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«Lettura alla base di tutto»


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L’intervento finale di Amedeo Colella

La giornata di lavori presso il Teatro San Carlo di Napoli si conclude con una performance finale di Amedeo Colella, scrittore e umorista napoletano.

Le proposte al Sindaco Manfredi e le conclusioni

Come attrarre a Napoli una grande società di produzione?

«È il sogno di tutti. Partiamo da quello che noi abbiamo, come la realtà di Luciano Stella. Penso sia importante rafforzare quello che abbiamo già. Da un punto di vista della realizzazione le più grandi realtà del mondo sono già arrivate».

Aprite l’orto botanica di domenica per gli eventi.

«Stiamo parlando di una struttura dell’Università. Quando ero Rettore veniva fatto, ma è un museo e non uno spazio verde qualsiasi. Quando è possibile viene aperto».

Incentivi per prezzi popolari per concerti/bonus teatro e libri

«Dovrebbero essere iniziative che arrivano dal Governo, ma è un’idea giusta. Noi facciamo un sacco di eventi gratuiti per fare in modo che ci siano eventi teatrali e musiciali aperti in maniera libera per consentire ai tanti che non si possono permettere un biglietto di partecipare».

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Rifarei il festival della canzone napoletana

«Stiamo parlando di stagioni diverse. Il festival è nato quando non si poteva partecipare ai festival della canzone italiana con brani in dialetto, ma ora si può fare. Ora forse è una visione un po’ antica. Che a Napoli ci possa essere un festival per gli artisti giovani della città sarebbe una cosa veramente ottima».

Le conclusioni

«Per concludere vorrei ringraziare Il Mattino e il suo Direttore. Questa è stata una giornata importante, l’interesse è stato significativo. Sono arrivate tante idee e ci hanno mostrato che la cultura a Napoli è complessa, ma che ha una propria identità. Emerge una città viva, con grande talento e con un forte appeal internazionale. Se vogliamo essere competitivi abbiamo bisogno di luoghi dove fare musica, teatro e attività performative. C’è bisogno anche di infrastrutture immateriali, fatte di persone e imprese culturali».

Maurizio de Giovanni: «L’attitudine alla lettura deve essere impiantata»

«Napoli non ha un salone del libro come Torino? A mio modo di vedere sfugge la centralità dell’argomento. Alla base di tutto c’è la lettura, della televisione, del cinema, del teatro, della musica. L’attitudine alla lettura deve essere impiantata perchè non è naturale. Un ragazzo non immagina se non legge e se non ha un confronto con la parola scritta».

«Bisogna far capire che leggere è spettacolo, un momento con tempi diversi di godere per qualcosa di bello. I programmi scolastici sono deterrenti per la lettura. Viene imposta la lettura di testi che non gli danno contatto con la realtà. Il coivolgimento delle periferie è un atto necessario. Il turismo a Napoli porta alla gentifricazione. Bisogna ricostruire l’identità delle periferie attraverso la lettura. Bisogna portare i libri ai ragazzi per farli immaginare, abbiamo bisogno di uno slow food della mente».

Patto per la lettura, arte pubblica e formazione sul territorio

Gli interventi di Andrea Mazzucchi, Giuseppe Laterza, Ferdinando Natali, Monica Amodio e Vincenzo Trione.

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Andrea Mazzucchi: «Petrarca disse: “Non riesco a saziarmi di libri. E sì che ne posseggo un numero probabilmente superiore al necessario; ma succede anche coi libri come con le altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una maggiore avidità di possederne. Anzi coi libri si verifica un fatto singolarissimo: l’oro, l’argento, i gioielli, la ricca veste, il palazzo di marmo, il bel podere, i dipinti, il destriero dall’elegante bardatura, e le altre cose del genere, recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di famigliarità attiva e penetrante”. Questo è un paradigma che va avanti da sempre. Non è scontato che il bisogno di lettura sia un bisogno naturale. Al nord almeno un libro ogni anno viene letto dal 40% della popolazione, al Sud 1/4. Questi parametri così differenti ci dicono che la predisposizione alla lettura è data da diversi parametri. Poi le infrastrutture legate alla lettura sono fondamentali».

Giuseppe Laterza: «Gli italiani che leggono almeno un libro al mese sono 4 milioni. I giovani leggono più degli adulti, e leggono i libri su carta. Io sono ottimista, forse perchè sono contaminato dal cambio di paradigma del direttore Napoletano. I dati sulla lettura sono collegati agli indicatori di benessere. Non posso accettare che una persona nata in una famiglia senza libri non possa riuscire. Il libro è un fattore di sviluppo economico e di coesione sociale. Ringrazio Il Mattino perchè credo che oggi abbiamo fatto un grande servizio alla democrazia».

