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Henkel: “A lavoro per una cultura condivisa della cura. I dati del nostro Osservatorio”


Il panel “Il ruolo delle imprese per una nuova cultura del lavoro”, tenutosi il 4 giugno a Sky Live In in collaborazione con Valore D, ha messo al centro l’indipendenza economica come condizione essenziale per la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Insieme a Barbara Falcomer, Direttrice generale di Valore D, sono intervenute Anna Nozza, Country Chief People & Organization Officer di Generali Italia, e Mara Panajia, Presidente e Amministratrice Delegata di Henkel Italia. Proprio con Panajia approfondiamo quanto emerso dall’Osservatorio Henkel, condotto insieme a Eumetra a partire dal 2022, e le responsabilità concrete delle aziende nel promuovere modelli culturali più equi e inclusivi. 

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Presidente Panajia, l’Osservatorio Henkel offre uno spaccato interessante sul tempo delle donne. Cosa ci dice questa indagine? 

In Italia le donne dedicano ogni giorno un’ora e mezza alle faccende domestiche, contro i 20 minuti delle loro colleghe europee. A questo si somma il carico di cura – figli, genitori, familiari – che incide in modo diretto sulla possibilità di pianificare o sviluppare una carriera. Se le giornate femminili sono più corte, lo sono perché il carico di lavoro invisibile è ancora squilibrato. È significativo anche il divario tra la percezione maschile e quella femminile: il 38% degli uomini dichiara di dividere equamente le pulizie con la partner, ma solo il 23% delle donne lo conferma. I più giovani iniziano a collaborare di più, ma resta un’asimmetria culturale da superare. 

Quando si parla invece di finanze la situazione cambia perché mentre sulle attività domestiche le donne sono sovraccariche, sulle decisioni economiche spesso restano ai margini. L’acquisto di un’auto, la pianificazione finanziaria o l’accensione di un mutuo sono ancora gestiti soprattutto dagli uomini. E questo contribuisce a rendere più fragile l’indipendenza economica delle donne

Questa fragilità di cui parla si riflette, secondo i dati, anche nella percezione che le ragazze hanno del futuro. Cosa ha riscontrato l’Osservatorio? 

Esatto. Il nostro Osservatorio ha coinvolto anche adolescenti tra i 13 e i 15 anni. Sorprendentemente, i modelli più influenti restano i genitori: le ragazze osservano con attenzione le dinamiche familiari. Se vedono madri affaticate e padri più sereni, interiorizzano l’idea che la genitorialità pesi soprattutto su di loro. Solo l’8% dei ragazzi pensa che avere figli possa penalizzare la carriera, mentre per le ragazze la percentuale sale al 31%. Nonostante questo, non vogliono rinunciare né alla realizzazione personale né alla maternità. Il punto è che oggi, nella realtà, spesso non possono scegliere entrambe le cose. 

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Qual è allora il ruolo delle imprese? 

Non possiamo pensare che sia solo lo Stato a intervenire. Anche le aziende devono assumersi la responsabilità di promuovere una cultura della genitorialità condivisa. Questo significa favorire i congedi di paternità e sostenere concretamente un nuovo equilibrio familiare. Lo dico anche per esperienza personale: ho lavorato a lungo all’estero, pendolando tra paesi e uffici, e ho potuto farlo solo grazie al supporto totale di mio marito. La carriera è stata possibile perché il carico è stato condiviso. 



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