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“Dai macchinari alla moda, a rischio i beni sostituibili”


Redditi più bassi, giù la spesa delle famiglie, prodotti più costosi. Ecco i contraccolpi – almeno ipotetici – anche sull’economia delle Marche, se il 9 luglio il presidente americano Donald Trump dovesse dare seguito all’annuncio di dazi (ma stavolta al 50%) sulle merci europee. Infatti, uno studio firmato da alcuni docenti dell’Università di Macerata (Claudio Socci, Stefano Deriu, Rosita Pretaroli, Francesca Severini, Ludovica Almonti ed Eduardo Moreno Reyes) ha analizzato il possibile impatto sull’economia marchigiana di eventuali dazi Usa al 25% già annunciati a suo tempo dall’amministrazione americana. Ebbene, secondo l’analisi, il Pil reale delle Marche subirebbe una contrazione dello 0,20% quest’anno e dello 0,25% nei prossimi. Il calo delle esportazioni verso gli Usa (che rappresentano il 9% del totale marchigiano) colpirebbe settori chiave in regione, come quello farmaceutico, metallurgico, tessile e alimentare. E a ciò si aggiungerebbe una riduzione del reddito disponibile e degli investimenti, con effetti a catena sull’economia regionale, e non solo. Uno scenario preoccupante che, secondo gli studiosi dell’ateneo di Macerata, dovrebbe spingere ad attuare “eventuali misure mirate di sostegno, per mitigare gli effetti negativi e favorire una ripresa equilibrata nei diversi comparti produttivi”. Claudio Socci, docente di politica economica nel dipartimento di economia e diritto di Unimc, qual è il punto di partenza dello studio?

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“Siamo partiti da una simulazione dell’impatto di un’eventuale imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti su una serie di prodotti provenienti dall’Unione europea. E abbiamo ipotizzato un incremento dei prezzi per i consumatori americani e valutato quali settori marchigiani sarebbero maggiormente colpiti”.

E quali sono le conclusioni?

“L’assunto di partenza è che l’aumento dei dazi provochi un calo della domanda statunitense per i prodotti importati dalle Marche. Questo colpirebbe soprattutto i beni sostituibili, come macchinari, prodotti tessili, abbigliamento. I prodotti tipici invece, ad esempio un vino come il Verdicchio di Matelica, sono meno sostituibili e quindi, si ipotizza, meno esposti. Un ruolo anomalo, ma rilevante, è ricoperto dal settore farmaceutico, per via delle aziende marchigiane attive in questo mercato, che esportano farmaci anche non commercializzati in Italia. Se i dazi aumentano i prezzi, la produzione potrebbe essere spostata negli Stati Uniti, causando pure una contrazione delle esportazioni e dunque meno posti di lavoro nella regione”.

La diminuzione dell’export si tradurrebbe quindi in un calo del reddito?

“Esatto. Se cala la produzione, le imprese riducono l’impiego. Anche senza ricorrere a licenziamenti, potrebbero diminuire le ore di lavoro, gli straordinari o aumentare i contratti part-time. Tutto questo riduce il reddito familiare e di riflesso la spesa delle famiglie. E poi nelle Marche molte imprese sono a conduzione familiare. Quindi, se calano i profitti aziendali, diminuisce anche il reddito delle famiglie”.

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C’è un impatto sullo Stato?

“Se le famiglie guadagnano meno, pagano anche meno tasse. Le imposte sul reddito delle persone fisiche e giuridiche si riducono e questo comporta un calo del gettito anche per la pubblica amministrazione, a livello sia nazionale che locale”.

Quindi un danno generalizzato all’economia marchigiana?

“Sì, ma tutto dipende dall’assunto di partenza, ovvero che ci sia un calo della domanda estera per effetto dei dazi americani. In alcuni casi, come dicevo, è un assunto forte, specie per i nostri prodotti tipici. Ma per quelli sostituibili lo scenario è plausibile e preoccupante”.

Nel caso i dazi fossero davvero applicati, che cosa si potrebbe fare?

“L’errore sarebbe di rispondere ai dazi americani con altri dazi europei. Sarebbe un doppio danno, perché in questo modo aumenterebbero i prezzi per i consumatori americani, ma anche per quelli europei. Sarebbe meglio puntare su strumenti di contrattazione e su settori nei quali siamo indispensabili”.

Perché aumenterebbero i prezzi anche per i consumatori italiani?

“Se imponessimo dazi su prodotti americani non sostituibili, penso ad esempio ai microchip, finiremmo per pagarli di più. Ma i microchip sono ormai ovunque: elettrodomestici, telefoni e auto. Quindi, aumentare i prezzi di questi componenti vuole dire aumentare i prezzi dei prodotti anche per noi consumatori”.

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