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Superare i divari nelle competenze Stem sfida cruciale per la coesione del Paese


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Come ogni anno, i rapporti statistici sulle competenze scolastiche in Italia tornano a fotografare un divario ormai cronico tra Nord e Sud del Paese. In particolare, le competenze matematiche degli studenti risultano significativamente più basse nel Mezzogiorno rispetto al Nord-Est. Fino al punto che si valuta che al termine del percorso scolastico ci si trova come se, in termini di apprendimento, uno studente del nord avesse fatto due anni in più di scuola. È quanto emerge dal recente rapporto congiunto della Fondazione Agnelli e della Fondazione Rocca sui “Divari scolastici in Italia”, ripreso da molti quotidiani con titoli d’effetto come “Il Nord è due anni avanti in matematica”.

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Ma è davvero così grave non sapere la matematica? La risposta, se guardiamo alla realtà odierna, è purtroppo affermativa. Le competenze matematiche — e più in generale scientifiche — non sono soltanto oggetto di una materia scolastica, ma rappresentano oggi un discrimine fondamentale per l’accesso alle opportunità sociali ed economiche del futuro. Non è un caso che il divario non si limiti alla geografia: è trasversale e colpisce più duramente le famiglie con minori risorse culturali ed economiche. Le disuguaglianze scolastiche sono quindi anche specchio di disuguaglianze sociali, in un circolo vizioso che rischia di perpetuarsi.

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Viviamo in un mondo sempre più tecnologico, dove chi possiede competenze scientifiche e digitali ha maggiori possibilità di orientarsi, partecipare e influenzare il cambiamento. I lavori legati alla tecnologia sono già oggi tra i più richiesti e meglio retribuiti. In altre parole, avere buone basi matematiche e scientifiche è un indicatore attendibile della possibilità di crescita sociale, di mobilità verso l’alto. Ed è proprio questo che rende il divario ancora più preoccupante: i giovani che più avrebbero bisogno di strumenti per migliorare la propria condizione — quelli del Sud e delle fasce economicamente più fragili — sono anche quelli che più faticano ad acquisirli.

I risultati negativi degli studenti del mezzogiorno sono ormai una annuale rilevazione fissa e pertanto non più contestabile. Come si è arrivati a questa situazione? Francamente ho una mia idea, magari un po’ vaga ma forse capace di investigare le motivazioni storiche profonde. Ed è legata alla storia del nostro paese. La riassumeremo qui rapidamente. Ed anche superficialmente e di ciò ci scusiamo. Ma è impossibile essere esaustivi in un articolo di giornale. Premettiamo una osservazione banale : i ragazzi del mezzogiorno non hanno nulla da invidiare a quelle dell’Italia del centro-nord in quanto a capacità intellettuali naturali. Il problema ritengo sia di natura storica e sociale. Il nord ovest e il nord est hanno avuto, come ben noto, uno sviluppo molto più imperioso del sud del Paese. Si pensi al tumultuoso sviluppo industriale ed al proliferare di piccole e medie imprese. Ciò ha prodotto nelle famiglie e nelle intere comunità una grande sensibilità al sapere tecnologico. E quindi anche alle conoscenze matematiche, in particolare, e scientifiche in generale.

Nel Mezzogiorno senza patrimonio industriale le famiglie della piccola borghesia sognavano per i figli un avvenire da funzionari o dirigenti nei ministeri o negli enti locali. E quelle della grande borghesia guardavano alle prestigiose professioni liberali: avvocatura, notariato, medicina, chirurgia. Tutte branche nelle quali il sapere matematico era assolutamente residuale. Senza voler poi sfociare in considerazioni molto più complesse richiamando l’influsso crociano sulla rilevanza del sapere scientifico. Per decenni e decenni, tanto per fare un esempio, gli iscritti a giurisprudenza della Federico II erano di gran lunga più numerosi che non quelli ai corsi di laurea scientifici, dove le conoscenze matematiche sono centrali. Da un bel po’ di tempo non è più così. Il numero di iscritti a ingegneria da molti anni ha superato quello degli iscritti a giurisprudenza. Ed anche qui da noi sono nate imprese grandi e piccole e si sono insediate attività legate ad aziende di area informatica. Valga per tutto l’ esempio della Apple. Però le incrostazioni culturali, i pregiudizi, le tradizioni cambiano in tempi molto lunghi. E quindi per recuperare la situazione di ritardo occorreranno forse ancora svariati anni. Ovviamente i problemi complessi non hanno spiegazioni semplici. E men che mai univoche. E probabilmente una parte della risposta va cercata nell’evoluzione del nostro sistema scolastico. Ma su ciò non possiamo dilungarci. Comunque, superare i divari in matematica e nelle competenze Stem è una sfida cruciale, non solo per l’efficienza del sistema scolastico, ma per la coesione sociale del Paese. L’intelligenza artificiale può rappresentare un’alleata preziosa, a patto di non considerarla una scorciatoia, ma uno strumento da integrare in un disegno più ampio e coerente. Solo così potremo restituire alla scuola il suo ruolo originario: essere un vero ascensore sociale, capace di portare in alto non solo chi ha talento, ma anche chi ha bisogno di una mano per salire.





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