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Tecnologie innovative per l’accumulo di energia o energy storage


Negli ultimi anni l’energy storage è diventato un pilastro della transizione energetica, con installazioni in rapida crescita a livello globale. Basti pensare che nel solo 2024 negli Stati Uniti sono stati aggiunti 11,9 GW di batterie di accumulo – un record per il quinto anno consecutivo. L’integrazione su larga scala di fonti rinnovabili variabili, come fotovoltaico ed eolico, richiede proprio questi sistemi per bilanciare produzione e domanda, rendendo la rete elettrica più flessibile e resiliente.

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In parallelo, il crescente mercato dei veicoli elettrici sta ponendo nuove sfide di immagazzinamento sia a bordo (per aumentare autonomia e velocità di ricarica) sia a terra (per alimentare le infrastrutture di ricarica). In questo scenario, ricerca e industria sono impegnate nello sviluppo di tecnologie di accumulo sempre più avanzate – soprattutto elettrochimiche (batterie) – con l’obiettivo di aumentare capacità, efficienza e durata, riducendo al contempo costi e impatti ambientali.

Di seguito passiamo in rassegna le principali soluzioni di energy storage disponibili, per poi focalizzarci sulle innovazioni più promettenti applicate agli impianti fotovoltaici e alla mobilità elettrica.

Le 5 principali forme di accumulo di energia

Sebbene esistano molteplici approcci per accumulare energia, le tecnologie di storage si possono classificare in alcune categorie principali, in base al principio fisico con cui immagazzinano e rilasciano l’energia:

1. Accumulo meccanico

Converte l’energia elettrica in energia potenziale o cinetica. Esempi tipici sono il pompaggio idroelettrico (sollevamento di masse d’acqua a monte di una diga) e i sistemi gravitazionali con pesi sollevati: durante i surplus di produzione (es. nelle ore di forte irraggiamento solare) si utilizzano motori elettrici per sollevare pesi o pomprare acqua in quota, accumulando energia potenziale; quando serve elettricità, i pesi sono lasciati scendere azionando generatori. Un’altra soluzione meccanica interessante è lo stoccaggio a volano, in cui un rotore viene accelerato ad alta velocità: l’energia resta “immagazzinata” come energia cinetica di rotazione e può essere recuperata rallentando il volano, con generazione di corrente elettrica. Queste soluzioni offrono buona efficienza di conversione, ma presentano bassa densità energetica e costi elevati, rendendole adatte solo a impieghi specifici (tipicamente impianti di rete, data la scala richiesta).

2. Accumulo elettrico

Sfrutta direttamente campi elettrici o magnetici per conservare energia. Appartengono a questa categoria i supercondensatori (o ultracondensatori), che accumulano cariche elettriche opposte su due armature separate da un dielettrico quando viene applicata una tensione. I condensatori possono cedere rapidamente l’energia immagazzinata, ma la capacità di stoccaggio per unità di peso/volume è limitata. Un’altra tecnologia elettrica sono gli induttori (bobine), che accumulano energia in un campo magnetico quando attraversati da corrente. Condensatori e induttori offrono tempi di risposta rapidissimi e richiedono poca manutenzione, ma sono costosi e ad oggi poco utilizzati per accumulo energetico su larga scala a causa della ridotta capacità rispetto ad altre soluzioni. In ambito power grid trovano impiego principalmente come dispositivi di compensazione e stabilizzazione (per smorzare picchi di potenza, fornire servizi di rete, ecc.), più che per accumulare grandi quantità di energia.

