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Cina in rosso, la PboC tiene i tassi fermi. Giappone, inflazione core ai massimi da due anni




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Ultim’ora news 20 giugno ore 7


L’Asia chiude la settimana in maniera piuttosto volatile venerdì 20 giugno, alle ore 7:30 italiane il Nikkei viaggia sotto la parità, l’Hang Seng perde l’1,2%, mentre Shanghai sale dello 0,15%. L’euro guadagna lo 0,2% a 1,1521 e i futures sul Nasdaq si muovono in flessione dello 0,2%.

La Cina mantiene invariati i tassi

La Banca Popolare Cinese (PBoC) ha mantenuto invariati i principali tassi di interesse sui prestiti nel fixing di giugno, in linea con le aspettative di mercato. La decisione arriva dopo il taglio di 10 punti base dei costi di finanziamento effettuato il mese scorso per sostenere l’economia di fronte all’impatto dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti.

La mossa arriva in un contesto di dati macroeconomici contrastanti, che tuttavia suggeriscono che la Cina resta sulla buona strada per raggiungere il proprio obiettivo di crescita del Pil, nonostante le nuove pressioni commerciali statunitensi.

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Le vendite al dettaglio a maggio 2025 sono cresciute al ritmo più veloce degli ultimi 15 mesi, mentre la produzione industriale ha registrato l’aumento più debole da sei mesi. I nuovi prestiti, inoltre, sono aumentati meno del previsto. Il tasso LPR a un anno — il riferimento per la maggior parte dei prestiti a imprese e famiglie — è stato confermato al 3,0%, mentre il tasso LPR a cinque anni — che orienta i mutui immobiliari — è rimasto invariato al 3,5%.

Inflazione in Giappone in calo, ma il core è ai massimi da due anni

L’inflazione annuale in Giappone è scesa al 3,5% a maggio 2025, rispetto al 3,6% registrato nei due mesi precedenti, toccando così il livello più basso da novembre. Questo lieve rallentamento si è verificato nonostante un’impennata dei prezzi del riso superiore al 100%, a dimostrazione della scarsa efficacia delle misure governative nel contenere il costo dei beni alimentari di base.

L’inflazione core, che esclude i prezzi più volatili, è invece salita al 3,7% rispetto al 3,5% di aprile, raggiungendo il livello più alto da oltre due anni, proprio in vista delle elezioni estive.

Il petrolio chiude la settimana in rialzo tra le tensioni Israele-Iran

I futures sul greggio Wti americano sono saliti a 75,7 dollari al barile venerdì, in rotta per il terzo rialzo settimanale consecutivo (+3,4%). Le crescenti tensioni in Medio Oriente continuano infatti ad alimentare i timori di interruzioni nelle forniture regionali. Israele e Iran hanno proseguito nello scambio di attacchi, con Israele che ha ordinato raid intensificati contro obiettivi strategici e governativi a Teheran. L’escalation segue la notizia di un missile iraniano che avrebbe colpito un importante ospedale in Israele.

Nel frattempo, l’attenzione è rivolta alla Casa Bianca, dove il presidente Donald Trump sta valutando la possibilità di lanciare attacchi militari diretti contro l’Iran, con una decisione attesa entro due settimane. Nonostante i rischi crescenti, l’Iran continua comunque a esportare petrolio, con una media settimanale di 2,2 milioni di barili al giorno — il livello più alto delle ultime cinque settimane.

I prezzi del petrolio sono stati sostenuti anche da un calo delle scorte statunitensi superiore alle attese, con i dati ufficiali che segnalano la più grande riduzione settimanale da un anno a questa parte. (riproduzione riservata)



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