dall’inviato a Strasburgo – Nel 2008 il suo abuso ha scatenato la crisi finanziaria, ora, con le dovute accortezze, può consentire all’Europa di ripartire e finanziare ciò di cui ha bisogno per essere competitiva e tenere fede all’agenda verde, digitale, e di difesa. E’ la cartolarizzazione, il processo che permette alle banche di cedere i propri crediti a terze parti, con sconti, per liberarsi delle passività in bilancio in cambio di liquidità. Una liquidità che può essere rimessa in circolo sotto forma di prestiti a imprese.
Con migliaia di miliardi di euro fermi sui conti correnti e risparmiatori poco propensi a investire i propri averi in attività di rischio, lo strumento individuato dalla Commissione europea per liberare e reperire capitale è nella cartolarizzazione del debito. In estrema sintesi, le banche possono cedere le loro passività: il prestito concesso, quindi credito da cui dover rientrare, viene convertito in titolo di debito e venduto sui mercati ad altri soggetti (fondi pensioni, assicurazioni, altre banche) che possono acquistare, a prezzo ribassato, il titolo e scambiarlo. Nel frattempo l’istituto di credito si disfa delle passività e acquisisce denaro, ricavato dalle vendite dei titoli.
Finance Watch: il mercato dei capitali può mettere a rischio l’Ue
L’operazione non è priva di rischio, visto che comunque c’è un creditore di partenza chiamato a estinguere il proprio mutuo, e un’insolvenza di questo produce un effetto domino. Proprio questo strumento della cartolarizzazione ha prodotto la grande recessione della fine del primo decennio del secolo. Però, sottolinea la proposta di modifica del regolamento Ue in materia avanzata dal team von der Leyen, è cambiato il contesto. All’epoca della crisi del 2008 la cartolarizzazione non era regolamentata, poi lo è stata troppo.
Subito dopo lo scoppio della bolla dei mutui subprime, “si riteneva che requisiti rigorosi fossero necessari per ripristinare la reputazione del mercato delle cartolarizzazioni, che soffriva di protezioni inadeguate e di una forte sfiducia da parte degli investitori”, recita il documento. “Ora che adeguate tutele sono state saldamente integrate nell’organizzazione del mercato e la cartolarizzazione sta riconquistando la fiducia degli investitori, è necessario trovare un migliore equilibrio tra tutele e opportunità di crescita, sia per gli investimenti che per le emissioni”. Avanti dunque con meno regole a misura di necessità europea.
L’obietto è proprio questo: “Rilanciare il mercato delle cartolarizzazioni nell’Ue“, conferma la commissaria per i Servizi finanziari, Maria Luís Albuquerque. La seconda Commissione von der Leyen vuole dunque riuscire in quello che non riuscì la Commissione Juncker, desiderosa di nuove cartolarizzazioni nell’Ue. Sì, ammette, è vero che si tratta di “uno strumento che ha prodotto problemi sui mercati finanziari in passato, nello specifico la crisi del 2008, ma non dobbiamo confondere lo strumento con il suo abuso“, scandisce nel corso della conferenza stampa di presentazione. “La cartolarizzazione è uno strumento utile per generare finanziamenti aggiuntivi”, insiste, e “vogliamo stimolare il ricorso alla cartolarizzazione senza introdurre rischi eccessivi per il sistema”.
Da qui l’allargamento delle maglie per gli operatori già in Europa. Le banche sono già parte di un sistema di vigilanza europeo, e gli investitori già presenti e per questo già ‘noti’ al sistema, potranno subire meno controlli. Più in generale si intende ridurre i costi operativi indebiti per emittenti e investitori, bilanciandoli con adeguati standard di trasparenza, tutela degli investitori e vigilanza.
Quello che si intende fare, in nome dell’agenda per la competitività tutta da finanziare con risorse fresche che non ci sono, è “ricalibrare” il sistema reso troppo appesantito da regole che fin qui hanno disincentivato quello che rimane agli occhi dell’esecutivo comunitario e di Albuquerque uno strumento utile per “contribuire ad approfondire i nostri mercati dei capitali e a finanziare le priorità strategiche dell’Ue”.
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