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3. Accumulo chimico

Consiste nel trasformare elettricità in combustibili o vettori energetici ad alta densità, facili da stoccare e trasportare. La soluzione in maggiore evidenza è l’idrogeno verde: tramite elettrolizzatori l’energia in eccesso da rinnovabili viene impiegata per scindere acqua ottenendo idrogeno, che può essere successivamente riutilizzato in una cella a combustibile o in processi industriali, senza emissioni di CO₂. L’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili sta emergendo come elemento chiave della decarbonizzazione di vari settori industriali, in quanto la sua combustione (o ricombinazione in fuel cell) non genera gas serra.
Accanto all’idrogeno, altri composti chimici possono fungere da vettori di accumulo: ad esempio l’ammoniaca (NH₃) può essere facilmente liquefatta e poi riconvertita in idrogeno o usata direttamente come combustibile; il biometano (ottenuto da biomasse) può sostituire il gas naturale fossile; i biocarburanti liquidi come biodiesel ed etanolo, ricavati da scarti organici, rappresentano alternative rinnovabili ai carburanti tradizionali. Queste soluzioni chimiche offrono il vantaggio di elevata densità energetica e flessibilità d’uso (possono alimentare trasporti, processi industriali, generazione elettrica), ma presentano rendimenti complessivi medio-bassi e alcuni impatti ambientali non trascurabili lungo il ciclo di vita (ad esempio, emissioni inquinanti se i carburanti bio o sintetici vengono bruciati).

4. Accumulo termico

Immagazzina l’energia sotto forma di calore in un mezzo termico. Può trattarsi di sistemi distribuiti (ad esempio serbatoi di acqua calda in edifici) oppure centralizzati (come i serbatoi di sali fusi accoppiati a impianti solari termodinamici). Il funzionamento è semplice: durante i periodi di surplus energetico, l’elettricità in eccesso alimenta resistenze o pompe di calore che riscaldano un materiale (acqua, olio termico, rocce, sabbia, metalli, ecc.), accumulando energia termica sensibile tramite l’aumento di temperatura; quando serve, il calore viene estratto per generare vapore o aria calda che alimenta una turbina o uno scambiatore, restituendo così energia elettrica o termica utile. Esistono anche sistemi a calore latente, che sfruttano i cambi di fase: ad esempio i materiali a cambiamento di fase (PCM) come paraffine o sali idrati assorbono energia fondendo o evaporando, e la rilasciano condensando/solidificando.
L’accumulo termico è relativamente economico (spesso usa materiali comuni come l’acqua) ma soffre di dispersioni di calore nel tempo e non è adatto a restituire elettricità in modo diretto senza un ciclo termodinamico. Trova quindi impiego soprattutto per accumulo stagionale (es. conservare calore estivo per il riscaldamento invernale) o in abbinamento a impianti solari termici e teleriscaldamento.

5. Accumulo elettrochimico

Include tutte le forme di batterie e celle elettrochimiche ricaricabili. Sono i sistemi più versatili e diffusi oggi, grazie alla loro modularità (possono essere realizzati pacchi batteria di qualunque scala, dal kWh per uso domestico al centinaio di MWh per uso di rete) e alla relativa semplicità d’uso (forniscono elettricità in corrente continua in modo diretto). La tipologia dominante è la batteria agli ioni di litio, impiegata dalle elettroniche portatili fino ai veicoli elettrici e ai sistemi di accumulo stazionari per fotovoltaico ed eolico. Le batterie Li-ion offrono alta efficienza di carica-scarica e buona densità energetica, ma presentano ancora alcune sfide: capacità limitata per applicazioni di lunga durata, degrado nel tempo (dopo alcune migliaia di cicli la capacità cala) e criticità ambientali legate all’estrazione di materie prime come litio, cobalto e nickel. Inoltre, il costo per kWh, sebbene in calo costante, incide ancora sensibilmente sul costo complessivo degli impianti di accumulo e dei veicoli elettrici. Fortunatamente sono già in atto misure per mitigare questi aspetti: ad esempio il riciclo dei materiali delle batterie a fine vita sta migliorando e consente di recuperare una parte di litio e metalli preziosi, riducendo l’impatto ambientale e l’esigenza di nuove miniere. Accanto alle batterie al litio, meritano menzione le batterie a flusso redox, che utilizzano elettroliti liquidi contenenti specie chimiche ossidate/ridotte (come i sali di vanadio) circolanti attraverso una cella elettrochimica. Queste batterie a flusso sono particolarmente adatte per applicazioni su larga scala, ad esempio per accumulare energia nelle reti elettriche o nei grandi impianti rinnovabili, poiché consentono di dimensionare indipendentemente potenza e capacità (aggiungendo più serbatoi di elettrolita si aumenta l’energia immagazzinata). D’altra parte, rispetto al litio, le batterie a flusso sono meno compatte e hanno efficienze leggermente inferiori, ma la ricerca continua a migliorarne prestazioni e ridurne i costi.

