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Marelli vicina al fallimento, debiti per 4 miliardi e futuro incerto per 6mila lavoratori


Dopo le voci circolate ieri, oggi arriva l’ufficialità: Marelli Holding, fornitore di componenti auto che lavora per Nissan, Stellantis e altri costruttori automobilistici, ha avviato una procedura volontaria di Chapter 11 presso il Tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il Distretto del Delaware, pari in Italia alla nostra istanza di fallimento.

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L’obiettivo è di ristrutturare in modo completo i propri obblighi di debito a lungo termine. Circa l’80% dei finanziatori della società, annuncia il gruppo in una nota, ha firmato un accordo per sostenere la ristrutturazione. La holding avrebbe un debito superiore ai 4 miliardi di dollari.

Dal Chapter 11 arrivano 1,1 miliardi di finanziamento

Il Chapter 11 è una procedura prevista dalla legge fallimentare statunitense che consente a un’azienda in difficoltà finanziaria di ristrutturare i propri debiti continuando a operare, senza dover cessare l’attività. Con il Chapter 11, l’azienda propone un piano di ristrutturazione per poter proseguire l’attività e superare la fase di crisi, sospendendo temporaneamente le azioni legali dei creditori. Una procedura richiesta dalle aziende in difficoltà e recentemente adoperata dall’azienda di cosmetica Avon e Northvolt.

Con la richiesta, è stato ottenuto un finanziamento di 1,1 miliardi di dollari. David Slump, presidente e Ceo di Marelli, ha spiegato che la strada del Chapter 11 è la strada migliore per rafforzare il bilancio di Marelli convertendo il debito in capitale proprio:

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Il processo fallimentare ci fornisce l’accesso a nuova liquidità per finanziare la nostra crescita a lungo termine e la nostra pipeline di innovazione, e garantisce che i nostri clienti e partner in tutto il mondo possano continuare a fare affidamento su Marelli per la consegna puntuale di tecnologie avanzate che danno forma ai veicoli del futuro.

Le difficoltà della Marelli

Negli ultimi anni Marelli ha attraversato una fase complessa, aggravata dalla crisi dell’industria automobilistica legata all’elettrificazione e all’automazione, dal calo degli ordini e da alcune scelte strategiche non sempre vincenti. La storica azienda di componentistica Magneti Marelli, ceduta da Fca nel 2019 per 6,2 miliardi di dollari al fondo statunitense Kkr, è stata successivamente fusa con la giapponese Calsonic Kansei, dando origine all’attuale assetto societario. Nel 2022, Kkr ha avviato un piano di ristrutturazione che ha temporaneamente migliorato la situazione finanziaria della società.

Le difficoltà però sono proseguite, anche a causa delle criticità di Nissan, uno dei principali clienti, che copriva circa il 30% del giro d’affari, contribuendo al deterioramento dei conti e all’accumulo di debiti per circa 650 miliardi di yen (pari a 4,5 miliardi di dollari).

Tra le strade che si stanno valutando c’è anche quella che vedrebbe la cessione all’azienda indiana Motherson che, secondo le ultime indiscrezioni, avrebbe deciso di accettare l’offerta. Resta da capire quali saranno gli sviluppi concreti e le conseguenze per il settore.

Cosa succede ai lavoratori

La notizia ha fatto scattare l’allarme dei sindacati, che hanno chiesto chiarezza sui circa 6mila dipendenti impiegati nei 10 impianti presenti nel nostro Paese.

I rappresentanti dei lavoratori (Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr) invocano l’intervento del governo per far luce sul futuro dell’azienda in Italia, preoccupati da un “deterioramento della situazione” negli stabilimenti italiani. Sotto la lente d’ingrandimento ci sarebbero in particolare quelli più legati a Stellantis, come Melfi, Sulmona e Caivano.





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