Come può l’Italia affrontare la sfida della digitalizzazione in un mondo dove la tecnologia digitale sta ridefinendo la geopolitica e la sicurezza globale? In un contesto in cui guerre e competizioni si combattono sempre più nel cyberspazio, il nostro paese si trova a dover colmare un ritardo significativo, tra investimenti pubblici e privati ancora insufficienti e una carenza di competenze digitali diffuse.
Ne ha parlato Marco Taisch, full professor at manifacturing group della Scuola di management del Politecnico di Milano nonché presidente di Mics-Made in Italy Circolare e Sostenibile, ospite della trasmissione radiofonica “Conti in Tasca”, condotta da Sergio Luciano su Giornale Radio. Taisch, che ha ricoperto ruoli chiave come autore tecnico del piano “Italia 4.0” ha affrontato i temi caldi della transizione digitale, tra sfide normative, gap di competenze e investimenti ancora in ritardo.
“Non c’è dubbio che la guerra che vediamo oggi, e gli eventi geopolitici recenti, siano di fatto guerre digitali — spiega Taisch —. Il digitale è la tecnologia più abilitante per qualsiasi attività umana o non umana. La parte fisico-meccanica di un dispositivo militare o civile diventa quasi un accessorio rispetto alla tecnologia digitale che consente comunicazione, reazione in tempo reale, e soprattutto il controllo delle operazioni”.
Il futuro, secondo Taisch, si gioca su questo terreno: “Chi domina il know-how digitale vincerà. Questo spiega perché Stati Uniti e Cina investono massicciamente sull’intelligenza artificiale. Domani, non conterà più chi ha l’acciaio per costruire aerei, ma chi gestisce i datacenter e governa la geopolitica digitale”.
Dall’aereo che “si configura” tramite sistemi digitali alla gestione quotidiana delle nostre automobili con navigatori e regolazioni smart, “il nostro futuro – aggiunge – è fatto di cittadini e lavoratori sempre più in grado di interagire e configurare le informazioni tecnologiche”.
Tuttavia, il percorso verso la digitalizzazione italiana presenta ancora molti ostacoli. Il piano Transizione 5.0, con i suoi 6,3 miliardi di euro stanziati, stenta a decollare. “Non ha funzionato la norma che richiede di misurare la riduzione dei consumi energetici prima e dopo gli investimenti – spiega –. Questa procedura, semplice per un ingegnere, si è rivelata un deterrente per le aziende perché nessuno misura sistematicamente i consumi oggi. Nel 4.0, invece, si era puntato sulla fiducia nella tecnologia come motore di efficienza”.
Taisch non nasconde le preoccupazioni per il gap digitale italiano: “Siamo 22esimi su 27 in Europa per competenze digitali diffuse, e in un momento di inverno demografico con 350 mila giovani in meno negli ultimi 9 anni, la situazione si fa ancora più difficile”. Ma invita anche a riflettere sul potenziale enorme degli investimenti digitali globali, che nei prossimi 12 anni potrebbero crescere del 158%, con una spinta incredibile nei settori medicale e finanziario.
“La vera sfida per noi – conclude – è non solo aumentare gli investimenti pubblici e privati, ma facilitare l’alfabetizzazione digitale di massa, rendere accessibili strumenti come la firma digitale e abbattere le barriere culturali che ancora rallentano il nostro sviluppo”.
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