La cultura italiana ha attraversato un punto di non ritorno: l’innovazione digitale non è più un’opzione, ma una necessità. Questo cambiamento è confermato dai risultati della ricerca 2024-2025 dell’Osservatorio Innovazione Digitale per la Cultura della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Alea IActa est. Cultura e digitale, non si torna indietro”.
I numeri parlano chiaro: nel 2024, musei e teatri italiani hanno registrato crescite significative, con un aumento del 6% dei visitatori e del 7% degli incassi nei musei, e un +9% nei teatri.
La digitalizzazione sta diventando sempre più una leva di sviluppo per il settore culturale, con un numero crescente di istituzioni che investono in innovazione. Il 55% dei musei e il 41% dei teatri hanno già intrapreso questo cammino, anche se gli investimenti restano ancora limitati.
Ma la sfida non riguarda solo i numeri: come sottolinea Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio, la vera svolta dipende dalla capacità delle istituzioni culturali di gestire l’innovazione con consapevolezza, mettendo al centro le esigenze dei pubblici e le competenze del personale.
L’intelligenza artificiale generativa: un’innovazione ancora in fase esplorativa
L’intelligenza artificiale generativa sta iniziando a fare il suo ingresso nei luoghi della cultura italiana, ma la sua adozione è ancora parziale. Circa un terzo dei musei e metà dei teatri italiani stanno già utilizzando strumenti di AI, soprattutto per la creazione di contenuti e per supporto operativo. Tuttavia, solo l’1% ha avviato progetti strutturati, e il 6% dei musei e il 5% dei teatri hanno investito in questo ambito.
Nonostante ciò, l’interesse per l’AI è in crescita: il 57% dei musei e il 64% dei teatri prevedono di implementarla nei prossimi tre anni per migliorare l’esperienza del pubblico.
L’AI sta anche migliorando l’interazione con i visitatori: chatbot multilingua, sistemi di traduzione simultanea e scenari interattivi contribuiscono a rendere l’esperienza di visita più accessibile e coinvolgente.
Al Museo del Cinema di Torino, ad esempio, i visitatori possono esplorare scenari interattivi che li aiutano a comprendere meglio le opere esposte. Le applicazioni di AI, quindi, non si limitano alla sola gestione dei dati: stanno diventando strumenti concreti per la valorizzazione del patrimonio e l’arricchimento dell’esperienza culturale.
Esperienze immersive e accessibilità: I nuovi orizzonti della cultura
La realtà aumentata (AR), virtuale (VR) e mista è uno degli strumenti che sta rivoluzionando il modo in cui i visitatori interagiscono con i musei e i teatri. Attualmente, circa il 20% dei musei offre esperienze immersive di realtà aumentata, virtuale o mista, e molte di queste sono accessibili tramite visori. Tuttavia, queste esperienze sono prevalentemente pensate per una fruizione individuale e non sempre rispondono alle necessità di accessibilità.
Un altro aspetto importante riguarda l’accessibilità sensoriale: più della metà dei musei e dei teatri non offre servizi per persone con disabilità visive o uditive. Solo il 40% dei musei e il 29% dei teatri ha un sito web progettato per essere accessibile. Tuttavia, il digitale offre numerose soluzioni per migliorare l’accessibilità, come avatar multilingua per guidare i visitatori o chatbot con interfacce vocali per supportare persone non udenti o non vedenti.
Ripensare i modelli di partecipazione: cultura e tecnologia per l’inclusione sociale
Il digitale sta trasformando la cultura in un ecosistema esperienziale, ma è necessario ripensare i modelli di partecipazione. La creazione di format ibridi, l’offerta di contenuti digitali accessibili gratuitamente e l’implementazione di esperienze personalizzate sono tutti strumenti che possono contribuire a diversificare le fonti di entrata per le istituzioni culturali. Tuttavia, la commercializzazione dei contenuti digitali è ancora un terreno poco esplorato.
Michela Arnaboldi, responsabile scientifico dell’Osservatorio, sottolinea l’importanza di competenze ibride e di nuove figure professionali come i “Digital Humanist” per integrare davvero la cultura con la tecnologia. “Oltre a investire in nuove tecnologie, è urgente ripensare i modelli di partecipazione, orientandosi verso relazioni continuative e personalizzate”, afferma Arnaboldi, evidenziando come il digitale possa essere un acceleratore straordinario per l’inclusione sociale.
Conclusioni: la cultura italiana a un crocevia digitale
Il settore culturale italiano si trova a un crocevia digitale, dove l’innovazione è necessaria per rimanere competitivo e rilevante. L’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e le esperienze immersive stanno già iniziando a trasformare l’offerta culturale, ma sono necessari più investimenti, competenze e una nuova visione per portare avanti questa trasformazione. Solo così i luoghi della cultura potranno evolversi in veri e propri ecosistemi esperienziali in grado di attrarre nuovi pubblici, garantendo al contempo un accesso più inclusivo e sostenibile.
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