Prestito personale

Delibera veloce

 

un addio accelerato di Eni al Sud con una transizione ancora tutta da costruire


A Ragusa si punta su un agri-hub per la produzione di oli vegetali, un centro di ricerca sul riciclo delle plastiche, un acceleratore per start-up anche sulle iniziative di Eni Joule

Ragusa – In appena sei mesi, Versalis – la controllata chimica di Eni – ha completato la fermata degli impianti di Brindisi, Ragusa e, tra pochi giorni, Priolo. Una decisione annunciata e portata a termine nei tempi previsti, che segna la fine della chimica di base nel Sud Italia e apre una fase nuova, complessa e ancora tutta da costruire: quella della riconversione industriale.

La fermata di Priolo, prevista per l’inizio di luglio, rappresenta un passaggio particolarmente delicato. Si tratta infatti di uno degli impianti più grandi d’Europa per la produzione di etilene e tagli aromatici, fondamentali per alimentare l’intera filiera produttiva di Versalis in Italia. La sua chiusura non è solo simbolica: è strutturale. E impone una riorganizzazione profonda della logistica e dell’approvvigionamento, che da ora in poi dovrà contare su forniture via nave e via tubo da altri siti, come Porto Marghera.

I tre poli del Sud, oggi fermi, condividono un destino comune ma progetti di riconversione differenti. A Brindisi si guarda allo sviluppo di tecnologie per l’accumulo energetico. A Ragusa si punta su un agri-hub per la produzione di oli vegetali, un centro di ricerca sul riciclo delle plastiche, un acceleratore per start-up anche sulle iniziative di Eni Joule, la scuola per l’impresa del gruppo, che ha avviato un Innovation Lab per attrarre giovani talenti e startup innovative. Priolo, infine, è destinata a ospitare una bioraffineria avanzata e un impianto di riciclo chimico degli scarti plastici.

Sono idee ambiziose, ma ancora in fase embrionale. Gli investimenti potranno partire solo dal 2026, dopo studi di fattibilità e progettazione. E nel frattempo?

Il piano industriale di Eni prevede oltre 2 miliardi di euro entro il 2029, ma i progetti di riconversione non sono ancora coperti da finanziamenti diretti. Tutto ruota attorno alle intese siglate con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nell’ambito del “Protocollo della Chimica”. Una cornice istituzionale importante, ma che da sola non basta a garantire tempi certi e occupazione stabile.

Oggi circa 1.200 lavoratori diretti e oltre 3.000 dell’indotto sono impegnati nelle attività di bonifica e messa in sicurezza. Ma la domanda che si fa sempre più urgente è: cosa accadrà nei prossimi anni, in attesa che i cantieri prendano forma?

Il tema del ricollocamento è centrale. In assenza di attività produttive concrete nel breve periodo, l’unica alternativa potrebbe essere il trasferimento verso altri stabilimenti Eni, situati prevalentemente al Nord. Una prospettiva che solleva interrogativi sociali e familiari, soprattutto per chi ha radici profonde nei territori del Sud. In altri siti, come Porto Marghera, si sono già registrati casi di mobilità forzata, con cambi di mansione e sede. È dunque legittimo chiedersi se Eni intenda valorizzare le competenze esistenti nei siti dismessi, oppure se si stia preparando a una redistribuzione del personale su scala nazionale.

Il caso Versalis rappresenta una sfida cruciale per la politica industriale italiana. È possibile abbandonare la chimica di base senza compromettere la sovranità produttiva del Paese? E soprattutto: si può davvero parlare di riconversione se non si garantisce una transizione occupazionale equa e sostenibile?

La trasformazione è iniziata. Ma il suo esito dipenderà dalla capacità di coniugare visione industriale, coerenza negli investimenti e attenzione alle persone.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Conto e carta

difficile da pignorare