Ferdinando Natali: «In Unicredit la cultura è essere la banca per il futuro dell’Europa. Vogliamo fornire alle imprese le leve per il progresso. L’Europa vuol dire per noi stare insieme. C’è un’Europa che fonda le sue origini nei classici greci e nella cultura latina. Noi progrediamo se stiamo insieme. Il nostro piano si chiama “sbloccare il potenziale”: che sia dei luoghi o delle persone. Napoli oggi e ispirazionale perchè ci si parla, perchè ci sono dei giornalisti che non cercano scoop ma che provano a fare cultura e noi vogliamo essere parte di questo contesto».

Monica Amodio: «I giovani si devono avvicinare alla cultura che deve essere coinvolgente. La mia attività ha celebrato da poco 100 anni, è difficile arrivarci, più per un’azienda che per una persona. Noi abbiamo cercato di sposare un progetto, di celebrare la cultura. Organizziamo eventi con il conservatorio e con l’accademia di belle arti per creare cultura e coinvolgere i giovani. Port’alba è un luogo unico al mondo e noi dobbiamo preservarlo».

Vincenzo Trione: «I momenti nei quali da storie diverse ci si confronta per costruire progetti sono sempre ottime occasioni. L’arte possegga delle armi improprie e che possa avere un peso civile importante. L’arte può suggerire uno sguardo laterare».

Enzo Avitabile: «Bisogna creare una comunità della musica»

«Cercherò di essere utile a questo tavolo e spero di essere poco referenziale. Io sono nato musicista e purosangue. La prima parte della nostra vita avevamo un modello preciso, quello afroamericano».

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«Il nostro sogno era quello di suonare come loro cantando i nostri testi. Avendo un modello siamo entrati anche nella musica dei numeri, che aveva come obiettivo quello di creare i clienti. Noi abbiamo un’identità ben precisa, ma noi volevamo un suono che si confrontasse con gli altri popoli della terra, un linguaggio dove tu suoni con l’altro. Dopo aver suonato in giro per l’Europa ci esibivano a San Giovanni a Teduccio, ma fu una nostra scelta. Noi dovevamo conquistare l’altro per creare la comunità della musica. Per fare una musica popolare usavamo anche le chiese come palco. Il comune con “Napoli città della musica” è sempre stato disponibile con me. Da parte nostra è importante essere impegnati giorno per giorno con il fine di creare questa comunità della musica».

Napoli città della musica: infrastrutture, materiali e immateriali

Il terzo panel con gli interventi di Ferdinando Tozzi, Pasquale Aumenta, Ferdinando Salzano e Gaetano Panariello.

Ferdinando Tozzi: «Il progetto che stiamo portando avanti con il sindaco con “Napoli città della musica” lo definisco di un’assoluta banalità. Perchè Napoli da sempre produce creatività, ma non era mai stata messa a sistema. Il Comune ha quintuplicato i fondi per la cultura. Oltre gli artisti ci sono i mestieri della musica, tutte le azioni e tutti i progetti hanno sempre avuto come stella polare la valorizzazione di questi mestieri».

Pasquale Aumenta: «Gli imprenditori hanno a che fare con numeri e percentuali. Devo fare un richiamo a questa platea importante. Noi dobbiamo dare una svolta all’art bonus. Quello che si concede può essere recuperato nei 3 anni successivi per il 65%. Le cose si fanno quando Il Mattino interviene. Ho fondato la mia azienda nel 1986, giriamo per l’Italia e all’estero. Le due più grosse aziende di palchi sono di Napoli. In Italia ci prendono in giro dicendo che siamo migranti dello spettacolo dato che a Napoli non abbiamo una struttura dove fare gli eventi durante l’inverno».

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Gaetano Panariello: «La musica del conservatorio viene vista come musica altra. Non abbiamo bisogno di 20mila metri quadrati, ma i 1500 del San carlo sono già abbastanza per noi, ma anche i 450 della sala Scarlatti del conservatorio. I musicisti e in cantanti nascono da noi in conservatorio. Dal 18 al 21 giugno celebriamo la Festival della Musica. Oggi abbiamo l’orchestra degli studenti che si esibirà portando in scena la tradizione musiciale, che va conservata e custodita con cura».

