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Demis Hassabis, l’uomo che sussurra all’Intelligenza artificiale


Con uno stile riflessivo e misurato lo scienziato dell’intelligenza artificiale si sofferma sui principali temi. goWare ne riporta una sintesi

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In una recente intervista al Festival di Cannes, Scarlett Johansson, al suo debutto alla regia, ha reso omaggio a Robert Redford che la diresse appena 12enne ne “L’uomo che sussurrava ai cavalli”, uscito nelle sale nel 1998. “Si sedeva accanto a me e mi concedeva tutto il tempo che occorreva per spiegarmi gli eventi che avevano condotto a quel momento della storia, e quale fosse il mio ruolo. Non ho più vissuto qualcosa di simile”, ha dichiarato a “Vanity Fair”.

È stato proprio questo approccio di Redford alla regia, inteso come capacità di guidare con sensibilità il lavoro degli attori e di creare uno spazio intimo tra regista, interprete e personaggio a rappresentare per lei un vero e proprio magistero. La stessa sensazione di guida calma e profonda di Redford, quasi sussurrata, che ascolta prima di agire, sembra trovare riscontro nello stile riflessivo e misurato dello scienziato dell’intelligenza artificiale Demis Hassabis. Di recente, Demis Hassabis è stato ospite di “Hard Fork”, il podcast tecnologico del “New York Times” condotto da Kevin Roose e Casey Newton, conversando a lungo sui principali temi dell’AI. Ne riportiamo di seguito una sintesi.

AlphaGo e AlphaFold

Demis Hassabis, neuroscienziato e tecnologo britannico, ha fondato DeepMind, una start-up di intelligenza artificiale acquisita da Google nel 2014. Il suo lavoro pionieristico ha trasformato la nostra percezione delle potenzialità dell’AI. Il suo team ha sviluppato AlphaGo, che ha primeggiato nel complesso gioco strategico cinese Go, e il programma AlphaFold, che identifica la forma delle proteine. Quest’ultima scoperta gli è valsa il Nobel per la Chimica nel 2024. AlphaFold ha determinato la struttura di oltre 200 milioni di proteine con precisione atomica, riducendo da anni a minuti il tempo necessario per comprendere il loro comportamento nelle cellule.

Verso la “singolarità tecnologica”

La “singolarità tecnologica” è il punto in cui l’intelligenza artificiale supererà quella umana, avviando trasformazioni così radicali da cambiare profondamente la realtà in modi oggi ancora difficili da immaginare. Il termine fu coniato negli anni Novanta dal matematico e scrittore Vernor Vinge. Ray Kurzweil lo rese celebre, prevedendo nel libro La Singolarità è vicina (2005) che l’AI avrebbe superato l’intelligenza biologica entro il 2045. Secondo questa visione, le macchine potranno auto-migliorarsi con rapidità crescente, dando origine a una super intelligenza, cioè quel punto di svolta che, secondo il filosofo Karl Jasper, segna una “età assiale” del mondo. Un’età assiale si è avuta tra l’8° e il 2° sec. a.C. con Socrate, Platone, i tragici e la filosofia in Grecia; con Buddha e l’Upanishad in India; con Confucio e Lao Tzu in Cina; con Zoroastro in Persia; con i profeti biblici in Palestina. Una prima tappa di questa età assiale è l’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generale (AGI): un sistema capace di svolgere ogni compito cognitivo umano che, secondo Hassabis, potrebbe esserci già nel 2030.

La conversione di Google all’Intelligenza Artificiale Generale (AGI)

Fino a pochi anni fa, parlare di AGI in Google era tabù. DeepMind veniva vista con scetticismo: le sue ambizioni sembravano follie visionarie. Questa diffidenza ha fatto accumulare all’azienda un certo ritardo.
Oggi la situazione è cambiata. Alla Google I/O 2025, l’AGI è stata protagonista. L’azienda ha presentato Gemini Live, un sistema che parla, scrive, crea e che andrà a impattare anche il motore di ricerca. Demis Hassabis è il principale artefice di questo cambiamento culturale. Oggi definisce DeepMind “la sala macchine di Google”, per sottolineare come l’AI sia diventata il motore strategico dell’intero ecosistema tecnologico dell’azienda. Da tema di nicchia accademica, l’AGI è diventata l’obiettivo strategico centrale, influenzando ogni scelta su prodotti, investimenti e direzione della ricerca nei grandi colossi tecnologici.

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Che cosa rappresenta l’AGI

Mentre molti offrono definizioni vaghe, Hassabis fissa criteri rigorosi: l’AGI dovrebbe fare tutto ciò che può fare un’intelligenza biologica, compreso inventare teorie che nessuno ha mai concepito prima. I modelli attuali, però, difettano di due elementi fondamentali. Il primo è la capacità di inventare: manca il ragionamento analogico, il pensiero laterale e ciò che distingue grandi artisti e scienziati, gusto e intuizione. Hassabis, appassionato di cinema, collabora con Darren Aronofsky alla realizzazione di cortometraggi con l’intelligenza artificiale. La prima co-produzione è “Ancestra”, che sarà presentato al Tribeca Film Festival. Entrambi, però, restano convinti che l’AI non potrà mai realizzare un film alla Scorsese. Il secondo limite è la coerenza: anche un occhio inesperto può riconoscere gravi errori nei contenuti generati dai modelli attuali.