Battery Energy Storage Systems: sistemi di accumulo per FV e mobilità elettrica

Oggi la maggior parte dei sistemi di accumulo per impianti solari ed eolici, nonché la totalità dei veicoli elettrici, si basa su batterie ricaricabili – in prevalenza batterie Li-ion. Negli ultimi anni questo settore ha visto notevoli progressi, sia nel migliorare la tecnologia agli ioni di litio esistente, sia nel sviluppare nuove chimiche di batteria alternative. Di seguito evidenziamo alcune tendenze tecnologiche emergenti particolarmente rilevanti per l’integrazione del fotovoltaico e la ricarica dei veicoli elettrici:

Evoluzione delle batterie Li-ion

I produttori stanno affinando la composizione delle batterie agli ioni di litio per aumentarne densità energetica, durata e sicurezza. Sul lato del catodo, la chimica tradizionale NMC (Nickel-Manganese-Cobalto) – la più diffusa nei veicoli elettrici – sta evolvendo verso formulazioni a più alto tenore di nickel e meno cobalto, sia per migliorare la capacità sia per ridurre la dipendenza da un materiale costoso e problematico (il cobalto, raro e spesso estratto in condizioni eticamente controverse). Ad esempio, si stanno affermando catodi NMC “a basso Co” e la chimica concorrente NCA (Nickel-Cobalto-Alluminio), che offre prestazioni similari con minore contenuto di cobalto. Sul lato dell’anodo, accanto alla grafite tradizionale, si sperimentano materiali ad altissima capacità come il silicio: gli anodi al silicio potrebbero offrire una capacità specifica circa 10 volte superiore alla grafite, aumentando sensibilmente l’autonomia delle batterie. La sfida con il silicio è gestire le sollecitazioni meccaniche durante i cicli di carica (il silicio si espande e contrae, degradandosi); tuttavia, tecniche come l’uso di nanostrutture o compositi silicio-carbonio stanno mostrando progressi nel contenere questi problemi. Un’altra innovazione cruciale è lo sviluppo di elettroliti solidi (polimerici, inorganici o ibridi) in sostituzione dell’elettrolita liquido infiammabile oggi usato nelle Li-ion. Le batterie allo stato solido promettono di essere più sicure (niente solventi volatili o rischio di fuoriuscite) e permettono di impiegare direttamente litio metallico come anodo – il litio metallico ha una capacità enorme, paragonabile al silicio, senza la limitazione strutturale dell’host in grafite. Ciò potrebbe aumentare drasticamente l’energia specifica delle celle. Restano da risolvere problemi come la formazione di dendriti di litio (filamenti che possono perforare l’elettrolita solido causando cortocircuiti), ma le ricerche in corso mirano proprio a elettroliti solidi e interfacce che impediscano tali fenomeni.
Le prime batterie litio semi-solide o con elettrolita misto sono attese sul mercato automobilistico intorno alla metà di questa decade, con diversi prototipi già annunciati da case come Toyota, Nissan e startup specializzate.

Batterie di nuova generazione

Parallelamente al miglioramento delle Li-ion convenzionali, si stanno sviluppando chimiche di batteria radicalmente nuove, alcune delle quali potrebbero trovare applicazione in ambito stazionario e nei veicoli del prossimo futuro. Tra queste, spiccano:

    • Batterie litio-zolfo (Li-S): utilizzano zolfo al posto dei costosi metalli di transizione nel catodo, promettendo costi molto più bassi e una capacità teorica elevatissima (lo zolfo può accettare più elettroni per grammo rispetto agli ossidi metallici). Ostacoli come la vita ciclica breve (dovuta alla dissoluzione dei composti di zolfo) sono in via di superamento grazie a nuovi materiali per il catodo e l’elettrolita. La tecnologia Li-S sta uscendo dai laboratori: nel 2024 negli USA è stata annunciata la costruzione della prima fabbrica al mondo di batterie litio-zolfo (a Reno, Nevada), con un investimento da 1 miliardo di dollari e capacità produttiva prevista di 10 GWh/anno. Ciò indica la crescente maturità di questa soluzione, potenzialmente adatta sia ad applicazioni su veicoli elettrici a lunga autonomia sia ad accumuli stazionari dove il costo per kWh è cruciale.

