Per noi sarebbe molto importante armonizzare la legislazione di sostenibilità tra i diversi Paesi europei, questo significa poter liberare risorse e non disperderle negli adeguamenti normativi locali, ad esempio. Ma anche semplificare e far parlare in modo diretto la legislazione verticale di settore con quella trasversale sull’ambiente. Il Governo dovrebbe farsi promotore di un confronto costruttivo a livello europeo, finalizzato a elaborare proposte legislative bilanciate, che tutelino la salute e l’ambiente, senza compromettere la competitività del sistema produttivo. Un’altra sfida è quella legata a una raccolta sistematica di evidenze e dati sulle maggiori aree di impatto per la sostenibilità ambientale e sociale, oltre che economica, dei sistemi sanitari. Una valutazione regolare del settore della tecnologia medica è necessaria per una gestione più efficace ed efficiente e una pianificazione delle politiche e degli investimenti.  E ricordo infine due caratteristiche del nostro settore che necessitano di particolare attenzione. Oltre il 90% delle aziende sono pmi e richiedono misure di supporto e strumenti dedicati per la transizione Esg e la stratificazione delle supply chain, dai materiali di produzione ai semilavorati per arrivare ai dispositivi finiti, spesso questa complessità si scontra con il limitato potere di acquisto dell’industria dei dispositivi medici.

Crede che la sostenibilità possa essere un driver collettivo a livello di settore?

Assolutamente, la sostenibilità può essere un driver collettivo del nostro settore e dare un’ulteriore spinta all’innovazione. Tanti i temi che le nostre aziende stanno attenzionando, dalla sfida della circolarità e della gestione dei rifiuti, spesso speciali, a quella della riduzione dell’impronta carbonica e dell’impatto della catena del valore. L’attenzione è insomma sugli aspetti pratici dell’integrazione dei criteri Esg e sull’equilibrio tra sostenibilità ambientale, sicurezza del paziente e innovazione tecnologica in un settore altamente sensibile e normato come il nostro.

Alessia Albertin

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