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Trasferte e sgravi contributivi: la Cassazione chiarisce


La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15056 del 5 giugno 2025, ha affrontato un caso complesso riguardante i contributi previdenziali e le indennità di trasferta. La vicenda ha origine da un ricorso presentato da una società contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che aveva parzialmente riformato una decisione di primo grado. 

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La Corte d’Appello aveva stabilito che:

  • non erano dovuti i contributi per le somme corrisposte a un dipendente a titolo di indennità di trasferta, ma 
  • aveva confermato il diritto dell’INPS a richiedere somme per insussistenza del diritto agli sgravi contributivi ex art. 8, comma 4 bis, della legge n. 223 del 1991.

La società ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato la normativa, in particolare l’art. 2359 del codice civile, riguardo alla coincidenza degli assetti proprietari tra le società coinvolte. Secondo la società, la valutazione della Corte d’Appello avrebbe dovuto basarsi esclusivamente sui parametri normativi previsti dall’art. 2359 c.c., che regola i rapporti di controllo tra società.

1) La decisione della Cassazione: diritto indennità di trasferta

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso principale della società, affermando che la nozione di “assetto proprietario coincidente” è più ampia di quella definita dall’art. 2359 c.c. La Corte ha chiarito che la legge non si riferisce solo ai rapporti tipizzati dall’art. 2359 c.c., ma include anche altri rapporti di collegamento o controllo. Inoltre, la Corte ha sottolineato che la valutazione del giudice deve considerare non solo il dato formale del rispetto degli indicatori normativi, ma anche quello sostanziale, collegato alla singola vicenda, per verificare se l’operazione abbia avuto la finalità di eludere la ratio della disciplina incentivante.

 Questo significa che le aziende devono prestare particolare attenzione alle operazioni di ristrutturazione che coinvolgono società con assetti proprietari coincidenti, per evitare di incorrere in sanzioni per elusione della normativa previdenziale.

La Corte di Cassazione ha ribadito che l’onere della prova spetta alla parte datoriale, che deve dimostrare di aver rispettato le disposizioni di legge per beneficiare degli sgravi contributivi.

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2) Diritto indennità di trasferta e onere della prova

La Corte ha accolto, invece, il ricorso incidentale dell’INPS, rilevando che la Corte d’Appello non aveva compiuto alcun accertamento sull’ammontare delle indennità di trasferta erogate e sulle modalità delle stesse. 

Secondo l’art. 51, comma 5, D.P.R. n. 917 del 1986, le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente determinati limiti. La Corte di Cassazione ha precisato che l’accertamento imposto al giudice di merito deve essere condotto nei limiti delle allegazioni e delle prove offerte dalla parte datoriale, mentre all’ente previdenziale spetta dimostrare che il lavoratore abbia ricevuto dal datore di lavoro somme a qualunque titolo, purché in dipendenza del rapporto di lavoro.

La sentenza sottolinea l’importanza di un accurato accertamento delle indennità di trasferta erogate ai dipendenti. Le aziende devono tenere traccia delle somme corrisposte e delle modalità di erogazione, per garantire il rispetto dei limiti previsti dalla normativa e evitare contestazioni da parte dell’INPS.



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