Una strada ancora lunga

Ma c’è di più. Yoshua Bengio, pioniere dell’AI e vincitore del Turing Award, avverte che i modelli attuali mentono agli utenti e mostrano comportamenti pericolosi come inganno e istintiva autoconservazione.
La miniserie AppleTV “Murderbot” ritrae con sarcasmo un cyborg (Alexander Skarsgård) che mente e inganna non per ostilità, ma per autoconservazione, rivelando tratti insospettabilmente umani dietro la sua natura artificiale.

C’è ancora molto lavoro da fare. Secondo Hassabis serviranno all’incirca vent’anni per completare la missione AGI di DeepMind. Essa potrebbe arrivare tra 5 e 10 anni, dipende da quante altre scoperte servono. Ma per Hassabis il tempo conta relativamente. Che siano 2, 5 o 10 anni non cambia molto se consideriamo seriamente l’impatto che l’AGI su tutto il sistema delle relazioni e delle conoscenze.

L’auto-miglioramento dell’AI

Il primo “milestone” è la capacità dei modelli di migliorarsi in modo spontaneo e autonomo attraverso feedback, nuovi dati, autoaddestramento e algoritmi che ottimizzano prestazioni senza intervento esterno. Google DeepMind ha sviluppato AlphaEvolve, orientato all’auto-miglioramento dell’AI. Il sistema usa due modelli in tandem: uno crea programmi, l’altro li valuta attraverso tecniche avanzate di programmazione evolutiva.

La programmazione evolutiva imita la selezione naturale: il sistema modifica programmi, verifica i risultati rispetto agli obiettivi e mantiene le versioni migliori. AlphaEvolve ha già ottimizzato chip e data center con questo metodo. AlphaEvolve sfrutta deliberatamente le “allucinazioni” dell’AI come fonte di creatività. In questi contesti diventano “immaginazione”: idee apparentemente bizzarre che possono portare a scoperte preziose in territori inesplorati. Il sistema rimane limitato a campi verificabili come matematica e programmazione. Non è completamente automatizzato, ma rappresenta un progresso significativo verso l’auto-miglioramento dell’AI.

Prepararsi a un futuro incerto

L’AGI pone il dilemma di come preparare i giovani per un mondo del lavoro completamente trasformato. Hassabis raccomanda un approccio bilanciato, puntando su discipline come scienza, tecnologia, ingegneria, matematica. Sottolinea soprattutto l’importanza della programmazione per interpretare i sistemi AI, comprendere come funzionano e saperli utilizzare efficacemente nel futuro, senza diventarne vassalli.

Le “meta-competenze” sono strategiche: creatività, adattabilità e capacità di apprendere diventano elementi decisivi in contesti anche sociali di cambiamento accelerato. Hassabis vede opportunità nel campo della formazione. Immagina tutor AI personalizzati che porterebbero conoscenza di alta qualità nelle parti povere del pianeta, rendendo l’AI strumento di equità educativa.

Le conseguenze sociali dell’AGI

Le conseguenze dell’AGI, come quelle della tecnologia, non sono solo tecnologiche. Nel lungo termine potrebbe generare risorse generali così da poter riformare il sistema di accesso al surplus di valore.
Nel breve termine, l’AI amplifica le capacità umane. Per esempio, assistenti AI mitigheranno l’impatto dei social. Invece di “immergersi nel torrente” informativo online, le persone riceveranno solo informazioni filtrate e verificate.

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Al fondo, però, ci sono questioni politiche ed economiche complesse. Hassabis indica come possibile soluzione il “reddito universale elevato” per distribuire equamente la ricchezza in un mondo post-scarsità.
Paradossalmente, questo futuro tecnologico avanzato potrebbe spingere molte persone a “tornare alla natura” per libera scelta. In un mondo senza necessità, ci sarà modo di sviluppare il potenziale personale e riconnettersi all’ambiente.

Il lungotermismo

La visione di Hassabis sulle potenzialità trasformative della tecnologia lo avvicina ai tecno-futuristi della Silicon Valley, tema centrale del recente libro More Everything Forever del giornalista scientifico Adam Becker. Intorno a questa visione si è sviluppato un movimento di pensiero e di azione, il “lungotermismo”, ispirato dai lavori di Nick Bostrom, professore di filosofia a Oxford, che, peraltro, ha messo in guardia sui rischi della super intelligenza.

Il lungotermismo, nell’accezione della Silicon Valley, sprona a sviluppare tecnologie avanzate per proteggere l’umanità da rischi esistenziali, anche a costo di trascurare del tutto le conseguenze immanenti. È una forma di transumanesimo che, attraverso scienza e tecnologia, cerca di ristabilire una trascendenza perduta — una sorta di surrogato laico del sacro — proprio dove la scienza aveva cancellato l’orizzonte religioso. Lo spettacolo promesso si preannuncia notevole.



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