    • Batterie sodio-ione (Na-ion):
      sostituiscono il litio con il più abbondante sodio, mantenendo un funzionamento elettrochimico simile. Hanno tipicamente una densità energetica inferiore alle Li-ion, ma presentano vantaggi di costo e disponibilità delle materie prime (il sodio si trova nel comune sale da cucina) e migliore funzionamento a basse temperature. Nel 2023–2024 i grandi produttori cinesi hanno fatto importanti passi avanti: CATL ha lanciato la seconda generazione delle sue batterie Na-ion, raggiungendo 160–200 Wh/kg, e ha annunciato la prima applicazione su veicoli del marchio Chery, con una batteria ibrida che combina celle sodio e celle litio per offrire oltre 400 km di autonomia e ricarica rapida 4C. Secondo il fondatore di CATL, le batterie sodio-ione potrebbero coprire fino al 50% del mercato oggi destinato alle batterie al litio-ferro-fosfato, diventando una soluzione competitiva soprattutto per veicoli economici e accumuli stazionari a basso costo. La produzione su vasta scala delle Na-ion è attesa dopo il 2025, ma già ora esiste una filiera industriale di base pronta a espandersi con la crescita della domanda. Anche aziende come BYD stanno investendo in questa tecnologia, segno che il sodio-ion è considerato uno dei candidati più promettenti per diversificare l’offerta di batterie.

    • Batterie a flusso di nuova generazione:
      oltre alle consolidate vanadio-redox già menzionate, sono in sviluppo batterie a flusso con chimiche alternative (es. ferro-cromo, zinco-bromine o organiche) che puntano a ridurre i costi e l’impatto ambientale usando elementi più comuni. Ad esempio, batterie a flusso al ferro presentano elettroliti a base di ferro e sale, molto economici e non tossici, sebbene ancora con efficienze da migliorare. Queste soluzioni potranno affiancare le Li-ion negli impianti fotovoltaici di larga scala, offrendo accumulo di lunga durata (4–12 ore) con facilità di espansione della capacità semplicemente aumentando il volume di elettrolita.

Riutilizzo e integrazione delle batterie nel sistema elettrico

Un filone di innovazione “orizzontale”, applicabile a qualunque tecnologia, è quello della massimizzazione dell’uso e del ciclo di vita delle batterie, integrando il settore dell’accumulo con quello della mobilità elettrica in ottica di economia circolare e smart grid. Da un lato, si diffondono progetti di seconda vita delle batterie EV: gli accumulatori esausti delle auto (che dopo qualche anno scendono sotto l’80% della capacità originale) possono essere ricondizionati e riutilizzati in applicazioni stazionarie meno esigenti, evitando sprechi e fornendo capacità di accumulo aggiuntiva a basso costo.

Un esempio notevole viene dall’Italia: nel giugno 2025 è stato inaugurato a Fiumicino il più grande sistema di accumulo in Europa basato su batterie di veicoli elettrici usate, progetto Pioneer di Enel e ADR. L’impianto riunisce 762 moduli batteria dismessi (provenienti da auto Nissan, Mercedes e Stellantis) per ottenere 10 MWh di capacità, utilizzati per immagazzinare l’energia prodotta da un nuovo impianto fotovoltaico in aeroporto. Questo progetto dimostra come le batterie esauste possano avere una seconda vita utile, contribuendo a ridurre le emissioni (si stima un taglio di 16.000 tonnellate di CO₂ in 10 anni grazie a questo sistema) e supportando la rete elettrica locale con energia pulita quando il sole non splende. Dall’altro lato, si sta affacciando la tecnologia Vehicle-to-Grid (V2G), che permette alle batterie dei veicoli elettrici ancora in uso di scambiare energia con la rete durante la ricarica. In pratica l’auto elettrica diventa un sistema di accumulo mobile: può assorbire energia nei momenti di surplus (o quando la tariffa è bassa) e restituirla alla rete nei momenti di picco di domanda, contribuendo a stabilizzare il sistema.