Ferdinando Salzano: «Credo che Napoli abbia avuto un salto in avanti in termini di pianificazione dei grandi concerti. Negli ultimi anni il mercato per i live in città è cresciuto tantissimo. Napoli è sempre stata un punto di riferimento musicale e ora lo è anche in ambito commerciale. Per sfruttare l’onda bisogna capire che non c’è differenza tra musica colta e altra musica e c’è bisogno di spazi importanti dedicati alla musicali, Napoli deve avere un Palasport e sarà un punto fondamentale».

Pianeta audiovisivo: l’attrattore Napoli con Massimiliano Gallo e Francesco Di Leva

Nel corso del secondo panel intervengono Lucia Napolitano, Luciano stella, Massimiliano Gallo e Francesco Di Leva.

Luciano Stella: «Il bicchiere è mezzo pieno, si è riempito nel tempo e l’ottimismo aiuta. Napoli è una capitale dell’audiovisivo. Più di qualunque altra città Napoli ha le pontenzialità di essere stabilmente la seconda sede più importante d’Italia della produzione dell’industria culturale».

Massimiliano Gallo: «Come diceva Luciano, noi eravamo una città con enormi potenzialità, ma qualcuno non lo sapeva ancora. Io arrivo da una generazione che andava a Roma per fare i provini. Napoli è una terra che crea talenti in continuazione, non è solo una città che ospita eventi perchè è bella. Napoli si è arricchita grazie alle contaminazioni. Abbiamo un po’ il complesso dell’inferiorità, ci sono delle problematiche, ma bisogna premiare che merita e chi fa cultura in maniera seria».

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Francesco Di Leva: «La mia prima attività non è quella di fare l’attore, ma quella di fare il sociale. Sono 25 anni che sono a San Giovanni a Teduccio per combattere e farlo diventare un quartiere che respira cinema. Il male bisogna raccontarlo per prenderne le distanze. Negli anni sono stati fatti un sacco di errori, solo perchè nei posti in cui si sceglie non ci sono le giuste competenze. Oggi a San Giovanni stiamo ridando anche il mare, che fino a poco tempo fa era stato negata alla cittadinanza».

Lucia Napolitano: «Noi ci siamo sempre fatti carico delle esigenze della produzione e di crescere con loro. Nell’ultimo trienno abbiamo sostenuto più di 600 contenuti audiovisivi, con 15 serie tv all’anno. Non si viene a Napoli solo a girare l’esterna suggestiva, ma i progetti nascono e vivono per tutto il periodo nella città».

L’intervento di Giovanni Minoli: «Un posto al Sole? Racconta la vita quotidiana nella realtà»

«Saluto tutti i partecipanti. Io sono un torinese che ha portato a Napoli l’industria dell’audiovisivo. Ora mi considero un napoletano a tutti gli effetti. Un posto al Sole da 28 anni è la lunga serialità, io lo definisco un luongo romanzo popolare, che è il vero veicolo della diffusione della cultura popolare, perchè racconta la vita di tutti i giorni inserita nella realtà. In ogni puntata ci sono per contratto almeno 6-7 minuti di esterne sul territorio. Questa soap è nata quando si voleva vendere il centro di produzione Rai di Napoli. Un posto al Sole è il programma italiano più visto al mondo».

Gli interventi di Laura Valente, Annalisa Areni e Claudio Curcio

Laura Valente: «Tutto ha origine dalla convenzione di Faro sui beni culturali, incentrata sulla presenza degli imprenditori nel mondo della cultura. Le holding e le banche sono società civile. Oggi non è facile per le istituzioni pubbliche essere aiutate dai privati per la realizzazione dei progetti. Oggi ci sono tante situazioni innovatiche che non vantano 10 anni di storico da spendere, che però poi vanno all’estero e vincono premi internazionali. Grazie al Sindaco Manfredi noi di Napoli 2500 abbiamo potuto mettere in campo un percorso che sfruttasse le celebrazioni, lasciando però in eredità cose che non finiranno con il 2025».

Annalisa Areni: «In passato Napol evocava paura. Era associata al cibo e al mare, ma c’erano un sacco di pregiudizi. Il bello di questa città è la sua accoglienza. Ho scoperto la bellezza e la cultura di Napoli, capendo che come Unicredit, banca radicata sul territorio, io dovevo ascoltare la voce di questa città».

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Claudio Curcio: «Noi come Comicon siamo orgogliosi di essere qui oggi.

Abbiamo 27 anni di storia e siamo partiti come piccolissimo festival del fumetto. Adesso il Comicon è uno dei più importanti festival della cultura pop in Europa».

