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analisi della crisi nel settore del trasporto merci


Secondo il Centro studi Unimpresa, il settore dei trasporti in Italia è tra i più colpiti dall’aumento dei prezzi del petrolio avvenuto dopo  l’attacco israeliano in Iran, con il Wti salito dell’8% a 73,48 dollari al barile e il Brent del 7,37% a 74,47 dollari.

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Si è innescata dunque una reazione immediata sui mercati delle materie prime che si traduce in un incremento stimato di 10-15 centesimi al litro per diesel e benzina, un costo significativo per le imprese di autotrasporti che potrebbe spingere le aziende a ritoccare le tariffe o a comprimere i margini.

Nello specifico, 6 miliardi di euro sarebbero legati all’incremento del prezzo del gas e oltre 5 miliardi all’effetto del petrolio, con ripercussioni critiche su settori vari, dalla logistica all’agroalimentare, fino alla chimica. A questi si aggiungono costi indiretti legati a trasporti, materie prime e lancio. Unimpresa propone misure urgenti quali: proroga dei crediti d’imposta, sterilizzazione degli oneri in bolletta e incentivi all’autoproduzione da fonti rinnovabili.

A rischio piccole e medie imprese

Il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, ha commentato: «Il rialzo improvviso del prezzo del gas e del petrolio, legato agli attacchi in Medio Oriente, conferma quanto le nostre economie siano ancora ostaggio della geopolitica energetica. Le piccole e medie imprese italiane, che già fronteggiano margini ridotti e domanda debole, rischiano di subire un nuovo shock sui costi di produzione. Servono misure tempestive e una strategia europea che rafforzi gli stoccaggi, diversifichi gli approvvigionamenti e metta al riparo il tessuto produttivo da queste fiammate speculative”.

La logistica marittima ed aerea

Secondo UnimpresaAnche la logistica marittima e aerea risente dell’incertezza della crisi in Iran, con possibili rincari del 5-10% nei costi di spedizione, che pesano sulle catene di approvvigionamento di beni importati ed esportati. Con la domanda interna fragile, queste pressioni corrono il rischio di rallentare la competitività delle imprese italiane, già sfidate da costi energetici elevati, rendendo urgenti misure come sgravi fiscali sui carburanti o incentivi per flotte a basso impatto energetico.

Ne conseguirebbero effetti a cascata sui costi logistici e sui prezzi finali dei beni: anche le famiglie italiane, già alle prese con un potere d’acquisto eroso, potrebbero ridurre i consumi, deprimendo la domanda interna e rallentando ulteriormente la crescita economica, prevista già anemica per il 2025.

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I fattori che potrebbero mitigare l’impatto della crisi in Iran

Nonostante la gravità di questi rischi, esistono fattori che potrebbero mitigare l’impatto. L’Italia infatti ha diversificato le sue fonti di approvvigionamento negli ultimi anni, aumentando le importazioni di gas liquefatto da Stati Uniti e Qatar e rafforzando i flussi attraverso gasdotti come il TAP. Le riserve strategiche di gas offrono un cuscino per affrontare eventuali shock temporanei.

Infine, il governo potrebbe intervenire con misure di sostegno, come sgravi fiscali sulle bollette o tetti ai prezzi dell’energia, come era già avvenuto durante la crisi energetica del 2022. Tuttavia, tali interventi peserebbero sul bilancio pubblico, già gravato da un debito elevato.

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