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«Portiamo nelle Marche aziende leader, così le nostre faranno filiera. Fusioni e aggregazioni? Conta la cassa»


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Mirco Carloni, deputato, presidente della commissione Agricoltura della Camera dei deputati ed ex assessore alle attività produttive della Regione Marche: come far tornare le Pmi centrali?

«Non c’è una soluzione perché le Marche sono plurali. I distretti sono diversi e disarticolati. Dobbiamo rimettere al centro l’imprenditorialità, è l’unica sintesi che mi sento di fare. L’economia cambia tutti i giorni, se continueremo a parlare del passato non riusciremo a costruire nulla. Piuttosto, è necessario tenere alto quel denominatore comune ai vari territori e distretti. La voglia di fare, la fame di arrivare a essere un’impresa. Magari piccola, ma essere impresa». 

Come gestire il passaggio generazionale?

«Con il trasferimento di tecnologie e innovazione, sia di processo che di prodotto. Le imprese faranno il ricambio quando i padri permetteranno ai figli di introdurre innovazione. Inoltre la cultura della delega, che abitualmente subentra quando una nuova generazione prende in mano un’azienda, è un tema molto delicato. Anche qui ogni realtà aziendale fa storia a sé».

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Con la dimensione attuale delle Pmi, che rappresentano circa il 90% dell’economia marchigiana, l’intera economia regionale rischia di essere spazzata via a livello internazionale.

«Non conta la dimensione, ma la cassa. Se una azienda è piccola, ma ha un margine operativo buono, è meglio dell’azienda stratosferica che non ha marginalità. L’impresa genera ricchezza non solo per i proprietari. Penso, inoltre, che la nostra sia una delle regioni con la maggiore fertilità per il reshoring, cioè la capacità di attrarre aziende leader. Questo favorirebbe molto le piccole e micro imprese, costringendole a fare filiera e certificazioni. Sia d’esempio il bando della Regione che ha riportato nuova manifattura, dimostrando che le multinazionali investono volentieri sulle Marche. I costi della produzione potrebbero essere assorbiti dalla facilità di approvvigionamento e dalle competenze diffuse, proprio per la presenza di micro imprese con soft skills precise».

Prima da assessore e poi da parlamentare: quali le strategie messe in campo per permettere alle Pmi marchigiane di tornare competitive?

«Vorrei ricordare il “Bando Ricapitalizzazione”, con cui la Regione sta dando il 50% a fondo perduto sull’aumento di capitale proposto dall’azionista, penso sia l’unico caso in Italia. Le garanzie sul credito aiutano le banche a fare impieghi, con una valutazione del merito creditizio più favorevole. Nelle Marche, almeno per qualche anno, sono spariti i 17 miliardi di impieghi che faceva Banca Marche. È stato uno dei fenomeni di credit crunch peggiori della storia finanziaria, considerando anche la concentrazione così specifica su territorio, abitante e impresa. Abbiamo fatto 9 leggi economiche in regione, ma due in particolare sono quelle che devono essere prese a modello: quella degli ecosistemi (filiere) e quella delle imprese innovative (start up), oltre alle leggi regionali sulla multifunzionalità e sull’enoturismo».





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