Cultura, il modello pubblico-privato

Il primo intervento nel corso del panel è quello di Emmanuela Spedaliere, Direttore generale dell Fondazione Teatro di San Carlo: «Questo teatro è un’eccellenza del mezzogiorno d’Italia, riconosciuta in tutto il mondo. Ogni anni qui lavorano circa 1000 persone, e questo lo dobbiamo in particolar modo ai fondi pubblici. Alla comunità questo teatro restituisce formazione ai giovani che vengono a trovarci».

Successivamente anche le parole di Teresa Armato, Assessore al Turismo e alle attività produttive del Comune di Napoli: «Sono cresciuta sentendomi dire “questa città potrebbe vivere di turismo e non lo fa”. Ora Napoli ha imparato a farlo, con scelte innovative nell’ambito della collaborazione tra pubblico e privato». 

In seguito anche le parole di Roberto Andò: «Mi dispiace non essere lì con voi. L’impresa privata collabora con i teatri e con gli enti lirici e le istituzioni museali. Noi dobbiamo poter sperare che scatti una molla che dia possibilità di crescita. Se non dovesse avvenire bisogna stanere questa borghesia, che è riuscita così bene a fare impresa, facendo capire l’importanza del cortocircuito con la cultura».

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La città palcoscenico

Il moderatore Federico Vacalebre, giornalista «Il Mattino»: «La città palcoscenico di cui abbiamo parlato era un tempo quella di cui cantava Sergio Bruni».

«Oggi in scena c’è la cultura. Abbiamo la piazza più televisiva d’Italia. Non siamo più folclore, ma siamo la città che accoglie tutte le proposte culturali».

Giuli sull’intervento della Saponangelo: «Questo tipo di dialogo mi piace»

«Devo ringraziare Teresa Saponangelo per la passione che ha messo nel suo intervento. Questo è un modo per dialogare che mi piace. Il tono è duro ma richiede un confronto. Ci incontreremo e parleremo. Le soluzioni a quanto lei ha detto ci sono, e veranno proposte presto a voi attori e autori. Ci sarà un momento di confronto ulteriore che seguono altri che ci sono già stati. Sto lottando, insieme all’Europa, per costruire le armi della pace, ovvero i mezzi culturali. Dobbiamo sfamare la siccità culturale delle periferie. La ringrazio per la sollecitazione che ha portato qui oggi» le parole del ministro dopo la lettera dell’attrice letta dal palco del San Carlo. Il Ministro Giuli ha detto anche che il codice dello spettacolo è sostanzialmente pronto, e contiene anche risposte alle sollecitazioni della Saponangelo.

L’intervento di Teresa Saponangelo

Teresa Saponangelo ha letto al Ministro della Cultura Alessandro Giuli una lettera scritta da Edoardo de Filippo al Ministro Tupini nel 1959 all’interno della quale si chiedevano investimenti giusti per lo sviluppo del Teatro in Italia: «In nessun paese l’autore drammatico è trattato come da noi».

«Bisogna capire cosa si è fatto per aumentare il numero degli autori, ma si è fatto ben poco. La situazione di un attore medio è quella di una continua ansia nella ricerca del lavoro e del pane. Ministro, ci convochi in quanto artisti, e noi le daremo le soluzioni per migliorare questo teatro. Le stesse cose avrei potuto dirle 10-12 anni fa».

Le parole del direttore Roberto Napoletano: «Napoli non è più periferia ma centro»

«Ringrazio tutti i presenti, nessuno escluso. Lo sforzo che vogliamo fare oggi è quello di sottolineare l’importanza della cultura come punto di crescita economica di aggregazione sociale. Dentro questa stagione delle guerre c’è un mondo che è cambiato, e il mediterraneo è al centro di questo cambiamento. In questo mondo che ha nuove direttrici di sviluppo globale, si torna a Napoli, a Palermo, si torna in questo luogo straordinario e straordinariamente cambiato. Il cambio di narrazione non significa inventarla, ma significa dire che la seconda città d’Italia per Pmi, dopo Milano, è Napoli. La città palcoscenico è una città ce festeggia lo scudetto con una festa di gioia culturale».

«Queste scene appartengono al mondo, perchè Napoli appartiene al mondo. Abbiamo un quarto di secolo di ritardo, ma il numero degli occupati a medio termine sta crescendo in città. C’è una leva incredibile che può aiutare. C’è un governo che ha investito molto. I soldi europei sono stati fondamentali per tornare ad investire sulla cultura di Napoli, erano decenni che non si faceva ciò. Io ricordo che quando ero direttore del Sole 24 ore facemmo un manifesto della cultura, era i 2012, un anno difficile. C’erano molti ministri e il capo dello Stato. Si chiedeva sostegno pubblico. Giorgio Napolitano disse “Nel passato ho fatto il comiziante, e sono abituato a confrontarmi con i battibecchi in piazza, anche se adesso faccio un altro mestiere”, poi disse che anche nei tagli bisogna essere selettivi. All’epoca noi eravamo in crisi, oggi in quella globale siamo quelli che andiamo meglio, c’è un piano europeo per investire sul mezzogiorno. Napoli riuscirà a fare tutto quando ci saranno gli investimenti giusti».

