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L’eterno conclave della politica campana


La Chiesa si è dimostrata l’Istituzione più antica e all’avanguardia del mondo: 16 giorni dalla morte del Santo Padre Francesco alla “chiamata” al Soglio di Pietro di Papa Leone XIV, e quelli immediatamente successivi sono serviti per avviare contatti con le diplomazie del mondo che vive guerre parcellizzate e dolorose.

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Lo stesso non si può dire tra i mortali della politica nazionale e campana. Quest’ultima vive una stagione tribolata, dapprima con le polemiche intestine sull’esperienza del Presidente uscente della giunta regionale, rinnovate e se possibile ancora più esacerbate dal provvedimento del 9 aprile scorso che ne sentenziò la incandidabilità per il superamento dei limiti di mandato.

Il momento di stasi nella ricerca del candidato unificante del centro sinistra è finito con le consultazioni elettorali nei tanti comuni campani che hanno visto primeggiare la coalizione (quella di centro sinistra) più avvantaggiata nelle prossime consultazioni regionali; quindi con i referendum, con esiti non particolarmente esaltanti per i promotori, che non hanno saputo raccontarli.

Fossi nel centrosinistra mi concentrerei su altro, sull’affrontare le sfide che lo attendono con le elezioni regionali che di fatto anticiperanno di 18 mesi la sfida finale della Politiche. La Campania, come tutto il Sud, rappresenta un’area in grande sviluppo che però necessita di un ulteriore salto di qualità.

Non solo turismo ma investimenti produttivi ed infrastrutturali. Nel 2022 e nel 2023 il Pil del Sud è stato superiore di quasi un punto rispetto al Nord del Paese. Il Meridione e la Campania si configurano come un polo attrattivo per i capitali pubblici e privati. Anzi, una maggiore e proficua collaborazione tra attori pubblici e privati sarebbe auspicabile e segno di grande maturità e crescita della classe politica e imprenditoriale.

Ciononostante, il Pil pro capite delle regioni meridionali è inferiore al 75% della media europea, proprio per la carenza delle infrastrutture che dovrebbero colmare definitivamente il gap con gli altri territori. La mancanza di infrastrutture determina nocumento su buona parte delle economie regionali: agricoltura, trasporti, logistica, fino a propagarsi su tutti gli altri settori e quindi verso i cittadini.

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Senza dimenticare il lavoro, che quando c’è è ancora sottopagato, quindi lontano dal definirsi stabile e appagante. Si parli di questo e di tanto altro, si parli di un’area metropolitana come quella di Napoli, ancora troppo arretrata in termini culturali e politici, ma dalle grandi potenzialità di sviluppo per la persona, per le aziende su un territorio che necessita maggiore fruibilità.

Si parli di imprese, di connessione, di partenariato pubblico e privato per garantire il pubblico interesse e lo sviluppo del territorio. Invece, troppo spesso, in ambedue i campi si disserta sui nomi e cognomi, senza alcun indirizzo o destinazione futura.

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