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Laruccia: Quali prospettive di crescita della provincia di Rovigo?


ROVIGO – “Economia: la mortalità delle piccole imprese in Polesine pone in evidenza una criticità consolidata; negli ultimi 5 anni l’artigianato manifatturiero ha perso quasi 4.000 imprese; solo nel 2024 sono scomparse 458 imprese e nel settore pesca fra il 2023 e 2024 meno 302 imprese; in agricoltura diminuzione di 309 imprese nel primo trimestre 2024; di contro, crescono grandi imprese, particolarmente nella logistica e nell’e-commerce, ma la perdita di competenze, legami col territorio ed esperienze, tutte patrimonio dell’economia locale, sono difficilmente recuperabili” afferma Antonio Laruccia.

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Assetto demografico: oggi la popolazione della provincia di Rovigo è di circa 230.000 abitanti; dal 2001 ha perso 12.000 abitanti; nel periodo 2014-2024, nella fascia fra i 15 ed i 35 anni il Polesine ha avuto un calo di giovani di circa 6.000 unità, dato che ad esclusione della provincia di Rovigo, rimane positivo nella Regione Veneto; il calo dei giovani rappresenta riduzione della disponibilità di forza lavoro con la grande difficoltà delle aziende a reperire personale qualificato e le necessarie competenze di base; la popolazione straniera, al 2024 presentava il 9,2% della popolazione residente (nel n. di 20.831) con il 24,2% provenienti dal Marocco, con il 20,2% proveniente dalla Romania e con il 13,6% proveniente dalla repubblica popolare cinese, le quote rimanenti da paesi diversi.

Fusione dei Comuni

Fra le varie cause, certamente la frammentazione abnorme del territorio polesano in 50 realtà comunali, l’eccessivo campanilismo, l’incapacità e la indisponibilità a fare rete ad esclusione di casi eccezionali, porta ad uno spreco di risorse che oltre a danneggiare nei costi la Comunità, non permette alle realtà territoriali di prendere il volo, di pensare in grande, di ridurre i costi di gestione di uffici, personale e servizi; non permette inoltre economie di scala su molti servizi, es. la viabilità, non permette l’ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche dei Comuni interessati, non assicura la fornitura alla Comunità di servizi più efficienti ed a costi più contenuti.

La fusione permetterebbe una governance della Comunità con una visione più ampia anche nel sostegno alle iniziative economiche ed alla crescita sociale e culturale della Comunità; inoltre, l’aumento del peso istituzionale del nuovo Ente con una popolazione di almeno 10.000 abitanti, imporrebbe alla Regione un rapporto più sensibile, più attento verso la nuova realtà; non ultime, ma determinanti le nuove strategie di programmazione dello sviluppo territoriale ed urbanistico sovracomunale di area vasta.

Rischi connessi alla fusione dei Comuni

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I timori dei cittadini verso le fusioni sono evidenti e gli stessi hanno peraltro dimostrato una visione fortemente critica che ha portato a risultati negativi con il rifiuto della fusione in alcune realtà del Polesine; le Amministrazioni locali sono al servizio dei Cittadini e le eventuali fusioni devono garantire una organizzazione intercomunale che mantenga la pari dignità dei cittadini di tutti i Comuni che vi aderiscono a cominciare dal Comune più piccolo e sicuramente, questo aspetto ha creato timori nelle Comunità e pertanto, è necessario che fra i Comuni ed i cittadini, in primis, vada condivisa una “Carta Fondamentale” che rappresenti la traccia iniziale e futura su cui gli amministratori garantiscano il miglioramento generalizzato che sarà assicurato ai Cittadini a seguito della Fusione: servizi, personale, organizzazione del lavoro, presenza degli amministratori sul territorio, tempi di risposta, riduzione tributi, etc.

Infine, con una realtà di oltre 10.000 abitanti, aumenterebbe la capacità di incidere con forza contro i tentativi di insediamenti di impianti dannosi per la Comunità e per l’ambiente, bloccando sin dall’origine qualsiasi aspettativa di imprese che periodicamente si presentano in Polesine, quasi fosse la discarica del Veneto”.





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