Le parole del Ministro Giuli: «Napoli come esempio»

«Ringrazio Manfredi e il direttore Roberto Napoletano. La vera fatica non è venire a Napoli, ma andarsene. Da quando sono Ministro è la città che ho visitato di più. La cultura è una leva strategica per creare profitto economico e sviluppo sociale. Napoli può rappresentare un esempio in questo. Napoli è un laboratorio alchemico, ha una magia unica che soltanto qui ha preso forma. Napoli è e può essere molte cose, nella contraddizione acquisisce molte cose. Il Ministero della cultura ha investito molto su Napoli e sul territorio circostante».

«Il progetto più imponente è il recupero del Real Albergo dei Poveri, un’opera colpita dal sisma del 1980 e che è in attesa di una sistemazione, che noi abbiamo trovato. L’obiettivo è collaborare con la città standoci dentro, ricucendo le ferite che ci sono».

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«L’inclusione deve essere un punto di riferimento per il sistema museale nazionale e internazionale. I fondi del Pnrr sono ben spesi a Napoli. La cooperazione virtuosa con le instituzioni è fondamentale, come avvenuto per la riqualificazione della tomba di Virgilio. Bisogna fare di più per la città. Contiamo sulla collaborazioni delle Università e delle istituzioni culturali. Il Ministero sta lavorando mettendo al servizio del bene comune di Napoli tutto quello di cui ha bisogno. Dobbiamo immaginare nelle nostre città un decongestionamento delle grandi attrazioni culturali. La verità è che Napoli non è una sfida, ma una realtà quotidiana. Napol è inimitabilmente Napoli e il mondo non riesce a contenerne l’originalità».

Le parole del sindaco Gaetano Manfredi

«Buongiorno a tutti e benvenuti a questa bellissima giornata organizzata dal Comune e dal Mattino per parlare di cultura, economia e politiche culturali. Ringrazio il Ministro Giuli per essere qui con noi, è molto importante. L’idea dietro a questa giornata è quella di cercare di fare un bilancio di 3 anni di lavori svolti in questa città. Mai come in questo momento il ruolo della cultura come motore di crescita della città è importante. In primo luogo oggi sempre di più la cultura è un fenomeno trasversale. Napoli è una città con una grande creatività. Le contaminazioni rappresentano il motore per il cambiamento. La cultura è anche un grande fenomeno economico, ci sono ottime opportunità di lavoro per tantissime persone. Napoli è stata trasformata in un luogo con capacità produttiva, non è più solo uno scenario. Oltra al cinema c’è anche la musica, di cui Napoli è protagonista».

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«Bisogna potenziare anche la filiera del libro, che ora in città sta ripartendo in modo importante. Al fianco di un’iniziativa pubblica è fondamentale che ci sia grande possibilità di un’iniziativa privata. Oggi siamo al Teatro San Carlo, che ringrazio per averci ospitato. Le nostre istituzioni culturali devono essere aperte alla contaminazione. Il coinvolgimento dei cittadini e della scuole è fondamentale. Dobbiamo fare in modo che la cultura sai collante per la nostra città, anche per arrivare ai giovani. C’è necessità di infrastrutture. Napoli non ha un grande Palaeventi, e ciò limita la programmazione. C’è infine la necessità di un sostegno economico, e non deve arrivare solo dal pubblico. Abbiamo parlato di ricadute economiche, ma ci sono anche quelle sociali e quelle sull’immagine della città».

«Noi abbiamo cambiato la narrazione di Napoli in questi anni. L’arte ha molto aiutato a veicolare l’immagine di una città positiva, dalla quale consegue il forte impatto turistico che stiamo vivendo. Io credo che noi dobbiamo essere in grande di mettere insieme una visione del futuro di Napoli, guardando ad una dimensione sempre più internazionale, questa non è una città locale, dato che è sempre stata contaminata, pur mantenendo la propria identità. Abbiamo la sfida dell’America’s Cup, che sarà una grande vetrina per noi».

L’evento in diretta video

Segui tramite i nostri canali social l’evento in diretta:

Iniziati in questi istanti l’evento all’interno del Teatro San Carlo di Napoli. Il programma completo della giornata:





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