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Eurozona, nuovo pressing della BCE: urgente l’Unione dei risparmi e degli investimenti


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Nel secondo trimestre l’Eurozona rallenterà. E i governi devono accelerare sulle riforme per accrescere la competitività dell’Area. Inflazione in ritirata, ma la politica monetaria resta data-driven

In un momento di massima incertezza come quello attuale, per l’Eurozona aumentare la sua produttività è di importanza vitale. La crescita economica è infatti destinata a rallentare ulteriormente a causa di dazi e guerre e il rafforzamento dell’Area non può prescindere dal completamento dell’Unione dei risparmi e degli investimenti. È questo in estrema sintesi il messaggio contenuto nel bollettino economico della Banca centrale europea, da cui emerge chiaro l’appello ai governi ad assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche, attuare le riforme strutturali e favorire gli investimenti strategici.

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Nel secondo trimestre l’Eurozona rallenterà

Nei primi tre mesi del 2025, si legge nel documento, l’economia dell’Area euro è cresciuta dello 0,3%, dopo un’espansione dello 0,2% messa a segno nel quarto trimestre del 2024. Tuttavia, al momento, gli indicatori segnalano un rallentamento dell’attività nel periodo aprile-giugno. Per ora quindi la Bce conferma una crescita dello 0,9% del Pil dell’Eurozona per quest’anno, collocandola invece all’1,1 nel 2026 e all’1,3 nel 2027. Ma avverte che ulteriori difficoltà potrebbero derivare “da un crescente protezionismo e da misure distorsive per gli scambi commerciali, che potrebbero incidere in modo sproporzionato sul comparto manifatturiero rispetto ad altri settori”. In prospettiva, l’attesa è quindi che “l’elevato livello di incertezza, le tensioni commerciali e le perduranti perdite di competitività in qualche misura limitino la velocità della ripresa”. A fronte di questo però, viene sottolineato, la ripresa prevista dovrebbe essere sostenuta da redditi più elevati e da costi di indebitamento inferiori, in parte grazie alla riduzione dei tassi di interesse.

I rischi, insomma, restano orientati verso il basso. E un ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali su scala mondiale, oltre alle incertezze a queste associate, potrebbero indebolire la crescita del blocco frenando le esportazioni e comprimendo investimenti e consumi. “Un deterioramento del clima di fiducia nei mercati finanziari potrebbe determinare condizioni di finanziamento più stringenti e maggiore avversione al rischio, nonché ridurre la propensione di imprese e famiglie agli investimenti e ai consumi”, viene sottolineato. Tra le maggiori fonti di incertezza, restano le tensioni geopolitiche, come la guerra “ingiustificata” della Russia contro l’Ucraina e il “tragico” conflitto in Medio Oriente. Per contro, un rapido allentamento delle tensioni commerciali e geopolitiche potrebbe migliorare il clima di fiducia e stimolare l’attività. Inoltre, “un ulteriore incremento della spesa per difesa e infrastrutture, insieme a riforme intese a migliorare la produttività, contribuirebbe inoltre alla crescita”, avvertono da Francoforte.

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Urgente completare l’Unione dei mercati

Quello della produttività è proprio il punto cruciale evidenziato nel Bollettino. “Nell’attuale contesto geopolitico è ancora più urgente che le politiche strutturali e di bilancio accrescano la produttività, la competitività e la capacità di tenuta dell’economia”, si rimarca. Rimandando all’iniziativa della Commissione europea denominata Bussola per la competitività che rappresenta “un piano di azione concreto, le cui proposte, tra cui quelle sulla semplificazione, andrebbero attuate prontamente”. Tra queste, spicca il completamento dell’Unione dei risparmi e degli investimenti, “secondo una tabella di marcia chiara e ambiziosa”. Per l’Eurotower è inoltre importante anche definire rapidamente il quadro legislativo da applicare in vista della possibile introduzione di un euro digitale. E i governi dovrebbero assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche in linea con il quadro della governance economica dell’UE, nonché “dare priorità alle riforme strutturali e agli investimenti strategici volti a favorire la crescita”.

Inflazione in ritirata ma la politica monetaria resta basata sui dati

L’inflazione si attesta attualmente intorno all’obiettivo del 2%. Secondo gli esperti Bce, dovrebbe collocarsi in media al 2% nel 2025, all’1,6% nel 2026 e al 2% nel 2027. Rispetto alle proiezioni di marzo, si tratta di una revisione al ribasso di 0,3 punti percentuali per questo e per il prossimo anno, dovuta soprattuto alle ipotesi di prezzi dell’energia inferiori e di un rafforzamento dell’euro. Gli esperti si attendono che l’indice core si porti invece in media al 2,4% nel 2025, all’1,9% nei due anni successivi, sostanzialmente in linea con le stime di marzo. Quanto alla politica monetaria, viene ribadito come la mancanza di chiarezza sul futuro continuerà comunque a favorire un approccio data-driven, riunione per riunione. Le decisioni sui tassi saranno infatti “basate sulle prospettive di inflazione, considerati gli indicatori economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria”. Christine Lagarde e colleghi, insomma, vogliono continuare ad avere le mani libere, sempre garantendo di esser pronti ad adeguare tutti gli strumenti di cui dispongono.

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