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In Alto Adige è partito nel 2024 il progetto pilota V2G-Boost per testare su campo questi servizi bidirezionali di flessibilità. Su scala più ampia, il progetto DrossOne di Free2move eSolutions (gruppo Stellantis) prevede un grande parcheggio intelligente in cui centinaia di EV connessi e dotati di ricarica bidirezionale, insieme ad uno storage stazionario di supporto, forniscano fino a 25 MW di capacità di regolazione ultra-rapida al gestore della rete italiana. Tali iniziative, se replicate, trasformeranno i veicoli elettrici da semplici carichi passivi a risorse energetiche attive, accelerando la transizione verso un sistema elettrico decarbonizzato e altamente flessibile.

Ricerca e prospettive in Italia

L’Italia sta giocando un ruolo importante nello sviluppo delle nuove tecnologie di accumulo, sia attraverso programmi nazionali di ricerca che partecipando a iniziative internazionali. In ambito nazionale, il programma Ricerca di Sistema Elettrico sostiene attività di R&S volte a migliorare l’affidabilità e la sostenibilità del sistema energetico italiano. All’interno di questo programma, ENEA è impegnata nello sviluppo di materiali e batterie innovativi, concentrandosi in particolare su quattro sistemi elettrochimici altamente innovativi: batterie litio-ione ad elevate prestazioni, batterie litio-zolfo ad alta capacità, batterie litio-aria ad altissima densità di energia e batterie sodio-ione a basso costo.

Parallelamente, vengono condotte prove di invecchiamento e riqualificazione di batterie usate, per ottimizzare il loro riutilizzo in seconda vita e il successivo riciclo dei materiali.

Sul fronte internazionale, l’Italia – con ENEA e altre istituzioni – partecipa a numerosi programmi europei dedicati all’accumulo elettrico: dalle collaborazioni nell’ambito dell’International Energy Agency (Vehicle to Grid e Energy Storage) alle alleanze UE come l’European Battery Alliance, il programma Battery 2030+, la piattaforma Batteries Europe e i progetti IPCEI (Important Projects of Common European Interest) sulle batterie. Queste iniziative mirano a coprire l’intera filiera, dalla ricerca di base alla produzione industriale, favorendo la nascita di una robusta capacità industriale europea nel campo dello storage avanzato.

Anche l’industria nazionale si muove: sono in corso investimenti per realizzare gigafactory di batterie nel nostro Paese (ad esempio, il piano di ACC-Stellantis per convertire lo stabilimento di Termoli alla produzione di celle Li-ion) e startup innovative stanno emergendo, come la Flash Battery nel settore degli accumulatori stazionari e progetti su supercondensatori per applicazioni automotive. Grazie a queste strategie, l’Italia punta a cogliere le opportunità economiche della rivoluzione dell’accumulo energetico, creando know-how e posti di lavoro “verdi”, oltre ad assicurarsi l’indipendenza tecnologica su componenti cruciali per la transizione ecologica.

In conclusione, le tecnologie di accumulo di energia saranno sempre più al centro del sistema energetico del futuro. Dal livellare l’intermittenza delle rinnovabili all’alimentare la mobilità elettrica, fino a fornire servizi ancillari per stabilizzare la rete, gli storage costituiscono il fattore abilitante per un modello energetico sostenibile.

Nei prossimi anni assisteremo al progressivo miglioramento delle batterie esistenti (più performanti, sicure e sostenibili) e alla maturazione delle nuove chimiche oggi in fase di sviluppo. Allo stesso tempo, l’integrazione tra veicoli elettrici, rete e fonti rinnovabili diventerà più stretta, trasformando la gestione dell’energia in chiave smart e decentralizzata. Le attività di ricerca e i progetti pilota, molti dei quali in corso anche in Italia, indicano chiaramente la strada: l’uso di sistemi di accumulo innovativi sarà determinante per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione e per migliorare efficienza, affidabilità e resilienza tanto della rete elettrica quanto dei trasporti.

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Fonti: Rapporto di Intesa Sanpaolo Innovation Center | Ricerca ENEA



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