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rincari per aziende e famiglie italiane, ecco cosa cambia


La recente guerra Israele-Iran ha innescato una tempesta perfetta sui mercati internazionali, con ripercussioni che si stanno facendo sentire in modo marcato sulla economia italiana. L’Italia, da sempre fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime energetiche, si trova ora a fare i conti con un’impennata dei prezzi energia che rischia di travolgere famiglie e imprese, generando una spirale di aumenti che si riverbera su tutta la filiera produttiva.

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La tensione geopolitica in Medio Oriente, d’altronde, non lascia spazio a dubbi: quando i venti di guerra soffiano tra Israele e Iran, le onde d’urto arrivano dritte nelle nostre bollette e nei bilanci delle aziende.

Le prime reazioni della guerra in Israele-Iran non si sono fatte attendere: il prezzo del gas naturale alla Borsa di Amsterdam ha registrato un balzo del 4%, attestandosi a 37,60 euro per megawattora.

Il petrolio non è stato da meno, con il WTI che ha messo a segno un aumento dell’8% e il Brent che si è spinto fino al +7,37%. Numeri che parlano chiaro e che, secondo gli analisti, potrebbero consolidarsi su livelli ben più elevati rispetto allo scorso anno. In questo scenario, la vulnerabilità energetica dell’Italia emerge in tutta la sua evidenza: oltre il 90% del gas e il 95% del petrolio che consumiamo arrivano dall’estero, mentre circa il 40% dell’elettricità nazionale è prodotta proprio grazie al gas.

Non stupisce, quindi, che l’aumento previsto tra il 10% e il 15% nei prezzi del gas si traduca in una stima per l’elettricità che potrebbe salire da 120-150 euro a 140-180 euro per megawattora.

Guerra Israele-Iran: ripercussioni sui settori industriali

I settori industriali sono tra i più colpiti da questa impennata dei costi. Nei trasporti, ad esempio, l’energia pesa per oltre il 30% dei costi totali, mentre nell’industria pesante l’incidenza si attesta tra il 25% e il 35%.

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Non va meglio per il comparto agroalimentare e per quello chimico-plastico, che vedono erodersi i margini di competitività. Le industrie ad alta intensità energetica, come ceramica, vetro e siderurgia, rischiano di subire rincari fino al 20%, con la concreta possibilità di dover scaricare questi aumenti sui prezzi finali, alimentando ulteriormente l’inflazione. In questo contesto, ogni euro risparmiato sull’energia diventa un’arma in più per restare a galla in un mercato sempre più turbolento.

Italia sotto pressione: urgenza di risposte concrete

L’attuale crisi tra Israele-Iran dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto l’economia italiana sia esposta agli shock geopolitici. La dipendenza dall’estero per le forniture energetiche ci rende fragili e costringe istituzioni e imprese a muoversi su un terreno minato, dove ogni passo falso può avere conseguenze pesanti su occupazione, investimenti e competitività.

È il momento di agire con decisione: servono strategie mirate per proteggere il tessuto produttivo e i consumatori, rafforzando le fonti rinnovabili e puntando sull’efficienza energetica. Solo così sarà possibile trasformare una crisi in un’opportunità di rilancio per il Paese.



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