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«No all’abbandono dei borghi», lo stop al governo sulle aree interne


La Svimez chiede di valorizzare meglio l’accoglienza di stranieri contro lo spopolamento. L’Uncem vuole più risorse per stoppare l’abbandono previsto dal ministro Foti

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Maggiori investimenti e politiche di accoglienza per i migranti contro l’abbandono di paesi montani e dei piccoli borghi. Con il Piano nazionale strategico nazionale delle aree interne (Psnai), il governo ha previsto per molte realtà «l’accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile».

Ma alcune associazioni, su tutte Svimez e Unione delle comunità montane, hanno chiesto un’inversione di rotta, proponendo di cancellare uno dei quattro obiettivi fissati dall’esecutivo. E sul tavolo sono state messe possibili soluzioni.

Come raccontato da Domani, infatti, l’obiettivo indicato dal ministro delle politiche per la coesione, il meloniano di ferro Tommaso Foti, è quello di accettare passivamente lo svuotamento di interi paesi dell’Italia profonda. «Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita», è scritto sul documento.

Un proposito già anticipato nel corso di un’audizione alla Camera. Il problema riguarda principalmente il Mezzogiorno. Ma non solo, perché le aree interne del centro-nord stanno vivendo un declino altrettanto drammatico.

Accoglienza

La Svimez ha pubblicato qualche giorno fa uno studio che fotografa la dinamica in atto, soprattutto per quello che è l’ultimo presidio di una comunità: la scuola. Oggi circa 3mila comuni, il 38 per cento del totale sul territorio italiano, ha una sola scuola con meno di 125 alunni. Un problema che è particolarmente avvertito nelle aree interne del Sud con un’incidenza del 47 per cento.

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E qui la Svimez indica una possibile operazione: favorire politiche di accoglienza per evitare l’abbandono totale dei territori. «L’attrazione di famiglie straniere già oggi rappresenta per molte aree del paese una leva di contrasto al calo delle iscrizioni e al conseguente rischio di chiusura dei presidi scolastici», osserva lo studio.

E, più in generale, La Svimez conclude la propria disamina: «Garantire i diritti di cittadinanza agli stranieri e ai loro figli permette di migliorare le prospettive demografiche dei prossimi anni».

L’Uncem, l’unione di piccoli comuni e comunità montane, ha invece inviato una richiesta a palazzo Chigi per stralciare dal Psnai la resa sullo spopolamento. «Per farlo, occorre sciogliere un nodo: sapere quanto investiremo in termini di milioni e miliardi di euro sulle aree interne e montane dal 2026 al 2034», spiega a Domani Marco Bussone, presidente di Uncem. Le risorse potrebbero favorire il miglioramento dei servizi, il sostegno alle imprese per favorire un’economia del territorio: un insieme di misure per puntare a uno sviluppo e non all’abbandono.

«Come esiste l’Agenda urbana, che garantisce importanti stanziamenti in ambito Ue, il ministro Foti e il vicepresidente della Commissione europea Fitto possono individuare una Agenda europea e nazionale per la montagne e per le aree interne», aggiunge Bussone.

Il direttore della Svimez, Luca Bianchi, ha sintetizzato così la vicenda: «Viviamo una fase demografica negativa nel suo complesso, perché lo spopolamento interessa addirittura le aree urbane. Per questo servono investimenti sui servizi, su tutti sanità e istruzione».

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