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Liste di attesa nella sanità: decreti attuativi in ritardo


Purtroppo i decreti attuativi sulla riduzione delle liste di attesa nella sanità sono in ritardo e milioni di cittadini continano a rinunciare alle cure: focus con approfondimento a cura di Fabio Ascenzi.

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Nel 2024 ben 5.8 milioni di persone hanno rinunciato a esami e visite, pur avendone bisogno; si tratta di quasi il 10% dell’intera popolazione italiana, un dato in forte crescita, considerato che erano state 4.5 milioni nel 2023 (7.6% pop.) e 4.1 milioni nel 2022 (7% pop.).

Questi numeri impietosi emergono dall’ultima Analisi realizzata dalla Fondazione Gimbe su studi ISTAT, a poco meno di un anno dall’approvazione del cosiddetto Decreto liste d’attesa (decreto-legge n. 73/2024, convertito dalla legge n. 107/2024). Sul tema è tornata a indagare anche la trasmissione Report, andata in onda ieri sera su Rai 3.

La problematica risulta sostanzialmente omogenea in tutto il Paese, essendo le differenze territoriali poco significative (9.2% al Nord, 10.7% al Centro e 10.3% al Sud).

Le principali motivazioni delle rinunce

Approfondendo lo studio, si apprende che per oltre 4 milioni di cittadini (6.8% pop.) la rinuncia è stata causata proprio dalla lunga attesa (+51% rispetto al 2023), dato anche questo in regressione rispetto ai rilevamenti precedenti, visto che erano stati 2.7 milioni nel 2023 (4.5% pop.) e 2.5 milioni nel 2022 (4.2% pop.).

Quando poi l’alternativa è offerta dalla sanità privata, a pesare sono le difficoltà economiche che nel 2024 (+26.1% rispetto al 2023) hanno spinto 3,1 milioni di persone alle rinunce (5.3% pop.)

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Anche questo parametro subisce un pesante peggioramento, considerato che erano stati 2.5 milioni nel 2023 (4.2% pop.) e 1.9 milioni di persone nel 2022 (3.2% pop.)

È evidente, pertanto, come a tutt’oggi le previsioni del Decreto liste d’attesa non siano riuscite a migliorare la situazione, che anzi appare persino aggravata, con buona pace del diritto universale alla salute garantito dall’articolo 32 della Costituzione.

Cosa prevede il Decreto liste d’attesa 

Tra le misure più importanti va innanzitutto citata l’istituzione presso l’AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi

sanitari regionali) della Piattaforma nazionale delle liste di attesa, finalizzata a facilitare l’accesso ai servizi sanitari per i cittadini, nonché al monitoraggio dei tempi di erogazione delle prestazioni per ciascuna Regione e Provincia autonoma.

Con essa, infatti, si prevede l’obbligo per gli Enti territoriali di creare un Centro unico di prenotazione (CUP) integrato con le agende delle strutture pubbliche e private accreditate di modo che, in assenza di disponibilità nel pubblico, la prestazione possa essere comunque garantita da queste, o in intramoenia.

Si introduce anche un sistema di disdetta delle prenotazioni e il divieto di chiudere le agende.

Le attività del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS) sono rafforzate attraverso l’istituzione di un apposito Organismo presso il Ministero della salute, che opera alle dirette dipendenze del Ministro.

Per potenziare l’offerta assistenziale, le visite mediche e specialistiche possono essere effettuate anche il sabato e la domenica, con possibile prolungamento della fascia oraria.

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Sul fronte della carenza di personale sanitario, si prevede il superamento del tetto di spesa, fino al 15% dell’incremento del fondo sanitario fissato a livello regionale; per l’assunzione di dirigenti da parte delle aziende ospedaliero-universitarie è previsto il ricorso a contratti a tempo determinato con personale medico o sanitario laureato, da assumere con le modalità previste per il corrispondente personale del Servizio Sanitario Nazionale.

Le aspettative del Governo

Per comprendere quali fossero le aspettative che il Governo aveva affidato al Decreto liste d’attesa, basti rileggere le dichiarazioni rilasciate dopo l’approvazione definitiva della legge di conversione, votata dalla Camera dei deputati il 24 luglio 2024.

Così la Presidente del Consiglio Meloni: «Dopo aver portato il fondo sanitario al suo livello più alto di sempre, compiamo oggi ulteriori passi avanti per garantire il diritto alla salute dei cittadini. Istituiamo un sistema nazionale di monitoraggio delle liste d’attesa e lo accompagniamo con un efficace meccanismo di controlli. […] Assicuriamo che ai cittadini sia sempre erogata la prestazione, anche con il ricorso alle prestazioni in intramoenia e delle strutture private accreditate».

A seguire il Ministro della Salute Schillaci: «Il decreto sulle liste d’attesa è legge: diamo risposte concrete ai cittadini e maggiore efficienza al servizio sanitario nazionale. Dopo anni di inerzia, questo Governo interviene in maniera strutturale con misure che affrontano tutti i fattori che hanno contribuito a un aumento intollerabile delle liste d’attesa».

A che punto sono i decreti attuativi

La discrepanza tra le previsioni dell’iniziativa governativa e i numeri emersi nell’Analisi Gimbe derivano da molteplici cause, tra cui i ritardi accumulati nell’approvazione dei decreti attuativi.

Questi sarebbero stati necessari per rendere effettivamente operative le misure, ma sin da subito si sono impantanati per lungaggini burocratiche, problematiche tecniche e per il mancato accordo con le Regioni, in particolare sul decreto relativo ai poteri sostitutivi.

Ad oggi, infatti, risultano pubblicati solo tre decreti attuativi (sugli almeno sei previsti), per altro con molto ritardo.

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Il primo, inerente alla Piattaforma nazionale delle liste di attesa (art. 1, comma 4 della legge n. 73/2024), è stato adottato il 28 ottobre 2024 e pubblicato il 16 aprile 2025, con quasi 4 mesi di ritardo.

Il secondo, su Interoperabilità tra piattaforme regionali e nazionali (art. 1, comma 3), è stato adottato il 17 febbraio 2025 e pubblicato l’11 aprile.

Stessa data per il terzo, che serve ad avviare il Piano d’azione per potenziare i servizi sanitari (art. 6, comma 1) nelle Regioni destinatarie del Programma nazionale equità nella salute 2021-2027 (Basilicata, Puglia, Sardegna, Molise, Sicilia, Campania e Calabria).

Lo scontro con le Regioni

Come detto, tra i decreti attuativi da approvare, particolarmente controverso si è rivelato quello sui poteri sostitutivi (art. 2 della legge n. 73/2024), che dovrebbe consentire al Ministero di intervenire direttamente in caso di inadempienze da parte delle Regioni.

Dopo mesi di accese discussioni, lo strappo finale si era consumato nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 17 aprile 2025, quando la proposta del Governo venne respinta dai rappresentanti degli Enti territoriali per la «mancanza di elementi fondamentali e di bilanciamento per l’esercizio del potere sostitutivo».

Le Regioni hanno anche minacciato di ricorrere alla Corte costituzionale nel caso in cui il Governo avesse proceduto senza accordo, ma è notizia di questi giorni che la quadratura del cerchio sarebbe stata trovata nell’ultima riunione della Conferenza, svoltasi lo scorso 12 giugno.

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